Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32488 del 07/05/2014


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Penale Sent. Sez. 7 Num. 32488 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: VITELLI CASELLA LUCA

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sul ricorso proposto da:
PECORARO GUIDO N. IL 17/04/1991
avverso la sentenza n. 11243/2011 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
02/05/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA VITELLI
CASELLA;

Data Udienza: 07/05/2014

n.42 ricorrente Pecoraro Guido

Motivi della decisione

L’imputato in epigrafe ricorre per cassazione, per tramite del difensore,
avverso la sentenza 2 maggio 2012 con la quale la Corte d’appello di Napoli
confermò quella di primo grado emessa dal GIP del Tribunale di Noia in punto

309/1990, commesso in Pomigliano d’Arco il 24 gennaio 2011, concessa la
speciale attenuante di cui all’art. 73, comma V° del citato d.P.R. parzialmente
riformandola unicamente quanto alla misura della pena, ridotta ad UN anno,
mesi OTTO di reclusione ed euro 3.000,00 di multa per il rito abbreviato.
Deduce vizi di violazione di legge e vizi motivazionali in relazione alla ritenuta
destinazione allo spaccio del quantitativo di sostanza stupefacente detenuta, tipo
marijuana.
Il ricorso è infondato avendo la la Corte d’appello ineccepibilmente argomentato,
in conformità alla normativa di riferimento e facendo propria la motivazione della
sentenza di primo grado, l’esclusione dei presupposti di fatto per la destinazione
dello stupefacente ad uso esclusivamente personale, sul rilievo del dato
quantitativo ( gr. 58 lordi da cui erano estraibili 121,5 dodi medie singole
droganti ); della mancanza di attività lavorativa svolta dall’imputato nonché del
dato dell’iscrizione al SERT in epoca presumibilmente successiva all’arresto
allorchè l’imputato fu colto dalla P.G. in possesso di 49 bustine di sostanza
stupefacente, dopo aver dato ordine ad un minore ( trasportato sulla stessa
automobile ) di lanciarle dal finestrino.
Deve invece rilevarsi d’ufficio

ex art. 609, comma 2° codice di rito

la

sopravvenuta illegalità del trattamento sanzionatorio.
Giova rammentare che la Corte costituzionale,con sentenza n. 32 del 2014
(pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 11 del 5 marzo 2014 e quindi con effetti ex
art. 136 Cost., a far tempo dal giorno successivo ) ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale degli artt. 4-bis e 4-vicies del decreto legge 30 dicembre 2005 n.
272, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1 della legge 21 febbraio
2006 n. 46 con cui venne introdotta (per usare le stesse parole del Giudice delle
leggi ) ” una innovazione sistematica alla disciplina dei reati in materia di
stupefacenti sia sotto il profilo delle incriminazioni che sotto quello
sanzionatorio”, significativamente imperniato nella parificazione quoad poenam
dei delitti riguardanti le c.d. “droghe leggere” con quelli aventi ad oggetto le c.d.
“droghe pesanti”. Per l’effetto, acclarata l’illegittimità della valenza
modificativa/abrogativa della novella, si è automaticamente determinata la ”

i

responsabilità in ordine al delitto previsto dall’art. 73 comma 1-bis d.P.R. n.

reviviscenza ” delle disposizioni originarie dettate – sub art. 73 – dal d.P.R. 9
ottobre 1990 n. 309 – Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli
stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi
stati di tossicodipendenza,con specifico riferimento alle specifiche fattispecie
incriminatrici ed al relativo trattamento sanzionatorio. Come peraltro sottolineato
dalla stessa Corte costituzionale,si pone, in relazione ai processi pendenti nei
quali non sia intervenuta sentenza definitiva, la necessità, a mente del chiaro
disposto dell’art. 2, comma 4 0 cod.pen., dell’applicazione della disposizione più

data surrichiamata del commesso reato risultano diverse da quelle posteriori ed
attualmente applicabili, in particolare per quanto attiene alla previsione della
misura delle sanzioni penali.
Per quanto in questa sede rileva, va evidenziato che, a norma dell’art. 73,
comma V° del d.P.R. n.309/ 1990, nel testo originario,le condotte integranti la
speciale attenuante del” fatto lieve” concernenti le c.d. ” droghe leggere” ( tra
le quali va annoverata la marijuana, oggetto dei fatti per cui è processo ) erano
punite con pena della reclusione da SEI mesi e QUATTRO anni e con quella della
multa da euro 1.032 a euro 10.329 anziché con quelle ( di cui alla novella
dichiarata costituzionalmente illegittima ) da UNO a SEI anni di reclusione e da
3.000,00 a 26.000,00 euro,applicabili a prescindere dalla diversa natura delle
sostanze stupefacenti. Per completezza espositiva, si deve tuttavia ancora
annotare che, con specifico riferimento alla fattispecie del “fatto lieve”, l’art.2 del
decreto legge 23 dicembre 2013 n.146 convertito con modificazioni dall’art. 1
comma 10 della legge 21 febbraio 2014 n. 10 ha sostituto integralmente – con
effetto dal 24 dicembre 2013 – il testo dell’art. 73 comma V° d.P.R. n.
309/1990,ridisegnando peraltro una fattispecie autonoma di reato. Tanto è
manifestamente desumibile dalla nuova formulazione letterale della norma che
reca l’inequivoca clausola di riserva o di sussidiarietà:
costituisca più grave reato…”

