Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32496 del 07/05/2014


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Penale Sent. Sez. 7 Num. 32496 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: VITELLI CASELLA LUCA

sul ricorso proposto da:
MURRU RENATO N. IL 08/08/1965
avverso la sentenza n. 580/2009 CORTE APPELLO di CAGLIARI, del
18/02/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA VITELLI
CASELLA;

Data Udienza: 07/05/2014

,< n.58 ricorrente MURRU Renato Motivi della decisione L'imputato in epigrafe ricorre personalmente per cassazione avverso la sentenza 18 febbraio 2013 con la quale la Corte d'appello di Cagliari confermava quella di primo grado emessa dal Tribunale di Cagliari che giudicò il predetto responsabile in ordine al delitto previsto dagli artt. 81 cpv. cod. pen., detenzione a fini di spaccio, di gr. 270 di hashish, in data 24 giugno 2008,condannandolo per l'effetto, concessa la speciale attenuante di cui all'art. 73, comma V° del citato d.P.R., alla pena di TRE anni di reclusione ed euro 2.200,00 di multa, applicata la diminuzione per il rito abbreviato. Deduce vizi di violazione di legge e vizi motivazionali in relazione alla ritenuta destinazione allo spaccio della sostanza stupefacente detenuta. Con istanza pervenuta in cancelleria in data 5 maggio scorso, l'imputato ha chiesto il rinvio dell'udienza odierna in attesa della decisione delle Sezioni Unite di questa Corte in punto alla problematica della rideterminazione della pena in conseguenza del novellato art. 73, comma V° d.P.R. n. 309/1990 e della sentenza n. 32 del 2014 della Corte costituzionale. Il ricorso è infondato avendo la Corte d'appello ineccepibilmente argomentato, in conformità alla normativa di riferimento e condividendo la motivazione della sentenza di primo grado, l'esclusione dei presupposti di fatto per la destinazione dello stupefacente ad uso esclusivamente personale, sul rilievo del dato obiettivo del già avvenuto confezionamento in dosi quantitativo e dello stato di indigenza dell'imputato che non gli avrebbe permesso di precostituire per il proprio esclusivo uso personale una sì ingente "scorta "; donde la logica deduzione della destinazione al mercato clandestino di gran parte sia dell'hashish che dei frutti della coltivazione delle piante di cannabis (significativamente rigogliose per aver 73 d.P.R. n. 309/1990,per l'illecita coltivazione di tre piante di cannabis e per la raggiunto un metro e mezzo di altezza ). Va altresì rilevato che non vi è luogo a disporre rinvio dell'odierna udienza,posto che il procedimento viene trattato, ex art. 611 cod. proc. pen., secondo il rito della camera di consiglio c.d. non partecipata e quindi in assenza delle parti. Deve invece rilevarsi d'ufficio ex art. 609, comma 2° codice di rito la sopravvenuta illegalità del trattamento sanzionatorio. Giova rammentare che la Corte costituzionale,con sentenza n. 32 del 2014 (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 11 del 5 marzo 2014 e quindi con effetti ex art. 136 Cost., a far tempo dal giorno successivo ) ha dichiarato l'illegittimità costituzionale degli artt. 4-bis e 4-vicies del decreto legge 30 dicembre 2005 n. 272, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1 della legge 21 febbraio i v< 2006 n. 46 con cui venne introdotta (per usare le stesse parole del Giudice delle leggi ) " una innovazione sistematica alla disciplina dei reati in materia di stupefacenti sia sotto il profilo delle incriminazioni che sotto quello sanzionatorio", significativamente imperniato nella parificazione quoad poenam dei delitti riguardanti le c.d. "droghe leggere" con quelli aventi ad oggetto le c.d. "droghe pesanti". Per l'effetto, acclarata l'illegittimità della valenza modificativa/abrogativa della novella, si è automaticamente determinata la " reviviscenza " delle disposizioni originarie dettate - sub art. 73 - dal d.P.R. 9 stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza,con specifico riferimento alle specifiche fattispecie incriminatrici ed al relativo trattamento sanzionatorio. Come peraltro sottolineato dalla stessa Corte costituzionale,si pone, in relazione ai processi pendenti nei quali non sia intervenuta sentenza definitiva, la necessità, a mente del chiaro disposto dell'art. 2, comma 4 0 cod.pen., dell'applicazione della disposizione più favorevole al reo, attesochè ( com'è pacifico ) le disposizioni penali anteriormente in vigore risultano diverse da quelle posteriori ed attualmente applicabili, in particolare per quanto attiene alla previsione della misura delle sanzioni penali. Per quanto in questa sede rileva, va evidenziato che, a norma dell'art. 73, comma V° del d.P.R. n.309/ 1990, nel testo originario,le condotte integranti la speciale attenuante del " fatto lieve " concernenti le c.d. " droghe leggere " ( tra le quali vanno annoverate hashish e cannabis, oggetto dei fatti per cui è processo ) erano punite con pena della reclusione da SEI mesi e QUATTRO anni e con quella della multa da euro 1.032 a euro 10.329 anziché con quelle ( di cui alla novella dichiarata costituzionalmente illegittima ) da UNO a SEI anni di reclusione e da 3.000,00 a 