Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32510 del 07/05/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 32510 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PUSCEDDU SALVATORE N. IL 28/07/1980
avverso la sentenza n. 8426/2007 CORTE APPELLO di ROMA, del
17/02/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 07/05/2014

Osserva
Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di Pusceddu Salvatore avverso la
sentenza emessa in data 17.2.2012 dalla Corte di appello di Roma che, in parziale
riforma di quella in data 31.8.2007 del Tribunale di Roma, escludeva l’aggravante di
cui all’art. 625, 1° comma n. 2) c.p. e riconosciuta l’ulteriore attenuante di cui all’art.
62 n. 4 c.p. valutata come prevalente con le già concesse attenuanti generiche
rispetto alla residua aggravante, riduceva la pena al predetto e al computato, Lanza
Davide, a mesi due di reclusione ed € 80,00 di multa in relazione al reato di furto

denaro.
Deduce la violazione di legge in relazione alla valutazione degli indizi ed il vizio
motivazionale risultante dal contenuto della trascrizione dell’esame dell’assistente di
Polizia di Stato Claudio Bianchi, nonché la mancata integrazione della residua
aggravante di cui all’art. 625 n. 7 c.p. con la conseguente improcedibilità per difetto
di querela
Il ricorso è inammissibile essendo e censure mosse manifestamente infondate,
aspecifiche e non consentite nella presente sede.
E’ chiaro come il ricorrente pretenda di introdurre quello che, secondo il consolidato
orientamento della Suprema Corte, esula dai suoi poteri e cioè la “rilettura” degli
elementi di fatto, posti a sostegno della decisione, il cui apprezzamento è riservato in
via esclusiva al giudice di merito (Sez. Un. N.6402/97, imp. Dessimone ed altri, Rv.
207944). Invero, i motivi di ricorso mirano ad una improponibile rivalutazione della
prova e si risolvono in deduzioni in punto di fatto, insuscettibili, come tali, di aver
seguito nel presente giudizio di legittimità, sottraendosi la motivazione della
impugnata sentenza ad ogni sindacato per le connotazioni di coerenza, di
completezza e di razionalità dei suoi contenuti.
Peraltro deve rilevarsi la sostanziale aspecificità della prima censura che ha
riproposto in questa sede pedissequamente la medesima doglianza rappresentata
dinanzi alla Corte territoriale e da quel giudice disattesa con motivazione compiuta e
congrua, immune da vizi ed assolutamente plausibile.( Cass. pen. Sez. IV,
29.3.2000, n. 5191 Rv. 216473 e successive conformi, quale: Sez. II, 15.5.2008 n.
19951, Rv. 240109).
Né la doglianza relativa alla mancata integrazione dell’aggravante di cui all’art. 625
n. 7 c.p., risulta aver formato oggetto di analoga censura in grado di appello, onde
ne consegue l’inammissibilità ai sensi dell’art. 606 ultimo comma c.p.p..
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p.,
la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che
si ritiene equo liquidare in € 1.000,00, in favore della cassa delle ammende, non

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aggravato di 23 pacchetti di sigarette, con assoluzione dal residuo reato di furto del

ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di
inammissibilità.
P.Q.M.
DICHIARA INAMMISSIBILE IL RICORSO E CONDANNA IL RICORRENTE AL PAGAMENTO DELLE SPESE

PROCESSUALI E AL VERSAMENTO DELLA SOMMA DI MILLE EURO ALLA CASSA DELLE AMMENDE.
Così deciso in Roma, il 7.5.2014

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