Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32498 del 07/05/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 32498 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
TANZI ROBERTO N. IL 26/04/1967
avverso la sentenza n. 44/2003 CORTE APPELLO di BARI, del
29/10/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;

Data Udienza: 07/05/2014

Motivi della decisione
La Corte di Appello di Bari, con sentenza in data 29.10.2012, in riforma
della sentenza di condanna emessa dal G.i.p. presso il Tribunale di Bari il
21.11.2002, nei confronti di Tanzi Roberto, in ordine alle contestate violazioni
dell’art. 73, d.P.R. n. 309/1990, in riferimento a sostanze stupefacenti di tipo
eroina e cocaina, rideterminava la pena in anni due e mesi otto di reclusione oltre
la multa, richiamando la più favorevole disciplina intervenuta nelle more del

Avverso la richiamata sentenza ha proposto ricorso per cassazione
l’imputato, deducendo la violazione di legge ed il vizio motivazionale, in riferimento
al mancato riconoscimento dell’ipotesi attenuata ex art. 73, comma V, d.P.R. n.
309/1990.
Il ricorso è manifestamente infondato.
In riferimento al mancato riconoscimento del fatto di lieve entità, si osserva
che la Corte di Appello ha espressamente rilevato che i quantitativi di sostanza
stupefacente oggetto degli addebiti e la diversificazione delle sostanze, già
confezionate in dosi, portavano ad escludere la lieve entità del fatto. Ebbene, si
tratta di un apprezzamento che si colloca nell’alveo tracciato dalla giurisprudenza di
legittimità, la quale ha chiarito che in tema di sostanze stupefacenti, ai fini della
concedibilità o del diniego della circostanza attenuante del fatto di lieve entità, il
giudice è tenuto a complessivamente valutare tutti gli elementi indicati dalla
norma, sia quelli concernenti l’azione (mezzi, modalità e circostanze della stessa),
sia quelli che attengono all’oggetto materiale del reato (quantità e qualità delle
sostanze stupefacenti oggetto della condotta criminosa): dovendo,
conseguentemente, escludere la concedibilità dell’attenuante quando anche uno
solo di questi elementi porti ad escludere che la lesione del bene giuridico protetto
sia di “lieve entità” (cfr. Cass. Sez. 4, Sentenza n. 4948 del 22/01/2010,
dep. 04/02/2010, Rv. 246649).
Si osserva poi, per completezza argomentativa, che il divieto di “reformatio
in peius”, che trova applicazione anche in sede di legittimità (cfr. Cass. Sez. 6,
Sentenza n. 49858 del 20/11/2013, dep. 11/12/2013, Rv. 257672) preclude ogni
ulteriore valutazione officiosa in ordine alla legittimità del più favorevole
trattamento sanzionatorio applicato dalla Corte di Appello, per i fatti oggetto di
addebito, risalenti al 2001. Ed invero, per effetto della sentenza della Corte
Costituzionale del 12 febbraio 2014 n. 32, la disciplina in materia di sostanze
stupefacenti oggi applicabile è quella prevista dal d.P.R. n. 309/1990, nella
versione antecedente alle modifiche introdotte dal d.l. 30 dicembre 2005, n. 272,
convertito con modificazioni dalla legge 21 febbraio 2006, n. 49, di talché la cornice
edittale relativa alle c.d. droghe pesanti, ai sensi dell’art. 73, n. 309/1990, ritorna

procedimento, in materia di sostanze stupefacenti.

ad essere quella da otto a sei anni di reclusione, oltre la multa, già vigente
all’epoca dei fatti per i quali si procede. Non di meno, in assenza di impugnazione
della parte pubblica, deve ritenersi – con rilievo di ordine dirimente – che
l’intervenuta applicazione della /ex mitior, di poi dichiarata incostituzionale, a fatti
commessi anteriormente rispetto alla entrata in vigore della stessa legge n.
49/2006, non possa costituire oggetto di sindacato officioso in sede di legittimità.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue, a norma dell’articolo

procedimento e della somma di Euro 1.000,00 a favore della Cassa delle
Ammende, non emergendo ragioni di esonero.
P.Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di € 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, in data 7 maggio 2014.

616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del

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