Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32494 del 07/05/2014


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Penale Sent. Sez. 7 Num. 32494 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

ha pronunciato la seguente

Data Udienza: 07/05/2014

l-~

-11215 eORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BAGGIO FRANCESCO IVAN N. IL 13/07/1982
avverso la sentenza n. 512/2011 CORTE APPELLO di PALERMO, del
21/11/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;

A

Motivi della decisione
Baggio Francesco Ivan ha proposto ricorso per cassazione avverso la
sentenza della Corte di Appello di Palermo del 21.11.2012, con la quale è stata
confermata la sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Marsala, in data
10.05.2010, in riferimento al reato ex art. 73, comma V, d.P.R. n. 309/1990,
commesso in data 11.01.2004.
Con il primo motivo la parte deduce il vizio motivazionale, in riferimento alla
affermazione di penale responsabilità, soffermandosi sul contenuto del compendio

Con il secondo motivo la parte rileva l’intervenuta prescrizione dei reati in
addebito.
Il ricorso in esame muove alle considerazioni che seguono.
Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
Si osserva che il ricorrente propone censure non consentite nel giudizio di
legittimità, in quanto concernenti la ricostruzione e la valutazione del fatto, come
pure l’apprezzamento del materiale probatorio, profili del giudizio rimessi alla
esclusiva competenza del giudice di merito, che ha fornito una congrua e adeguata
motivazione, immune da incongruenze di ordine logico. Come è noto la
giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto, pressocchè
costantemente, che “l’illogicità della motivazione, censurabile a norma dell’art. 606,
comma 1, lett. e) cod. proc. pen., è quella evidente, cioè di spessore tale da
risultare percepibile ictu oculi, in quanto l’indagine di legittimità sul discorso
giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato
demandato alla Corte di Cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a
riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di
verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali” (Cass.
24.9.2003 n. 18; conformi, sempre a sezioni unite Cass. n. 12/2000; n. 24/1999;
n. 6402/1997). Più specificamente si è chiarito che “esula dai poteri della Corte di
Cassazione quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della
decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza
che possa integrare il vizio di legittimità, la mera prospettazione di una diversa, e
per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali” (Cass.
sezioni unite 30.4.1997, Dessinnone). Ed invero, in sede di legittimità non sono
consentite le censure, che pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono
nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal
giudice di merito (ex multis Cass. 23.03.1995, n. 1769, Rv. 201177; Cass. Sez. VI
sentenza n. 22445 in data 8.05.2009, dep. 28.05.2009, Rv. 244181).
Si viene ora ad esaminare il secondo motivo di ricorso.

probatorio.

Osserva il Collegio che, per effetto delle sopravvenute modifiche della
disciplina in materia di sostanze stupefacenti, risulta effettivamente intervenuta la
prescrizione dei reati per i quali si procede.
Deve considerarsi che nel caso di specie è stata applicata l’ipotesi di cui
all’art. 73, comma V, d.P.R. n. 309/1990, fattispecie interessata dalle modifiche
introdotte all’art. 73, comma V, cit., dall’art. 2, comma 1, d.l. 23 dicembre 2013 n.
146, convertito con modificazioni dall’art. 1, comma 1, della legge 21 febbraio

Ai fini di interesse, ci si limita a rilevare che la fattispecie di cui all’art. 73,
comma V, d.P.R. n. 309/1990, per effetto delle richiamate modifiche, deve
qualificarsi come autonoma ipotesi di reato. Invero, il testo della norma in esame,
per effetto delle modifiche introdotte dalla novella ora richiamata, stabilisce
espressamente che “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque
commette uno dei fatti previsti dal presene articolo che, per i mezzi, le modalità o
le circostanze dell’azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze è di lieve
entità, è punito con le pene della reclusione da uno a cinque anni e della multa da
euro 3.000 a euro 26.000”. L’impiego della richiamata clausola di riserva evidenzia
che la disposizione integra una autonoma fattispecie di reato, rispetto alle più gravi
ipotesi previste dal medesimo art. 73, d.P.R. n. 309/1990.
Ebbene, in riferimento ai limiti di pena applicabili al caso di specie, venendo
in rilievo l’autonomo reato di cui al V comma, dell’art. 73, d.P.R. n. 309/1990, per
effetto della novella del 2013, si ha che il termine di prescrizione risulta decorso.
Invero, il termine di prescrizione massimo, pari ad anni sette e mesi sei, secondo la
più favorevole disciplina dettata dal vigente art. 157 cod. pen., applicabile al caso
di giudizio in base alle disposizioni di diritto intertemporale dettate dall’art. 10,
commi 2 e 3 , legge n. 251 del 2005, risulta infatti decorso in data 11,07.2011, già
prima della pronuncia della sentenza della Corte di Appello, intervenuta il
21.11.2012.
In assenza dei presupposti legittimanti una pronuncia liberatoria ex art.
129, comma 2, cod. proc. pen., alla luce delle conformi valutazioni espresse dai
giudici di merito in ordine all’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, si
impone l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, essendo il reato
estinto per prescrizione.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, essendo il reato estinto per
prescrizione.
Così deciso in Roma, in data 7 maggio 2014.

2014, n.10.

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