Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32456 del 16/07/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 32456 Anno 2014
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: APRILE ERCOLE

SENTENZA

sul ricorso presentato da
Lo Presti Natale, nato a Messina il 08/03/1963

avverso l’ordinanza del 24/03/2014 del Tribunale di Messina;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Ercole Aprile;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Aldo
Policastro, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per l’imputato l’avv. Candido Bonaventura, che ha concluso chiedendo
l’annullamento della ordinanza impugnata.

RITENUTO IN FATTO
E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con l’ordinanza sopra indicata il Tribunale di Messina, in accoglimento
dell’appello

ex art. 310 cod. proc. pen. avanzato dal P .M., annullava il

provvedimento del 22/01/2014 con il quale il Collegio dello stesso Tribunale,
quale giudice del dibattimento, aveva revocato la misura degli arresti domiciliari

Data Udienza: 16/07/2014

alla quale era stato sottoposto Natale Lo Presti, in relazione ad una serie di reati
di truffa aggravata, e disponeva nei riguardi del prevenuto la meno gravosa
misura del divieto di dimora nel comune di Messina.
Rilevava il Tribunale come gli elementi evidenziati dal Collegio del dibattimento
– il decorso del tempo, l’intervenuta apertura dell’istruttoria dibattimentale e
l’avviso dell’attività di assunzione delle prove – fossero ‘neutri’ e, comunque,
inidonei a far ritenere oramai cessata la già riconosciuta esigenza di evitare che
l’imputato potesse tornare a commettere reati della stessa specie di quelli

ed il tempo già trascorso in stato di arresto in casa potesse giustificare ad
applicare la suddetta meno gravosa misura cautelare, in ogni caso idonea a
fronteggiare i residui bisogni di cautela.

2. Avverso tale ordinanza ha presentato ricorso il Lo Presti, con atto
sottoscritto dal suo difensore avv. Bonaventura Candido, il quale ha dedotto i
seguenti due motivi.
2.1. Vizio di motivazione, per contraddittorietà ed illogicità, per avere il
Tribunale dell’appello erroneamente ed illogicamente ritenuto la permanenza dei
gravi indizi di colpevolezza a carico del Lo Presti in ordine ai delitti ascrittigli
quale gestore delle società Sicilia Service e Na.Pi. Service, laddove gli atti a
disposizione avevano escluso che lo stesso avesse amministrato ovvero avesse
posseduto quote di quelle imprese collettive, e che l’ipotesi accusatoria era stata
basata sui risultati di una consulenza tecnica affidata dal P.M. al dr. Giuseppe
Barreca, svolta in maniera lacunosa e inadeguata.
2.2. Violazione di legge, in relazione agli artt. 273, 274 e 275 cod. proc. pen.,
per avere il Tribunale di Messina disposto l’applicazione della indicata misura
cautelare, scelta con finalità punitiva e persecutoria, senza considerare che il Lo
Presti è soggetto incensurato e alla prima esperienza giudiziaria, che i fatti di
causa risalgono al periodo 2008-2009 e che il prevenuto è titolare di una ditta
individuale che non opera nel settore dei corsi professionali

3. Ritiene la Corte che il ricorso vada accolto, sia pur nei limiti di seguito
precisati.

3.1. Il primo motivo del ricorso è inammissibile per violazione per principio
devolutivo.
Costituisce ius receputm nella giurisprudenza di legittimità il principio per il
quale il tribunale in sede di appello ex art. 310 cod. proc. pen., a differenza di
quello del riesame, per il quale si prescinde dal principio di stretta devoluzione,

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addebitatigli; ma che il ruolo rivestito dal Lo Presti nelle vicende in contestazione

ha cognizione circoscritta ai punti della decisione che hanno formato oggetto di
censura, secondo la norma generale di cui all’art. 597, comma 1, cod. proc. pen.
L’appello ex art. 310, infatti, implica il cosiddetto giudicato cautelare, e cioè una
situazione immutabile rebus sic stanbbus, sicché le parti hanno un onere di
doglianza specifica cui fa riscontro un obbligo specifico di decisione, con
conseguente impossibilità di andare ultra petita, al di fuori dell’ambito devoluto
(così, tra le tante Sez. 6, n. 6592, del 25/01/2013, Rv. 254578; Sez. 1, n. 43913
del 02/07/2012, Rv. 253786; Sez. 6, n. 19008 del 17/04/2012, Rv. 252874).

consentito l’esercizio da parte del Tribunale del più ampio potere di
argomentazione delle ragioni afferenti ai bisogni di cautela, ogni questione
concernente la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e la configurabilità dei
reati contestati all’imputato è estranea all’odierno

thema decidendum,

circoscritto dall’appello presentato dal P.M. alle sole questioni inerenti alla
esistenza delle esigenze di cautela ed al ripristino di una misura nei riguardi del
prevenuto.

