Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32467 del 07/05/2014


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Penale Sent. Sez. 7 Num. 32467 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

W—Mr-G-títtor

sul ricorso proposto da:
DI VAIO ROSARIA N. IL 31/01/1947
avverso la sentenza n. 4720/2009 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 28/03/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;

Data Udienza: 07/05/2014

Motivi della decisione
Di Vaio Rosaria ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della
Corte di Appello di Bologna del 28.03.2012, con la quale – in parziale riforma della
sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Bologna, in data 13.06.2008, in
riferimento al reato ex art. 73, comma V, d.P.R. n. 309/1990 – concesse le
attenuanti generiche, è stata rideterminata la pena in mesi dieci di reclusione ed C
2.400,00 di multa. Alla prevenuta si contesta la cessione di gr. 9,36 di sostanza
stupefacente di tipo hashish.

riferimento alla ritenuta rilevanza penale della condotta, rispetto alla cessione di cui
si tratta nel caso concreto.
Il ricorso in esame muove alle considerazioni che seguono.
Il ricorso risulta inammissibile per manifesta infondatezza. La parte, infatti,
reitera doglianze afferenti alla pretesa irrilevanza penale del fatto, che sono state
compiutamente censite dai giudici del gravame. Ed invero la Corte di Appello, nel
concedere le attenuanti generiche alla prevenuta, ha espressamente considerato il
contesto nel quale la condotta era maturata.
Ciò posto, si osserva che l’inammissibilità del ricorso non impedisce a questa
Corte regolatrice di rilevare di ufficio la prescrizione del reato per il quale si
procede, in ragione delle modifiche normative che sono intervenute dopo il
deposito del presente ricorso. Invero, deve in questa sede ribadirsi l’orientamento
ripetutamente espresso dalla giurisprudenza di legittimità, in base al quale, per il
caso di modifiche normative sopravvenute, l’inammissibilità del ricorso non
impedisce l’adozione di una pronuncia di annullamento da parte della Corte
regolatrice (cfr. Cass. Sez. VI, sentenza n. 21982, del 16 maggio 2013, n. 21982,
Rv 255674, ove l’inammissibilità del ricorso non ha impedito l’annullamento della
sentenza impugnata, in conseguenza della declaratoria di illegittimità costituzionale
della norma applicata al caso di giudizio).
Tanto chiarito, deve considerarsi che, per effetto della sentenza della Corte
Costituzionale n. 32 del 12 febbraio 2014, la disciplina in materia di sostanze
stupefacenti che viene in rilievo è quella prevista dal d.P.R. n. 309/1990, nella
versione antecedente alle modifiche introdotte dal d.l. 30 dicembre 2005, n. 272,
convertito con modificazioni dalla legge 21 febbraio 2006, n. 49, di talché la pena
per le sostanze di cui alle tabelle II e IV dell’art. 14, risulta ricompresa dal minimo
di due anni al massimo di sei anni di reclusione, oltre la multa. E’ poi appena il caso
di rilevare che nel caso di specie è stata applicata l’ipotesi di cui all’art. 73, comma
V, d.P.R. n. 309/1990, fattispecie interessata dalle modifiche introdotte all’art. 73,
comma V, cit., dall’art. 2, comma 1, d.l. 23 dicembre 2013 n. 146, convertito con
modificazioni dall’art. 1, comma 1, della legge 21 febbraio 2014, n.10.

La parte deduce la violazione di legge ed il vizio motivazionale, in

Ai fini di interesse, ci si limita a rilevare che la fattispecie di cui all’art. 73,
comma V, d.P.R. n. 309/1990, per effetto delle richiamate modifiche, deve
qualificarsi come autonoma ipotesi di reato. Invero, il testo della norma in esame,
per effetto delle modifiche introdotte dalla novella ora richiamata, stabilisce
espressamente che “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque
commette uno dei fatti previsti dal presene articolo che, per i mezzi, le modalità o
le circostanze dell’azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze è di lieve
entità, è punito con le pene della reclusione da uno a cinque anni e della multa da

evidenzia che la disposizione integra una autonoma fattispecie di reato, rispetto
alle più gravi ipotesi previste dal medesimo art. 73, d.P.R. n. 309/1990.
Ebbene, in riferimento ai limiti di pena applicabili al caso di specie, sia con
riguardo alla previsione di cui all’art. 73, comma IV, relativa alle droghe leggere,
sia perché nel caso viene in rilievo l’autonomo reato di cui al V comma, dell’art. 73,
d.P.R. n. 309/1990, per effetto della novella del 2013, si ha che il termine di
prescrizione risulta decorso. Invero, il termine di prescrizione, ai sensi dell’art. 157,
comma 1, cod. pen., risulta per entrambe le ipotesi di reato richiamate pari ad anni
sei, aumentabile nel caso di specie di un quarto, ai sensi dell’art. 161, comma 2,
cod. pen.
Il termine prescrizionale, rispetto al fatto di reato per il quale si procede,
commesso in data 18.05.2006, risulta pertanto spirato in data 18.11.2013.
In assenza dei presupposti legittimanti una pronuncia liberatoria ex art.
129, comma 2, cod. proc. pen., alla luce delle conformi valutazioni espresse dai
giudici di merito in ordine all’affermazione di penale responsabilità dell’imputata, si
impone l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, essendo il reato
estinto per prescrizione.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, essendo il reato estinto per
prescrizione.
Così deciso in Roma, in data 7 maggio 2014.

euro 3.000 a euro 26.000”. Orbene, l’impiego della richiamata clausola di riserva

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