Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32470 del 07/05/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 32470 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
KOUWATE JOLY N. IL 04/07/1989
avverso la sentenza n. 13031/2012 GIP TRIBUNALE di TORINO, del
29/11/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 07/05/2014

In fatto e in diritto
Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di Kouwate Joly avverso la sentenza emessa
ai sensi dell’art. 444 c.p.p. in data 29.11.2012 dal G.i.p. del Tribunale di Torino che
applicava al predetto la pena concordata di mesi nove di reclusione ed € 3.000,00 di
multa per il reato di cui all’art. 73, 5 0 comma dPR 309/1990 (cessione di cocaina)
Deduce la violazione di legge ed il vizio motivazionale in relazione alla ritenuta congruità
della pena applicata.
Il ricorso è inammissibile essendo la censura mossa manifestamente infondata e non

Infatti, “in caso di patteggiamento ai sensi dell’art. 444 c.p.p., l’accordo intervenuto
esonera l’accusa dall’onere della prova e comporta che la sentenza che recepisce
l’accordo fra le parti sia da considerare sufficientemente motivata con una succinta
descrizione del fatto (deducibile dal capo d’imputazione), con l’affermazione della
correttezza della qualificazione giuridica di esso, con il richiamo all’art. 129 c.p.p. per
escludere la ricorrenza di alcuna delle ipotesi ivi previste, con la verifica della congruità
della pena patteggiata ai fini e nei limiti di cui all’art. 27 Cost.” (Cass. pen., Sez. IV, 13.7.
2006, n. 34494, Rv. 234824).
Non può, invece, l’imputato che abbia consentito all’applicazione della pena, rimettere in
discussione gli altri profili oggettivi o soggettivi della responsabilità e non può, in
particolare, proporre in sede di legittimità eccezioni o censure attinenti al merito nè
recriminare sulla qualificazione giuridica del fatto e la ricorrenza delle circostanze o la
congruità della pena a meno che si tratti di statuizioni palesemente illegittime: evenienza
questa che, nel caso di specie, è senz’altro da escludere.
Né incide sulla legalità della pena concordata la recente disposizione di cui al D.L. n. 146
del 23.12.2013 (conv. in L. n. 10 del 21.2.2014), nel qualificare il 5 0 comma dell’art. 73
dPR 309/1990 quale figura autonoma di reato, ha rideterminato la pena edittale da uno a
cinque anni di reclusione ed € 3.000 a 26.000 di multa: infatti la pena base assunta è
appena superiore al minimo edittale mantenuto fermo anche dalla novella legislativa.
Consegue l’inammissibilità del ricorso e, con essa, la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende di una
somma che, alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n.
186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si ritiene equo determinare in euro 1.500,00 in
favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
DICHIARA INAMMISSIBILE IL RICORSO E CONDANNA IL RICORRENTE AL PAGAMENTO DELLE SPESE
PROCESSUALI E AL VERSAMENTO DELLA SOMMA DI MILLECINQUECENTO EURO ALLA CASSA DELLE AMMENDE.
Così

deciso in Roma, il 7.5.2014

consentita nella presente sede.

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