Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32476 del 07/05/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 32476 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

Data Udienza: 07/05/2014

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MANCINO OTELLO N. IL 08/12/1969
S144′
avverso la sentenza n. 494/2012 TRI wsEL.DIST. di IMOLA, del
22/11/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

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Osserva
Ricorre per cassazione, personalmente, Mancino Otello avverso la sentenza emessa ai
sensi dell’art. 444 c.p.p. in data 22.11.2012 dal Tribunale di Bologna-Sezione distaccata di
Imola che applicava al predetto la pena concordata di mesi otto di reclusione per il reato di
cui all’art. 189 comma 6° C.d.S..
Deduce la violazione di legge in relazione agli artt. 129 c.p.p. e 189 C.d.S. non essendo
stata verificata la sussistenza di estremi per il proscioglimento immediato né ravvisabile la
prova del fatto contestato.

nella presente sede.
Nel “patteggiamento”, una volta che il giudice abbia ratificato l’accordo, non è più
consentito alle parti prospettare, in sede di legittimità, questioni con riferimento -non solo
alla sussistenza ed alla qualificazione giuridica del fatto, alla sua attribuzione soggettiva,
alla applicazione e comparazione delle circostanze, ma anche- alla entità e modalità di
applicazione della pena (salvo che non si versi in ipotesi di pena illegale)

(ex pluribus,

Sezione VII, 21 dicembre 2009, El Hanana). Ciò che qui deve escludersi.
Il giudizio negativo in ordine alla ricorrenza di una delle ipotesi di cui all’articolo 129 c.p.p.
deve essere accompagnato da una specifica motivazione soltanto nel caso in cui dagli atti
o dalle deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di
cause di non punibilità, dovendo, invece, ritenersi sufficiente, in caso contrario, una
motivazione consistente nell’enunciazione, anche implicita, che è stata compiuta la
verifica richiesta dalla legge e che non ricorrono le condizioni per una pronuncia di
proscioglimento ai sensi della disposizione citata. Come questa Corte ha ripetutamente
affermato (cfr. ex plurimis, Cass. pen. Sez. Un., n. 10372 del 27.9.1995, Rv. 202270,
Serafino), l’obbligo della motivazione della sentenza di applicazione concordata della pena
va conformato alla particolare natura della medesima e deve ritenersi adempiuto qualora il
giudice dia atto, ancorché succintamente, come nel caso di specie, di aver proceduto alla
delibazione degli elementi positivi richiesti.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si ritiene
equo liquidare in C 1.500,00, in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi
assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
DICHIARA INAMMISSIBILE IL RICORSO E CONDANNA IL RICORRENTE AL PAGAMENTO DELLE SPESE
PROCESSUALI E AL VERSAMENTO DELLA SOMMA DI MILLECINQUECENTO EURO ALLA CASSA DELLE AMMENDE.

Così deciso in Roma, il 7.5.2014

Il ricorso è inammissibile essendo le censure manifestamente infondate e non consentite

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