Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32502 del 07/05/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 32502 Anno 2013
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: PRESTIPINO ANTONIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PEZZELLA EDUARDO N. IL 04/12/1977
ASCENZIO MARIO N. IL 28/09/1977
avverso la sentenza n. 418/2012 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
31/05/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONIO
PRESTIPINO;

Data Udienza: 07/05/2013

In fatto e in diritto
Letti i ricorsi proposti nell’interesse di Pezzella Eduardo e Ascenzio Mario di Napoli
avverso la
sentenza della Corte di Appello di Napoli del 31.5.2012 che in riforma della sentenza di condanna
pronunciata nei loro confronti dal gup del locale tribunale il 28.11.2011 per il delitto di rapina,
applicò ad entrambi la pena accessoria dell’interdizione temporanea dai pubblici uffici; ;
ritenuto, quanto alle censure di legittimità attinenti al mancato riconoscimento dell’attenuante di
cui all’art. 62 nr. 4 c.p. cp2., che la questione della concorrente valutazione del danno non
patrimoniale cagionato dal delitto di rapina appare in sostanza secondaria nelle valutazioni della
Corte territoriale, che sottolinea comunque come in sé il valore di una collana d’oro non possa
considerarsi particolarmente vile, alla stregua di una massima di esperienza persino ovvia, che
giustifica la mancata rinnovazione dell’istruzione dibattimentale per l’espletamento di perizia
merceologica, richiesta peraltro dalla difesa sulla semplice aspettativa di un esito favorevole,
mentre non sarebbero stati preclusi allo stesso ricorrente accertamenti tecnici di parte idonei a
fornire concrete indicazioni sul punto;
ritenuto che le deduzioni formulate a favore del Pezzella in ordine al mancato riconoscimento
dell’attenuante di cui all’art. 62 nr. 6 nulla tolgono alla circostanza di decisivo rilievo, correttamente
sottolineata dalla Corte di merito, che le indicazioni fornite dal ricorrente per il ritrovamento della
refurtiva non possono considerarsi spontanee, essendo intervenute in un fase di ormai pressoché
sicuro accertamento della sua responsabilità e di concreta impossibilità di conservare il profitto del
reato, ed essendo irrilevanti e/o prive di riferimenti processuali le deduzioni sulla “collaborazione”
prestata dal ricorrente per l’individuazione del complice o per ristabilire il prestigio internazionale
della polizia italiana agli occhi della vittima straniera; essendo comunque condivisibile in diritto e
congruamente motivata in fatto, nella motivazione della sentenza, anche la considerazione
“allargata” del danno da rapina;
ritenuto che è manifestamente infondato anche il motivo sulla presunta “incompletezza” del
giudizio di equivalenza tra le attenuanti generiche e le circostanze di segno contrario, poiché
l’espressione “ed aggravante” che segue quella di “recidiva” nel dispositivo della sentenza di primo
grado, non può considerarsi un’endiadi ma esprime chiaramente il riferimento alla diversa
aggravante del numero delle dpersone contestata nel capo di imputazione; e ancor più lontana dai
canoni dell’impugnazione di legittimità si appalesa la doglianza relativa al mancato giudizio di
prevalenza delle attenuanti innominate sulle aggravanti, avendo la Corte di merito adeguatamente
sottolineato l’intensità del dolo, l’accurata predisposizione dell’impresa criminosa e i numerosi e
gravi precedenti anche specifici di entrambi i ricorrenti;
ritenuto pertanto che i ricorsi vanno dichiarati inammissibili per manifesta infondatezza, con la
condanna di ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento della
somma di euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa degli
stessi ricorrenti nella determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e
ciascuno al versamento della somma di euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deci ‘n Roma, nella camera di consiglio, il 7.5. 013.
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