“Salvo che il fatto

e che delinea una condotta materiale dotata di

favorevole al reo, attesochè ( com’è pacifico ) le disposizioni penali in vigore alla

specifica ed autonoma rilevanza, relativamente alla condotta materiale integrata
da “chiunque commette uno dei fatti previsti dal presente articolo ” qualificabili
in termini di “lieve entità” per mezzi, modalità o circostanze dell’azione, qualità,
quantità delle sostanze. Il delitto risulta punito con pena della reclusione da
UNO a CINQUE anni e con quella della multa da euro 3.000 a 26.000 senza
alcuna differenziazione in rapporto alla natura “pesante ” o ” leggera ” delle
sostanze stupefacenti. E’ evidente che quale

jus superveniens

rispetto

all’assetto normativo in vigore all’epoca del commesso reato per cui è processo anche tale intervento novellistico deve essere valutato nell’ambito del giudizio
volto ad individuare la disposizione più favorevole al reo ex art. 2 comma 40
cod.pen. previa comparazione della disposizione normativa con quelle “parallele”

2

.< di cui all'originario Testo unico in materia di stupefacenti, la cui vigenza è stata "ripristinata " dalla con la citata sentenza n. 32 del 2014 della Corte costituzionale, peraltro intervenuta successivamente alla novella. Nella fattispecie in esame, la comparazione del novum normativo surrichiamato induce a giudicare disciplina in concreto più favorevole al reo, avuto riguardo ai minimi ed ai massimi edittali di pena, quella dettata dall'art. 73, comma V° del citato d.P.R.,nel testo originario. Invero, in tale ottica, non dispiega alcun effetto la qualificazione del fatto in termini di reato autonomo, posto che,ex art. 129 prescrizione, non essendo maturato il termine massimo di prescrizione fissato, ex artt. 157 e 161 cod. pen. nel testo ora in vigore, di anni sette e mesi sei, presa a parametro la pena massima edittale di anni CINQUE di reclusione fissata dalla nuova previsione dell'autonoma fattispecie incriminatrice; termine decorrente dalla suddetta data del commesso reato. Neppure potrebbe aver rilievo, sempre nell'ambito della verifica dello statuto della disposizione successiva più favorevole, la novellata qualificazione di reato autonomo rispetto ad un meno vantaggioso giudizio di comparazione della speciale attenuante del "fatto lieve" in termini di equivalenza ovvero di subvalenza della stessa con eventuali aggravanti attesochè, nel caso di specie, non risulta contestata alcuna aggravante e quindi non risulta effettuato alcun il giudizio di comparazione tra attenuante ed aggravanti, ex art. 69 cod.pen. Deve quindi conclusivamente affermarsi che, ferma l'ormai irretrattabile riconducibilità della condotta all'ipotesi del" fatto lieve" di cui all'art. 73, comma V° citato d.P.R., alla luce del dictum della Corte costituzionale, appare necessario che, annullate le statuizioni in punto pena rese dalla Corte d'appello di Napoli ( che, in riforma della sentenza di primo grado, ha fissato in anni DUE,mesi SEI ed euro 4.500 di multa la misura della pena base, poi ridotta per il rito) si proceda, in sede di rinvio, ad nuovo giudizio di rideterminazione del trattamento sanzionatorio secondo i parametri fissati dall'art. 133 cod.pen., avuto riguardo ai cod. proc. pen.,non vi è spazio per la declaratoria di estinzione del reato per minimi ed ai massimi di pena edittali previsti dall'art. 73 comma V° d.P.R. n.309/1990 nel testo originario "ripristinato"compresi tra SEI mesi e QUATTRO anni di reclusione e tra euro 1.032 e 10.329 di multa, non potendo giudicarsi legittimamente compatibile la pena in concreto applicata con la forbice edittale divenuta attualmente in vigore. Va infine precisato che a' sensi dell'art.624 cod. proc.pen., il punto concernente l'affermazione di penale responsabilità dell'imputato è divenuto irrevocabile. PQM 3 v( Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio per effetto della sentenza n.32/2014 della Corte costituzionale. Rinvia sul punto alla Corte d'appello di Napoli. Rigetta nel resto. Visto l'art. 624 cod. proc. pen., dichiara l'irrevocabilità della sentenza in ordine all'affermazione di responsabilità per il reato ascritto. Così deciso in Roma,lì 7 maggio 2014.

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