3.1. Il secondo motivo del ricorso è stato presentato per fare valere ragioni
diverse da quelle consentite dalla legge.
Lungi dall’evidenziare manifeste lacune o incongruenze capaci di disarticolare
l’intero ragionamento probatorio adottato dai giudici di merito, il ricorrente ha
formulato censure che si risolvono in una diversa valutazione delle circostanze
già valutate dal Tribunale dell’appello: censure, come tali, non esaminabili dalla
Cassazione. Ed infatti, è pacifico come il controllo dei provvedimenti di
applicazione della misure limitative della libertà personale sia diretto a verificare
la congruenza e la coordinazione logica della motivazione che collega il valore
sintomatico degli indizi in relazione alla sussistenza di esigenze cautelari e alla
scelta di una misura adeguata alle medesime esigenze e proporzionata ai fatti.
Controllo che non può comportare un coinvolgimento del giudizio ricostruttivo del
fatto e gli apprezzamenti del giudice di merito in ordine all’attendibilità delle
fonti ed alla rilevanza e concludenza dei risultati del materiale probatorio,
quando la motivazione sia adeguata, coerente ed esente da errori logici e
giuridici.
Questa Corte ha, dunque, il compito di verificare se il giudice di merito abbia
dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la
gravità del quadro indiziario e l’esistenza di bisogni di cautela a carico
dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la
valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di
diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie, nella peculiare

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In applicazione di tale regula iuris bisogna prendere atto come, mentre era

prospettiva dei procedimenti incidentali de libertate (si veda, ex multis, Sez. U,
n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828).
Alla luce di tali regulae iuris, bisogna riconoscere come i giudici di merito
abbiano dato puntuale contezza degli elementi indiziari sui quali si fonda il
provvedimento cautelare. Dati informativi dai quali, in termini esaurientemente
congrui e logicamente ineccepibili, il Tribunale ha, per un verso, sottolineato
come il Giudice di dibattimento avesse irragionevolmente giustificato la revoca
della misura cautelare in corso con un’asserita sopravvenuta cessazione delle già

– quali il decorso del tempo, l’avviato giudizio e l’instaurata istruttoria
dibattimentale – per altro verso, posto in evidenza come l’assoluta gravità di
condotte truffaldine, poste dal Lo Presti in essere in danno dell’ente regionale con
la prolungata appropriazione di milioni di euro di contributi pubblici, e come la
personalità del predetto, negativamente lumeggiata da una non comune
disinvoltura e spregiudicatezza nel dirigere un sistema complesso ed organizzato
di iniziative delittuose, avessero dimostrato la sussistenza di un concreto rischio
che lo stesso potesse tornare a commettere reati della stessa specie di quelli per
i quali si procede: pericolo attuale se è vero che, come convincentemente posto
in evidenza dai Giudici della cautela, il lo Presti risulta tuttora attivo nel settore
della formazione mediante la gestione di un’altra società, la Plain Assistance s.r.l.
Tuttavia è fondata la doglianza finale in ordine al vizio di motivazione circa la
scelta della misura di cui è stata disposta l’applicazione, apparendo priva di
adeguata giustificazione la decisione, basata solo su un generico riferimento alla
necessità di tenere l’interessato lontano dal /ocus commissi delicti, di applicare la
lieve misura del divieto di dimora nel comune di residenza di Messina per fare
fronte all’indicato bisogno di tutela della collettività rispetto alla tipologia dei
reati contestati.
Tanto impone l’annullamento della ordinanza impugnata con rinvio, per nuova
deliberazione su tale specifico aspetto, al Tribunale di Messina.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia, per nuova deliberazione, al Tribunale di
Messina.
Così deciso il 16/07/2014

riconosciute esigenze cautelari per circostanze di valore sostanzialmente ‘neutro’

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