Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32503 del 07/05/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 32503 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
LAOUINATE ABDELKARIM N. IL 01/01/1983
avverso la sentenza n. 612/2013 TRIBUNALE di VERONA, del
22/02/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;

Data Udienza: 07/05/2014

Motivi della decisione
Laouinate Abdelkarim ha proposto ricorso per cassazione avverso la
sentenza del Tribunale di Verona in data 22.02.2013, con la quale, ai sensi dell’art.
444 cod. proc. pen., è stata applicata la pena concordata dalle parti di mesi cinque
e giorni dieci di reclusione ed C 1.600,00 di multa, in ordine al reato di cui all’art.
73, comma V, d.P.R. n. 309/1990, afferente alla detenzione a fine di spaccio di gr.
5 di sostanza stupefacente del tipo eroina.
La parte deduce violazione di legge e carenza di motivazione in riferimento

proc. pen.
Il ricorso è inammissibile.
Come noto, questa Suprema Corte ha ripetutamente affermato il principio
che l’obbligo della motivazione della sentenza non può non essere conformato alla
particolare natura giuridica della sentenza di patteggiamento: lo sviluppo delle
linee argomentative è necessariamente correlato all’esistenza dell’atto negoziale
con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i fatti dedotti
nell’imputazione. Ciò implica che il giudizio negativo circa la ricorrenza di una delle
ipotesi di cui all’art. 129 cod. proc. pen. deve essere accompagnato da una
specifica motivazione solo nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti
emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di cause di non
punibilità, dovendo invece ritenersi sufficiente, in caso contrario, una motivazione
consistente nella enunciazione, anche implicita, che è stata compiuta la verifica
richiesta dalla legge e che non ricorrono le condizioni per la pronunzia di
proscioglimento ex art. 129 (Sez. U. 27 marzo 1992, Di Benedetto; Sez. U. 27
dicembre 1995, Serafino). Tale orientamento è stato concordemente accolto dalla
giurisprudenza successiva. Anche per ciò che riguarda gli altri tratti significativi
della decisione, che riguardano precipuamente la qualificazione giuridica del fatto,
la continuazione, l’esistenza e la comparazione delle circostanze, la congruità della
pena e la sua sospensione, la costante giurisprudenza di questa Corte, nel solco
delle enunciazioni delle Sezioni unite, ha affermato che la motivazione può ben
essere sintetica ed a struttura enunciativa, purché risulti che il giudice abbia
compiuto le pertinenti valutazioni. Né l’imputato può avere interesse a lamentare
una siffatta motivazione censurandola come insufficiente e sollecitandone una più
analitica, dal momento che la statuizione del giudice coincide esattamente con la
volontà pattizia del giudicabile.
D’altra parte, attesa la natura pattizia del rito, chi chiede la pena pattuita
rinuncia ad avvalersi della facoltà di contestare l’accusa. Ne consegue, come questa
Suprema Corte ha più volte avuto modo di affermare, che l’imputato non può
prospettare con il ricorso per cassazione censure che coinvolgono il patto dal

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al mancato riconoscimento dei presupposti per procedere ai sensi dell’art. 129 cod.

medesimo accettato. Deve poi rilevarsi che il giudicante ha espressamene
evidenziato che non sussistevano i presupposti per il proscioglimento ai sensi
dell’art. 129 cod. proc. pen., alla luce del verbale di arresto in flagranza e del
verbale di perquisizione e sequestro.
Si osserva poi, che l’entità della pena risulta congrua, anche in
considerazione delle sopravvenute modifiche normative.
Come noto, per effetto della sentenza della Corte Costituzionale del 12
febbraio 2014 n. 32, la disciplina in materia di sostanze stupefacenti che viene in

modifiche introdotte dal d.l. 30 dicembre 2005, n. 272, convertito con modificazioni
dalla legge 21 febbraio 2006, n. 49, di talché la pena per le c.d. droghe pesanti, ai
sensi dell’art. 73, comma V, d.P.R. n. 309/1990, va da uno a sei anni di reclusione,
oltre la multa.
Nel caso di specie è stata infatti applicata l’ipotesi di cui all’art. 73, comma V,
d.P.R. n. 309/1990, in riferimento alla detenzione di sostanza stupefacente di tipo
eroina. Devono allora richiamarsi le modifiche introdotte all’art. 73, comma V, cit.,
dall’art. 2, comma 1, d.l. 23 dicembre 2013 n. 146, convertito con modificazioni
dall’art. 1, comma 1, della legge 21 febbraio 2014, n.10. Ai fini di interesse, si
rileva che a seguito delle richiamate modifiche è oggi prevista, per l’ipotesi di cui
all’art. 73, comma V, cit., la pena della reclusione da uno a cinque anni, oltre la
multa. Come si vede, il minimo della pena detentiva risulta immodificato, anche
rispetto alla più favorevole disciplina dettata dall’art. 73, comma V, d.P.R. n.
309/1990, a seguito della novella del 2013.
L’ordine di considerazioni che precede induce conclusivamente a ritenere che
le sopravvenute modifiche normative non risultano rilevanti, rispetto alla
valutazione sulla congruità della pena applicata nel caso di specie. Ciò in quanto la
determinazione della pena base è avvenuta in misura pari al minimo edittale,
rispetto alla cornice edittale di riferimento per l’ipotesi attenuata.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna dellet
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.500,00 in
favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna do , ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di € 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, in data 7 maggio 2014.

rilievo è quella prevista dal d.P.R. n. 309/1990, nella versione antecedente alle

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