Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32489 del 07/05/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 32489 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MENICHELLI MASSIMILIANO N. IL 06/11/1974
avverso la sentenza n. 1132/2011 CORTE APPELLO di ROMA, del
22/05/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;

Data Udienza: 07/05/2014

Motivi della decisione
Menichelli Massimiliano ha proposto ricorso per cassazione avverso la
sentenza della Corte di Appello di Roma del 22.05.2012, con la quale è stata
confermata la sentenza di condanna resa dal G.i.p. del Tribunale di Roma in data
8.07.2010, in ordine al reato di cui all’art. 589 cod. pen. L’imputato è stato ritenuto
responsabile del reato di omicidio colposo, per violazione della disciplina sulla
circolazione stradale, con il concorso di colpa della vittima nella misura del 60%.

mancata valutazione, rispetto alla ricostruzione della dinamica del sinistro, delle
dichiarazioni rese da Bertuccioli Rita e Valentini Maria.
Il ricorso è inammissibile.
Si osserva che il ricorrente propone censure non consentite nel giudizio di
legittimità, in quanto concernenti la ricostruzione e la valutazione del fatto, come
pure l’apprezzamento del materiale probatorio, profili del giudizio rimessi alla
esclusiva competenza del giudice di merito, che ha fornito una congrua e adeguata
motivazione, immune da incongruenze di ordine logico. Come è noto la
giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto, pressocchè
costantemente, che “l’illogicità della motivazione, censurabile a norma dell’art. 606,
comma 1, lett. e) cod. proc. pen., è quella evidente, cioè di spessore tale da
risultare percepibile ictu oculi, in quanto l’indagine di legittimità sul discorso
giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato
demandato alla Corte di Cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a
riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di
verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali” (Cass.
24.9.2003 n. 18; conformi, sempre a sezioni unite Cass. n. 12/2000; n. 24/1999;
n. 6402/1997). Più specificamente si è chiarito che “esula dai poteri della Corte di
Cassazione quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della
decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza
che possa integrare il vizio di legittimità, la mera prospettazione di una diversa, e
per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali” (Cass.
sezioni unite 30.4.1997, Dessimone). Ed invero, in sede di legittimità non sono
consentite le censure, che pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono
nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal
giudice di merito (ex multis Cass. 23.03.1995, n. 1769, Rv. 201177; Cass. Sez. VI
sentenza n. 22445 in data 8.05.2009, dep. 28.05.2009, Rv. 244181). Del resto, nel
caso di specie, la Corte di Appello ha espressamente considerato – sviluppando un
percorso logico argomentativo che non presenta aporie di ordine logico rilevabili in
sede di legittimità – che le modalità con le quali l’imputato aveva impegnato

La parte, con unico motivo, deduce il vizio motivazionale, in ordine alla

l’incrocio teatro del sinistro erano state concordemente evidenziate sia dal
consulente del pubblico ministero che dal consulente della difesa, sulla base di dati
oggettivamente accertati, di talché le dichiarazioni rese dalle testimoni indicate
dalla difesa nell’atto di appello risultavano superflue e legate ad una sensazione
percettiva sconfessata dagli accertamenti tecnici effettuati, rispetto al punto in cui
era avvenuto l’urto tra i due motocicli.
Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 1.000,00 a

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, in data 7 maggio 2014.

favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero.

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