Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32452 del 16/07/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 32452 Anno 2014
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: APRILE ERCOLE

SENTENZA

sul ricorso presentato da
Capone Natale, nato a Messina il 19/02/1965

avverso l’ordinanza del 24/03/2014 del Tribunale di Messina;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Ercole Aprile;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Aldo
Policastro, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per l’imputato l’avv. Tommaso Autru Ryolo, che ha concluso chiedendo
l’annullamento della ordinanza impugnata.

RITENUTO IN FATTO
E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con l’ordinanza sopra indicata il Tribunale di Messina, in accoglimento
dell’appello

ex art. 310 cod. proc. pen. avanzato dal P.M., annullava il

provvedimento del 22/01/2014 con il quale il Collegio dello stesso Tribunale,
quale giudice del dibattimento, aveva revocato la misura degli arresti domiciliari

Data Udienza: 16/07/2014

alla quale era stato sottoposto Natale Capone, in relazione ad una serie di reati
di truffa aggravata, e disponeva nei riguardi del prevenuto la meno gravosa
misura del divieto di dimora nel comune di Messina.
Rilevava il Tribunale come gli elementi evidenziati dal Collegio del dibattimento
– il decorso del tempo, l’intervenuta apertura dell’istruttoria dibattimentale e
l’avviso dell’attività di assunzione delle prove – fossero ‘neutri’ e, comunque,
inidonei a far ritenere oramai cessata la già riconosciuta esigenza di evitare che
l’imputato potesse tornare a commettere reati della stessa specie di quelli

in contestazione potesse giustificare ad applicare la suddetta meno gravosa
misura cautelare, in ogni caso idonea a fronteggiare i residui bisogni di cautela.

2. Avverso tale ordinanza ha presentato ricorso Natale Capone, con atto
sottoscritto dai suoi difensori avv. Tommaso Autru Ryolo e avv. Assunta Massaro,
il quale, con un unico ed articolato punto, ha dedotto la violazione di legge, in
relazione agli artt. 306, 310, 568 e segg. cod. proc. pen., e la mancanza di
motivazione, per avere il Tribunale dell’appello, in violazione del principio
devolutivo, disposto l’applicazione nei suoi confronti di una misura cautelare
diversa da quella indicata dal P.M. impugnante; e per avere, peraltro, fatto
riferimento ad esigenze cautelari fronteggiabili anche con l’applicazione delle
ancora meno afflittive misure interdittive di cui all’art. 290 cod. proc. pen.

3. Ritiene la Corte che il ricorso vada accolto, sia pure nei limiti di seguito
indicati.

3.1. I motivi del ricorso, nella loro prima e principale parte espositiva, sono
manifestamente infondati, in quanto costituisce

ius receptum

nella

giurisprudenza di questa Corte il principio – di cui il Tribunale di Messina ha fatto
corretta applicazione – secondo il quale, in tema di misure cautelari personali,
non viola il principio devolutivo il giudice dell’appello cautelare che, in luogo della
misura richiesta dal P.M., ne applichi una meno afflittiva, implicitamente insita
nella prima, non essendo egli in tal caso vincolato alla rigida alternativa tra
l’accoglimento integrale dell’impugnazione ed il rigetto integrale della stessa
(così Sez. 3, n. 27506 del 05/06/2008, Rv. 240253).

3.2. Gli stessi motivi, nella loro seconda parte finale, sono inammissibili perché
generici.
Nella giurisprudenza di legittimità si è avuto modo ripetutamente di chiarire
che il requisito della specificità dei motivi implica non soltanto l’onere di dedurre

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addebitatigli; ma che il ruolo secondario rivestito dal Natale Capone nelle vicende

le censure che la parte intenda muovere in relazione ad uno o più punti
determinati della decisione, ma anche quello di indicare, in modo chiaro e
preciso, gli elementi che sono alla base delle censure medesime, al fine di
consentire al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare
il proprio sindacato (così, tra le tante, Sez. 3, n. 5020 del 17/12/2009, Valentini,
Rv. 245907, Sez. 4, n. 24054 del 01/04/2004, Distante, Rv. 228586; Sez. 2, n.
8803 del 08/07/1999, Albanese, Rv. 214249).
Nel caso di specie il ricorrente si è limitato ad enunciare, in forma molto

territoriale, prospettando una violazione di legge ed un vizio di motivazionale
nella parte in cui non sarebbe stata disposta l’applicazione di una misura ancora
meno gravosa quale quella interdittiva, senza, tuttavia, specificare gli aspetti di
criticità di passaggi giustificativi della decisione, cioè omettendo di confrontarsi
realmente con la motivazione della sentenza gravata; pronuncia con la quale
erano stati analiticamente indicati i plurimi elementi, non limitati alla sola
accertata persistente carica di amministratore di talune associazioni rivestita
dall’imputato, idonei a giustificare l’affermazione di permanenza del rischio di
recidiva e del già riconosciuto, connesso bisogno cautelare di tutela della
collettività.

4. E’ fondata, invece, la doglianza finale in ordine al vizio di motivazione circa
la scelta della misura di cui è stata disposta l’applicazione, apparendo priva di
adeguata giustificazione la decisione, basata solo su un generico riferimento alla
necessità di tenere l’interessato lontano dal /ocus commissi delicti, di applicare la
lieve misura del divieto di dimora nel comune di residenza di Messina per fare
fronte all’indicato bisogno di tutela della collettività rispetto alla tipologia dei
reati contestati.
Tanto impone l’annullamento della ordinanza impugnata con rinvio, per nuova
deliberazione su tale specifico aspetto, al Tribunale di Messina.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia, per nuova deliberazione, al Tribunale di
Messina.
Così deciso il 16/07/2014

indeterminata, il dissenso rispetto alle valutazioni compiute dalla Corte

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