Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32460 del 26/06/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 32460 Anno 2014
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: CIAMPI FRANCESCO MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da :

PAVON PAOLA GIUSEPPINA LUCIA N. IL 19.03.1967;

avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO DI TRIESTE del 20/05/2013

sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. FRANCESCO MARIA CIAMPI, lette le
conclusioni del PG in persona del dott. Massimo Galli che ha chiesto l’annullamento con
rinvio limitatamente al trattamento sanzionatorio

Data Udienza: 26/06/2014

RITENUTO IN FATTO
• 1. La Corte d’Appello di Trieste , con l’impugnata sentenza resa all’udienza del giorno 20
maggio 2013, in parziale riforma della sentenza del GIP presso il Tribunale di Udine,
del 13 giugno 2012, appellata da Colonnello Paolo e Pavon Paola Giuseppina Lucia,
rideterminava la pena inflitta al Colonello e confermava la decisione di primo grado
quanto alla Pavon, ritenuta responsabile in primo grado (e condannata alla pena di anni
due e mesi otto di reclusione ed C 12.000,00 di multa) del solo reato ascrittole al

artt. 110 c.p., 73 co 1 bis d.P.R. n. 309/1990, perché senza l’autorizzazione di cui
all’art. 17, deteneva in concorso con il Colonello, all’interno dell’appartamento sito in
San Giorgio di Nogaro, via Ponte Orlando n. 12, complessivi gr. 2,101 di sostanza
stupefacente del tipo marijuana in parte suddivisi in 12 scatole/borse ed in parte
appese alle travi del sottotetto ad essiccare,nonché una bottiglia di un litro ed una
damigiana da cinque litri entrambe piene di una sostanza liquida alcolica in cui erano
immerse ulteriori foglie ed infiorescenze di marijuana , sostanza stupefacente che per
quantitativo non appariva destinata all’uso esclusivamente personale.
2. La Pavon propone personalemente ricorso per cassazione, deducendo la inosservanza
ed erronea applicazione della legge penale

e la mancanza, contraddittorietà o

manifesta illogicità della motivazione in relazione alla affermazione di penale
responsabilità sostenendo trattarsi di connivenza non punibile
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. La lagnanza sollevata con il ricorso è del tutto generica ed infondata, avendo la Corte
territoriale congruamente e logicamente motivato, evidenziando come il ruolo della
Pavon non poteva essere ricondotto alla mera connivenza, risultando il suo consapevole
coinvolgimento nell’attività delittuosa, apprezzandone il concorso materiale, con la
messa a disposizione della comune abitazione lei intestata, ritenuta sicura per lo
svolgimento delle varie fasi della preparazione della sostanza stupefacente
(essiccamento, confezionamento e custodia) e morale, sotto il profilo del rafforzamento
dell’altrui condotta illecita, con partecipazione altresì ai ricavi conseguiti dalla cessione a
terzi della sostanza. Dette affermazioni sono assolutamente in linea con la
giurisprudenza di questa Corte (cfr. ex plurimis, Cass. Sez. 4 n. 4055 del 12/12/2013,
Rv. 258186 ) che ha precisato come in tema di detenzione di sostanze stupefacenti, la
distinzione tra connivenza non punibile e concorso nel reato commesso da altro
soggetto va individuata nel fatto che la prima postula che l’agente mantenga un
comportamento meramente passivo, inidoneo ad apportare alcun contributo alla
realizzazione del reato, mentre il secondo richiede un contributo partecipativo positivo morale o materiale – all’altrui condotta criminosa, anche in forme che agevolino o

capo A). In particolare era stato contestato alla Pavon il reato previsto e punito dagli

rafforzino il proposito criminoso del concorrente. (Fattispecie nella quale la Corte ha
escluso la configurabilità del concorso nell’altrui illecita detenzione di stupefacente di un
soggetto che si era limitato ad accompagnare un amico in treno, pur consapevole che
quest’ultimo doveva acquistare droga).
4. Vanno comunque esaminati i profili di novità, rilevanti per la presente vicenda (che
attiene a droghe cd. “leggere”), collegati alla decisione n. 32 del 12 febbraio 2014 del
giudice delle leggi che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt.

4-bis e 4-

vicies ter del decreto legge 30 dicembre 2005 n. 272 convertito, con modificazioni,

presupposti ex art. 77, secondo comma, Cost., nonché all’emanazione del decreto legge
20 marzo 2014, n. 36, convertito con modificazioni nella legge 16 maggio 2014, n. 79,
introdotto per porre rimedio alle criticità conseguenti alla pronuncia del giudice delle
leggi ed a ripristinare sostanzialmente, nel solco di tale pronuncia, la normativa in
vigore alla data di pubblicazione della decisione stessa.
Da ciò la conseguenza che, a seguito della caducazione delle disposizioni
impugnate, debbono tornare ad essere applicate l’art. 73 del d.P.R. n. 309/1990
nella formulazione ante novella del 2006 e le relative tabelle, in quanto mai
validamente abrogate.
La Corte Costituzionale, infatti, una volta stabilito che, dichiarata l’illegittimità
costituzionale delle disposizioni impugnate, riprende applicazione l’art. 73 del
d.P.R. n. 309/1990 nel testo anteriore alle modifiche con queste apportate, ha
osservato che, mentre esso prevedeva un trattamento sanzionatorio più mite,
rispetto a quello caducato, per gli illeciti concernenti le cd. “droghe leggere”
(puniti con la pena della reclusione da due a sei anni e della multa, anziché con la
pena della reclusione da sei a venti anni), viceversa stabiliva sanzioni più severe
per i reati concernenti le cd. “droghe pesanti”(puniti con la pena della reclusione
da otto a venti anni, anziché con quella da sei a venti anni).
La stessa Corte ha inoltre ritenuto opportuno chiarire, quanto agli effetti sui singoli
imputati, che è compito del giudice ordinario, quale interprete delle leggi, impedire
che la dichiarazione di illegittimità costituzionale vada a detrimento delle relative
posizioni giuridiche, tenendo conto dei principi in materia di successioni di leggi
penali nel tempo ex art. 2 c.p., che implicano l’applicazione della norma penale più
favorevole al reo.
Deve conseguentemente ritenersi che la disciplina dei reati de quibus contenuta
nel d.P.R. n. 309/1990, nella versione precedente alla novella del 2006 e nella
specie più favorevole (trattandosi di droghe leggere) debba esseri applicata dal
giudice di merito.

dall’art. 1 comma 1 della legge 21 febbraio 2006, n. 49, avuto riguardo alla carenza dei

5.

La gravata sentenza va pertanto annullata limitatamente al trattamento sanzionatorio
con rinvio per nuovo esame sul punto ad altra sezione della Corte d’Appello di Trieste,
con rigetto di ogni ulteriore censura. A norma dell’art. 587 c.p.p. l’effetto
dell’impugnazione va esteso anche al coimputato Colonello e per entrambi i reati per cui
la gravata sentenza ne ha affermato la penale responsabilità, non trattandosi comunque
difatti naturaIisticamente diversi

,

z t:o

rturr- • L: 11)ze-3 —

annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio nei confronti di
Pavon Paola Giuseppina Lucia, nonché per l’effetto estensivo anche nei confronti di Colophello
Paolo e rinvia per nuovo esame al riguardo ad altra sezione della Corte d’Appello di Trieste.
Rigetta nel resto il ricorso della Pavon..

Così deciso nella camera di consiglio del 26 giugno 2014

IL CONSIGLIERE ESTENSORE

IL PRESIDENTE

P.Q.M.

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