Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32497 del 07/05/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 32497 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ASANTE KWAME N. IL 22/07/1969
avverso la sentenza n. 6351/2012 GIP TRIBUNALE di BOLOGNA, del
20/12/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 07/05/2014

Ritenuto in fatto
Ricorre per cassazione, personalmente, Asante Kwame avverso la sentenza emessa ai sensi
dell’art. 444 c.p.p. in data 20.12.2012 dal G.i.p. del Tribunale di Bologna con cui veniva
applicata al predetto la pena concordata di anni tre, mesi 1 e giornio 10 di reclusione ed C
14.000 di multa per il reato di cui all’art. 73 co. dPR 309/1990 (detenzione illecita di gr.
297,80 di cocaina; fatto del 26.5.2012).
Deduce la violazione di legge ed il vizio motivazionale in relazione alla corretta qualificazione
giuridica del fatto poiché avrebbe dovuto ritenersi la fattispecie di cui al 5° comma dell’art. 73

Considerato in diritto
Il ricorso è inammissibile essendo le censure mosse manifestamente infondate e non
consentite in questa sede.
Nel “patteggiamento”, una volta che il giudice abbia ratificato l’accordo, non è più consentito
alle parti prospettare, in sede di legittimità, questioni con riferimento -non solo alla
sussistenza ed alla qualificazione giuridica del fatto, alla sua attribuzione soggettiva, alla
applicazione e comparazione delle circostanze, ma anche- alla entità e modalità di applicazione
della pena (salvo che non si versi in ipotesi di pena illegale)

(ex pluribus, Sezione VII, 21

dicembre 2009, El Hanana). Ciò che qui deve escludersi.
Peraltro, essendo il giudice tenuto a valutare complessivamente tutti gli elementi
normativamente indicati, quindi, sia quelli concernenti l’azione (mezzi, modalità e circostanze
della stessa), sia quelli che attengono all’oggetto materiale del reato (quantità e qualità delle
sostanze stupefacenti oggetto della condotta criminosa), dovrà conseguentemente escludere il
riconoscimento dell’attenuante della “lieve entità” quando anche in presenza di uno solo di
questi elementi come, appunto, il dato quantitativo.
Consegue l’inammissibilità del ricorso e, con essa, la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che, alla luce
dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 dei 2000, sussistendo
profili di colpa, si ritiene equo determinare in euro 1.500,00 in favore della cassa delle
ammende.
P.Q.M.
DICHIARA INAMMISSIBILE IL RICORSO E. CONDANNA IL RICORRENTE AL PAGAMENTO DELLE SPESE PROCESSUALI E
AL VERSAMENTO DELLA SOMMA DI MILLECINQUECENTO EURO ALLA CASSA DELLE AMMENDE.

Così deciso in Roma, il 7.5.2014

dPR 309/1990.

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