Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32438 del 09/07/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 32438 Anno 2014
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: LOMBARDO LUIGI GIOVANNI

SENTENZA
sul ricorso proposto da
LOMBARDI Angelo, n. il 5.4.1957;
avverso l’ordinanza del Tribunale di Brindisi in data 13.2.2014;
Sentita la relazione del Consigliere Luigi Lombardo;
Udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale Roberto Aniello,
che ha concluso per il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Lombardi Angelo (indagato per il delitto di cui all’art. 633 cod. pen.
per avere occupato arbitrariamente un alloggio popolare di proprietà dello
I.A.C.P.) ricorre per cassazione – a mezzo del suo difensore – avverso
l’ordinanza del Tribunale di Brindisi del 13.2.2014, emessa in sede di
appello, che ha confermato l’ordinanza del G.I.P. del locale Tribunale, con
la quale era stata respinta la istanza di dissequestro dell’immobile.
Deduce la violazione degli artt. 125 e 321 cod. proc. pen., la
violazione e la falsa applicazione dell’art. 2 della legge della Regione
Puglia n. 54/1984 e dell’art. 60 della legge delle Regione Puglia n.
1/2005, nonché la mancanza di motivazione della ordinanza impugnata.

Data Udienza: 09/07/2014

Deduce, in particolare, che il Tribunale avrebbe errato nel confermare il
diniego della revoca del sequestro dello alloggio di proprietà dello I.A.C.P.
sulla base del rilievo che l’indagato non aveva titolo per la
regolarizzazione della sua posizione con lo I.A.C.P.; ciò perché il
Lombardi aveva avviato la pratica di regolarizzazione della sua posizione
ai sensi delle leggi regionali vigenti e il Tribunale non aveva titolo per

peraltro, il periculum in mora posto a base del sequestro, perché
l’occupazione sarebbe protratta nel tempo e sarebbe prossima la
definitiva assegnazione dell’immobile al Lombardi.
CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è inammissibile.
Va premesso che, secondo la giurisprudenza di questa Corte
suprema, le condizioni generali per l’applicabilità delle misure cautelari
personali, indicate nell’art. 273 c.p.p., non sono estensibili – per le loro
peculiarità – alle misure cautelari reali, essendo preclusa per queste
ultime, in sede di verifica della legittimità del provvedimento di sequestro
preventivo di un bene, ogni valutazione sulla sussistenza degli indizi di
colpevolezza a carico dell’indagato e sulla gravità degli stessi (Cass., Sez.
Un., n. 4 del 23/03/1993 Rv. 193117); le condizioni necessarie e
sufficienti per disporre il sequestro preventivo consistono, quanto al
fumus commissi delicti, nella astratta configurabilità – nel fatto attribuito

all’indagato ed in relazione alle concrete circostanze indicate dal pubblico
ministero – di una ipotesi criminosa, senza che rilevino né la sussistenza
degli indizi di colpevolezza, né la loro gravità e, quanto al periculum in
mora, nella presenza di seri indizi della esistenza del periculum in mora

e/o delle condizioni che legittimano la confisca (Cass., Sez. Un., n. 920
del 17/12/2003 Rv. 226492; più di recente: Sez. 4, n. 15448 del
14/03/2012 Rv. 253508; Sez. 6, n. 35786 del 21/06/2012 Rv. 254394;
Sez. 5, n. 18078 del 26/01/2010 Rv. 247134).
Va ancora premesso che, contro le ordinanze emesse a norma
dell’art. 324 c.p.p. in materia di sequestro preventivo (ma per effetto del
rinvio operato dall’art. 257 c.p.p. alla disposizione anzidetta il discorso
vale anche per il sequestro probatorio), il ricorso per cassazione è

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stabilire se lo stesso ne avesse diritto o meno. Non sussisterebbe,

ammesso solo per “violazione di legge” (art. 325/1 c.p.p.), e non invece – per vizi della motivazione, neppure nella forma della illogicità
manifesta.
Sul punto, va tuttavia chiarito che, secondo questa Corte, nella
nozione di violazione di legge devono comprendersi non solo gli “errores
in iudicando” o quelli “in procedendo”, ma anche la mancanza o la mera

della norma che impone l’obbligo di motivare i provvedimenti
giurisdizionali (Cass., Sez. Un., n. 25080 del 28/05/2003 Rv. 224611;
Sez. Un., n. 25932 del 29/05/2008 Rv. 239692); la mancanza o la mera
apparenza della motivazione – tuttavia – integrano gli estremi della
violazione di legge solo quando l’apparato argomentativo che dovrebbe
giustificare il provvedimento o manchi del tutto o risulti privo dei requisiti
minimi di coerenza, di completezza e di ragionevolezza, in guisa da
apparire assolutamente inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario
logico seguito dall’organo investito del procedimento (Cass., Sez. Un., n.
25932 del 29/05/2008 Rv. 239692; Sez. Un., n. 5876 del 28/01/2004
Rv. 226710; nello stesso senso, più di recente, Sez. 6, n. 6589 del
10/01/2013 Rv. 254893).
Orbene, nel caso di specie, il Tribunale ha congruamente giustificato
il proprio provvedimento quanto alla sussistenza del

fumus commissi

delicti, in conformità ai principi di diritto dettati da questa Corte suprema,

secondo cui «L’occupazione “sine titulo” di un alloggio in proprietà
dell’Istituto autonomo case popolari integra il reato di invasione arbitraria
di edifici anche nell’ipotesi in cui l’occupante abbia presentato una
regolare istanza di assegnazione dell’immobile ed il relativo procedimento
non sia stato ancora definito» (Sez. 2, n. 12752 del 08/03/2011 Rv.
250050) e «Integra il delitto di invasione di edifici la condotta di chi
occupa “sine titulo” un alloggio in proprietà dell’Istituto autonomo case
popolari, anche se con l’acquiescenza di fatto di detto ente pubblico»
(Sez. 2, n. 40822 del 09/10/2008 Rv. 242242).
Deve con certezza escludersi che ricorra quella apparenza della
motivazione che legittimerebbe l’intervento di questa Corte suprema.
Manifestamente infondato è poi la censura con la quale si assume la

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apparenza della motivazione, in quanto esse determinano la violazione

insussistenza del periculum in mora, posto ché il delitto di cui all’art. 633
cod. pen. è di natura permanente e il sequestro punta ad interrompere la
prosecuzione dell’attività delittuosa.
Quanto a quella parte della motivazione della ordinanza impugnata
nella quale si esamina la fondatezza della pretesa dell’indagato di
regolarizzare la sua posizione nei confronti dello IACP, se è vero che non

(che sono di competenza esclusiva della pubblica amministrazione), è
elt
anche veroq passaggio motivazionale di cui sopra costituisce un obiter

dictum, ininfluente al fine di dimostrare la sussistenza delle condizioni di
legge che legittimano il mantenimento del sequestro.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., il ricorrente va condannato
al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili
di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al
pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di euro
mille, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
dichiara inammissibile il ricorso e condanna4 ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione
Penale, addì 9 luglio 2014.

compete al Tribunale esprimersi sull’iter dei procedimenti amministrativi

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