Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3246 del 12/12/2012


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 3246 Anno 2013
Presidente: GRASSI ALDO
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Vernesoni Roberto, nato a Mantova il 26/08/1951

avverso il decreto del G.i.p. presso il Tribunale di Cagliari del 03/08/2009 R.G. 4554/2009;
visti gli atti, il provvedimento impugnato, il ricorso e le richieste del Procuratore Generale;
udita in Camera di Consiglio la relazione svolta dal Consigliere Giuseppe De Marzo.

RITENUTO IN FATTO
1. Con decreto datato 03/08/2009, il G.i.p. presso il Tribunale di Cagliari ha dichiarato
inammissibile l’opposizione proposta da Roberto Vernesoni nei confronti della richiesta di
archiviazione del P.M., in relazione al proc. pen. n. 5185/09 R.G.N.R., ritenendo non fondata
la notizia di reato, dal momento che doveva ritenersi scriminata ai sensi dell’art. 51 cod. pen.
la condotta diffamatoria attribuita a Luciano Torru, il quale, nell’ambito di un articolo
riguardante un’indagine per omicidio, nel quale si parlava dell’incontro di alcune persone con
il colonnello della Guardia di Finanza Roberto Vernesoni, aveva definito quest’ultimo come
“trafficante di droga” e “personaggio della malavita chic”. In particolare, il giudice ha rilevato
che il Vernesoni era stato condannato in primo grado alla pena di otto anni e quattro mesi di
reclusione per il delitto di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990 e che le pubbliche funzioni
ricoperte giustificavano la scelta di espressioni colorite per criticare tale condotta. In tale
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Data Udienza: 12/12/2012

contesto, le ulteriori indagini richieste non si ponevano in rapporto di pertinenza e di
rilevanza rispetto alle ragioni poste a fondamento dell’archiviazione.
2. Avverso tale decreto è stato presentato nell’interesse della Pacini ricorso per cassazione,
affidato ad un unico, articolato motivo, formulato ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b)
cod. proc. pen.
Il ricorrente, premesso che il provvedimento di archiviazione non era stato notificato né al
ricorrente, né al suo difensore, lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 409 e 410,
in relazione agli artt. 178, comma 1, cod. proc. pen.; nonché violazione e falsa applicazione

48 della Carta di Nizza. In particolare, egli si duole del fatto che il G.i.p., anziché delibare
l’ammissibilità dell’opposizione, sia entrato nel merito della fondatezza dell’accusa, senza
considerare che le indagini richieste avevano il carattere della pertinenza e della rilevanza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.UpRosizionelè fondata,
In diritto, va premesso che questa Corte (sin dalla fondamentale Sez. U. n. 2 del
14/02/1996, Testa, Rv. 204133) ha enunciato i seguenti principi:
a) sulla base di un’interpretazione costituzionalmente orientata del combinato disposto degli
art. 409, commi 1, 2, 6, e 410 cod. proc. pen., l’esercizio da parte del G.i.p. del potere
interdittivo all’accesso della parte offesa al procedimento di archiviazione, attraverso la
declaratoria di inammissibilità dell’opposizione, ove avvenga in violazione delle condizioni di
legge, rende impugnabile per cassazione il decreto di archiviazione, in quanto l’arbitraria
ovvero illegittima declaratoria di inammissibilità sacrifica il diritto della parte offesa al
contraddittorio in termini equivalenti, se non maggiormente lesivi, rispetto alle ipotesi di
mancato awiso per l’udienza camerale;
b) il contraddittorio orale rappresenta, dunque, la regola fondamentale del procedimento di
archiviazione, sicché, a fronte dell’opposizione della persona offesa alla richiesta di
archiviazione, il G.i.p. deve, di norma, provvedere a fissare l’udienza camerale per la
decisione nel contraddittorio, tra l’indagato e la parte lesa, sulla richiesta del P.M.;
c) il diritto della parte offesa al contraddittorio orale risulta, peraltro, inoperante in due soli
casi, ossia quando non sia stata presentata tempestiva opposizione,owero quando la parte
offesa non abbia ottemperato all’onere, imposto a pena d’inammissibilità (art. 410, comma
1, cod. proc. pen.), di indicare i temi dell’investigazione suppletiva e i relativi elementi di
prova.
Questi ultimi devono caratterizzarsi — e ciò vale a circoscrivere il giudizio di ammissibilità per la pertinenza, ossia per la inerenza rispetto alla notizia di reato, e per la rilevanza, ossia
per l’incidenza concreta sulle risultanze dell’attività compiuta nel corso delle indagini
preliminari, senza peraltro che il giudice abbia il potere di apprezzarne la capacità probatoria,
non potendo il G.i.p. anticipare, attraverso il decreto, valutazioni di merito in ordine alla
fondatezza o all’esito delle indagini suppletive indicate, dal momento che l’opposizione è

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degli artt. 595 cod. pen., anche in relazione agli art 6, par. 1 e 2 CEDU e 47, par. 1 e 2, e

rivolta esclusivamente a sostituire il provvedimento de plano con il rito camerale (su
quest’ultimo punto, v., anche, Sez. 4, n. 41625 del 27/10/2010, Rv. 248914).
Ciò posto, nel caso di specie, l’atto di opposizione era accompagnato dalla richiesta di
audizione della persona offesa a chiarimento dei fatti e di acquisizione dell’atto di appello
avverso la sentenza di condanna del Tribunale. Esso, in definitiva, sollecitava un
approfondimento in astratto funzionale a superare le conclusioni in ordine alla sussistenza
della ritenuta scriminante di cui all’art. 51 cod. pen.
Esclusa l’inammissibilità dell’opposizione, il G.i.p. avrebbe, pertanto, dovuto fissare l’udienza

P. Q. M.
Annulla il decreto impugnato e rinvia al Tribunale di Cagliari per nuovo esame.
Così deciso in Roma il 12/12/2012

Il Consigliere estensore

Il Presidente

camerale.

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