26.000,00 euro,applicabili a prescindere dalla diversa natura delle sostanze stupefacenti. Per completezza espositiva, si deve tuttavia ancora annotare che, con specifico riferimento alla fattispecie del "fatto lieve", l'art.2 del decreto legge 23 dicembre 2013 n.146 convertito con modificazioni dall'art. 1 comma 10 della legge 21 febbraio 2014 n. 10 ha sostituto integralmente - con effetto dal 24 dicembre 2013 - il testo dell'art. 73 comma V° d.P.R. n. 309/1990,ridisegnando peraltro una fattispecie autonoma di reato. Tanto è manifestamente desumibile dalla nuova formulazione letterale della norma che reca l'inequivoca clausola di riserva o di sussidiarietà: che il fatto costituisca più grave reato..." "Salvo e che delinea una condotta materiale dotata di specifica ed autonoma rilevanza, relativamente alla condotta materiale integrata da "chiunque commette uno dei fatti previsti dal presente articolo " qualificabili in termini di "lieve entità" per mezzi, modalità o circostanze dell'azione, qualità, quantità delle sostanze. Il delitto risulta punito con pena 2 ottobre 1990 n. 309 - Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli della reclusione da UNO a CINQUE anni e con quella della multa da euro 3.000 a 26.000 senza alcuna differenziazione in rapporto alla natura "pesante " o " leggera " delle sostanze stupefacenti. E' evidente che quale jus superveniens rispetto all'assetto normativo in vigore all'epoca del commesso reato per cui è processo - anche tale intervento novellistico deve essere valutato nell'ambito del giudizio volto ad individuare la disposizione più favorevole al reo ex art. 2 comma 4 0 cod.pen. previa comparazione della disposizione normativa con quelle "parallele" di cui all'originario Testo unico in materia di stupefacenti, la cui Corte costituzionale, peraltro intervenuta successivamente alla novella. Nella fattispecie in esame, la comparazione del novum normativo surrichiamato induce a giudicare disciplina in concreto più favorevole al reo, avuto riguardo ai minimi ed ai massimi edittali di pena, quella dettata dall'art. 73, comma V° del citato d.P.R.,nel testo originario. Invero, in tale ottica, non dispiega alcun effetto la qualificazione del fatto in termini di reato autonomo, posto che,ex art. 129 cod. proc. pen.,non vi è spazio per la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, non essendo maturato il termine massimo di prescrizione fissato, ex artt. 157 e 161 cod. pen. nel testo ora in vigore, in anni sette e mesi sei, presa a parametro la pena massima edittale di anni CINQUE di reclusione fissata dalla nuova previsione dell'autonoma fattispecie incriminatrice; termine decorrente dalla soprariferita data del commesso reato. Neppure potrebbe aver rilievo, sempre nell'ambito della verifica dello statuto della disposizione successiva più favorevole, la novellata qualificazione di reato autonomo rispetto ad un meno vantaggioso giudizio di comparazione della speciale attenuante del "fatto lieve" in termini di equivalenza ovvero di subvalenza della stessa con eventuali aggravanti attesochè, nel caso di specie, non risulta effettuato alcun il giudizio di comparazione tra attenuante ed aggravanti, ex art. 69 cod.pen., avendo il Giudice di prime cure escluso di fatto la pur contestata recidiva. Deve quindi conclusivamente affermarsi che, ferma l'ormai irretrattabile riconducibilità della condotta all'ipotesi del" fatto lieve" di cui all'art. 73, comma V° citato d.P.R., alla luce del dictum della Corte costituzionale, appare necessario che, annullate le statuizioni in punto alla quantificazione della pena (esclusa ovviamente la ritenuta ed applicata continuazione) rese dalla Corte d'appello di Cagliari a conferma di quelle della sentenza di primo grado ( che aveva fissato in anni QUATTRO ed euro 3.000,00 di multa la misura della pena base, applicato l'aumento per la ritenuta continuazione e la riduzione per il rito ) si proceda, in sede di rinvio, ad nuovo giudizio di rideterminazione del trattamento sanzionatorio secondo i parametri fissati dall'art. 133 cod.pen., avuto riguardo ai minimi ed ai massimi di pena edittali previsti dall'art. 73 comma V° d.P.R. n.309/1990 nel testo originario "ripristinato"compresi tra SEI mesi e QUATTRO 3 vigenza è stata "ripristinata " dalla con la citata sentenza n. 32 del 2014 della anni di reclusione e tra euro 1.032 e 10.329 di multa, non potendo giudicarsi legittimamente compatibile la pena in concreto applicata nel massimo ( quanto a quella di genere detentivo ) in relazione alla forbice edittale divenuta attualmente in vigore. Va infine precisato che a' sensi dell'art.624 cod. proc.pen., il punto concernente l'affermazione di penale responsabilità dell'imputato è divenuto irrevocabile. Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio per effetto della sentenza n.32/2014 della Corte costituzionale. Rinvia sul punto alla Corte d'appello di Cagliari. Rigetta nel resto. Visto l'art. 624 cod. proc. pen., dichiara l'irrevocabilità della sentenza in ordine all'affermazione di responsabilità per il reato ascritto. Così deciso in Roma,lì 7 maggio 2014. PQM

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