Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32462 del 26/06/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 32462 Anno 2014
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: CIAMPI FRANCESCO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da :

HOXHA NADIR N. IL 20.05.1983;

avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO DI BARI del 29/11/2013

sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. FRANCESCO MARIA CIAMPI, lette le
conclusioni del PG in persona del dott. Massimo Galli che ha chiesto l’annullamento con
rinvio limitatamente al trattamento sanzionatorio

Data Udienza: 26/06/2014

RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d’Appello di Bari , con l’impugnata sentenza resa all’udienza del giorno 29
novembre 2013, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Bari, del 12 luglio
2013, appellata da Hoxha Nadir, rideterminava la pena a quest’ultimo inflitta in anni
cinque e mesi quattro di reclusione ed C 40.000,00 di multa, previo riconoscimento
delle circostanze attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante,
confermando nel resto la impugnata sentenza quanto alla affermazione di penale

d.P.R. n. 309/1990 per aver importato e comunque illecitamente detenuto, senza
l’autorizzazione di cui all’art. 17 stesso d.P.R. complessivi kg.. 567,60 di sostanza
stupefacente del tipo marijuana in parte suddivisi in 503 panetti, custoditi in ventotto
bustoni , sostanza stupefacente che per quantitativo e le modalità di occultamento non
appariva destinata all’uso esclusivamente personale.
2. L’imputato a mezzo del proprio difensore proponeva ricorso per cassazione, deducendo
la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in relazione al
mancato riconoscimento dell’attenuante di cui al comma 7 dell’art. 73 d.P.R. n.
309/1990
3. Con motivi aggiunti depositati in data 17 febbraio 2014 veniva espressamente invocato
il novum costituito dall’intervento del giudice delle leggi di cui alla sentenza n. 32 del
2014
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La lagnanza sollevata con il ricorso è del tutto generica ed infondata, avendo la
Corte territoriale congruamente e logicamente motivato, evidenziando come
l’imputato, in sede di convalida di arresto si sia limitato, costretto per lo più
dall’evidenza dei fatti, ad ammettere gli addebiti, senza peraltro fornire alcun
utile elemento apprezzabile allo svolgimento delle indagini.
Si osserva a riguardo che la giurisprudenza di legittimità (cfr. ex plurimis, Cass.
Sez. 4, Sez. 4, n. 18644 del 04/02/2004, Rv. 228351) ha elaborato parametri di
riferimento sull’attenuante in questione confermandone la concedibilità anche nei
casi in cui la collaborazione si riferisca ad un traffico di sostanze stupefacenti di
modeste dimensioni; alla necessità che le eventuali inerzie investigative non si
risolvano a danno del dichiarante; alla necessità che le informazioni siano dotate
di caratteristiche di specificità e chiarezza senza però che sia necessaria
l’indicazione precisa di nomi, luoghi ecc.; alla non necessaria compresenza del
secondo presupposto per la concessione dell’attenuante previsto dal comma
settimo (la “sottrazione di risorse rilevanti per la commissione dei delitti”).

responsabilità in relazione al reato di cui all’art. 73 comma 11 e 1 bis e 80 comma 2

Va però precisato che il 7^ comma dell’art. 73 in questione richiede un’attività
positiva ulteriore (“si adopera”) che, pur potendosi risolvere nel rendere
dichiarazioni, non può consistere nella mera chiamata in correità o in indicazioni
generiche sulle modalità di consumazione del reato ma richiede, quanto meno,
una concretezza ed efficacia per i fini investigativi anche se non può essere
richiesto un esito inequivocabilmente positivo delle indagini conseguenti. In linea
di diritto si rileva peraltro che il giudizio sulla specificità, chiarezza e concretezza
delle dichiarazioni e quello sull’esistenza di un comportamento positivo, quale

insindacabili in sede di legittimità, ove il giudice di merito si sia attenuto . come
nel caso di specie- a corretti criteri logico giuridici.
2. Vanno comunque esaminati i profili di novità, rilevanti per la presente vicenda
(che attiene a droghe cd. “leggere”), collegati alla decisione n. 32 del 12 febbraio
2014 del giudice delle leggi che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli
artt. 4-bis e 4-vicies ter del decreto legge 30 dicembre 2005 n. 272 convertito,
con modificazioni, dall’art. 1 comma 1 della legge 21 febbraio 2006, n. 49,
avuto riguardo alla carenza dei presupposti ex art. 77, secondo comma, Cost.,
nonché all’emanazione del decreto legge 20 marzo 2014, n. 36, convertito con
modificazioni nella legge 16 maggio 2014, n. 79, introdotto per porre rimedio
alle criticità conseguenti alla pronuncia del giudice delle leggi ed a ripristinare
sostanzialmente, nel solco di tale pronuncia, la normativa in vigore alla data di
pubblicazione della decisione stessa.
Da ciò la conseguenza che, a seguito della caducazione delle disposizioni
impugnate, debbono tornare ad essere applicate l’art. 73 del d.P.R. n. 309/1990
nella formulazione ante novella del 2006 e le relative tabelle, in quanto mai
validamente abrogate.
3. La Corte Costituzionale, infatti, una volta stabilito che, dichiarata l’illegittimità
costituzionale delle disposizioni impugnate, riprende applicazione l’art. 73 del
d.P.R. n. 309/1990 nel testo anteriore alle modifiche con queste apportate, ha
osservato che, mentre esso prevedeva un trattamento sanzionatorio più mite,
rispetto a quello caducato, per gli illeciti concernenti le cd. “droghe leggere”
(puniti con la pena della reclusione da due a sei anni e della multa, anziché con la
pena della reclusione da sei a venti anni), viceversa stabiliva sanzioni più severe
per i reati concernenti le cd. “droghe pesanti”(puniti con la pena della reclusione
da otto a venti anni, anziché con quella da sei a venti anni).
La stessa Corte ha inoltre ritenuto opportuno chiarire, quanto agli effetti sui singoli
imputati, che è compito del giudice ordinario, quale interprete delle leggi, impedire
che la dichiarazione di illegittimità costituzionale vada a detrimento delle relative
posizioni giuridiche, tenendo conto dei principi in materia di successioni di leggi

quello descritto nel comma settimo in esame, costituiscono accertamenti di fatto,

penali nel tempo ex art. 2 c.p., che implicano l’applicazione della norma penale più
favorevole al reo.
Deve conseguentemente ritenersi che la disciplina dei reati de quibus contenuta
nel d.P.R. n. 309/1990, nella versione precedente alla novella del 2006 e nella
specie più favorevole (trattandosi di droghe leggere) debba esser’ applicata dal
giudice di merito.
4. La gravata sentenza va pertanto annullata limitatamente al trattamento
sanzionatorio con rinvio per nuovo esame sul punto ad altra sezione della Corte

P.Q.M.
annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio e rinvia per nuovo
esame sul punto ad altra sezione della Corte d’Appello di Bari. Rigetta nel resto il ricorso_

Così deciso nella camera di consiglio del 26 giugno 2014

IL CONSIGLIERE ESTENSORE

IL PR SIDENTE

d’Appello di Bari, con rigetto di ogni ulteriore censura.

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