Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32511 del 07/05/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 32511 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
GANDOLFO SALVATORE N. IL 10/05/1980
avverso la sentenza n. 3198/2012 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 15/02/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 07/05/2014

Osserva

Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di Gandolfo Salvatore avverso la
sentenza emessa in data 15.2.2013 dalla Corte di appello di Palermo che, in parziale
riforma di quella in data 5.4.2012 del G.i.p. del Tribunale di Palermo, riduceva la
pena inflitta al predetto ad anni due di reclusione ed C 200,00 di multa in relazione
al reato di furto pluriaggravato di un’autovettura (fatto commesso il 12.7.2003).
Deduce:
1. la violazione di legge in relazione alla mancanza di indicazione della data del

dell’accertamento del reato, come tale inidonea a computare il termine prescrizionale
e che questo era decorso, sicchè il reato avrebbe dovuto essere dichiarato estinto;
2. la violazione di legge in relazione alla duplice valutazione degli stessi elementi di
fatto ai fini della determinazione della pena e del diniego delle attenuanti generiche;
3. la violazione di legge in relazione al mancato riconoscimento dell’attenuante di cui
all’art. 62 n. 4 c.p. e alla ritenuta integrazione dell’aggravante di cui all’art. 625 n.2
c.p.;
4. l’erronea applicazione della recidiva reiterata specifica ed infraquinquennale, pur
non essendo stata presa in considerazione ai fini della determinazione della pena.
Il ricorso è inammissibile essendo le censure mosse manifestamente infondate e non
consentite nella presente sede.
E’ chiaro come il ricorrente, con le censure sub n. 3 pretenda di introdurre quello
che, secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte, esula dai suoi poteri e
cioè la “rilettura” degli elementi di fatto, posti a sostegno della decisione, il cui
apprezzamento è riservato in via esclusiva al giudice di merito (Sez. Un. N.6402/97,
imp. Dessimone ed altri, Rv. 207944). Invero, i motivi di ricorso mirano ad una
improponibile rivalutazione della prova e si risolvono in deduzioni in punto di fatto,
insuscettibili, come tali, di aver seguito nel presente giudizio di legittimità,
sottraendosi la motivazione della impugnata sentenza ad ogni sindacato per le
connotazioni di coerenza, di completezza e di razionalità dei suoi contenuti.
Inoltre, quanto al motivo sub 2, “Ai fini della determinazione della pena, il giudice
può valutare la gravità del fatto e la personalità dell’imputato, già prese in
considerazione ai fini della valutazione sulla configurabilità o meno delle circostanze
attenuanti generiche, in quanto legittimamente lo stesso elemento può essere
rivalutato in vista di una diversa finalità. (Cass. pen. Sez. II, n. 933 del 11.10.2013,
Rv. 258011).
Come si evince sia dalla sentenza di primo grado sia da quella impugnata, è stata
puntualmente indicata la data di commissione del reato nel 12 luglio 2003; né
comunque sarebbe decorso il temine prescrizionale che, ai sensi degli artt. 157-161

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commesso reato, assumendo che era stata riportata nell’imputazione solo quella

c.p. sia pur nella più favorevole nuova formulazione, si compie in anni dodici e mesi
sei.
Né la doglianza relativa al mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62 n.
4 c.p. risulta, sulla scorta della motivazione della sentenza impugnata, aver formato
oggetto di analoga censura in grado di appello, onde ne consegue l’inammissibilità ai
sensi dell’art. 606 ultimo comma c.p.p..
Altrettanto dicasi per le censure relative all’integrazione dell’aggravante di cui all’art.
625 n. 2 c.p. e della recidiva specifica reiterata ed infraquinquennale.

la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che
si ritiene equo liquidare in C 1.000,00, in favore della cassa delle ammende, non
ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di
inammissibilità.
P.Q.M.
DICHIARA INAMMISSIBILE IL RICORSO E CONDANNA IL RICORRENTE AL PAGAMENTO DELLE SPESE
PROCESSUALI E AL VERSAMENTO DELLA SOMMA DI MILLE EURO ALLA CASSA DELLE AMMENDE.
Così

deciso in Roma, il 7.5.2014

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p.,

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