Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32433 del 17/04/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 2 Num. 32433 Anno 2013
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: IASILLO ADRIANO

SENTENZA

Sul ricorso proposto dall’Avvocato Gaetano Falciani, quale difensore di
Ferrante Giovanni (n. il 01/07/1983), avverso l’ordinanza del Tribunale di
Potenza, in data 02/08/2012.
Sentita la relazione della causa fatta dal Consigliere Adriano !asili°.
Udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, dottor Giuseppe
Volpe, il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
Osserva:

Data Udienza: 17/04/2013

z

Con ordinanza del 19.07.2012, il G.I.P. del Tribunale di Potenza emise
la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di Ferrante
Giovanni, indagato per i reati di rapina aggravata e sequestro di persona.
Avverso il provvedimento di cui sopra l’indagato propose istanza di
riesame ma il Tribunale di Potenza, con ordinanza del 02.08.2012, la
respinse.
mancanza e la manifesta illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta
sussistenza e attualità delle esigenze cautelari (fatti del 2010 e misura del
2012) e dell’adeguatezza della misura.
Il difensore del ricorrente conclude, quindi, per l’annullamento
dell’impugnata ordinanza.
motivi della decisione
Il ricorso è inammissibile per violazione dell’art. 591 lettera c) in
relazione all’art. 581 lettera c) cod. proc. pen., perché le doglianze (sono le
stesse affrontate dal Tribunale) sono prive del necessario contenuto di critica
specifica al provvedimento impugnato, le cui valutazioni, ancorate a precisi
dati fattuali trascurati nell’atto di impugnazione, si palesano peraltro immuni
da vizi logici o giuridici. Infatti, il Giudice di merito — dopo aver evidenziato
come si sono svolti i fatti – espone, in modo chiaro ed esaustivo, perché
ritenga sussistente l’esigenza cautelare del pericolo di reiterazione del reato
di cui all’articolo 274, lettera C, del c.p.p., valutando la pericolosità del
Ferrante in proporzione diretta al tempo intercorrente tra il fatto e
l’applicazione della misura (gravità e modalità del fatto; negativa personalità
dell’imputato che nel luglio 2010 — quindi poco tempo dopo la commissione
dei reati per i quali si procede — era stato attinto da misura custodiale in
carcere per analogo fatto commesso in danno di due prostitute; la misura di
cui sopra era stata sostituita con gli arresti domiciliari in data 09.07.2012,
quindi solo pochi giorni prima dell’emissione della misura di cui ci occupiamo
oggi). Inoltre, espone correttamente anche perché ritiene la misura della
custodia in carcere l’unica idonea a preservare le esigenze cautelari (per gli

Ricorre per cassazione il difensore dell’indagato deducendo: la

elementi di cui sopra e dopo avere — in modo incensurabile – valutato anche
la circostanza relativa al suo stato di tossicodipendente).
Sul punto questa Suprema Corte ha più volte affermato il principio condiviso dal Collegio – che in tema di esigenze cautelari, il pericolo di
reiterazione del reato può essere desunto dai criteri stabiliti dall’art. 133 cod.
pen., tra i quali sono ricompresi le modalità e la gravità del fatto e la
o una sua ipotetica gravità, bensì devono essere valutate — come nel caso di
specie – situazioni correlate con i fatti del procedimento ed inerenti ad
elementi sintomatici della pericolosità dell’indagato (Sez. 4, Sentenza n.
34271 del 03/0712007 Cc. – dep. 10/09/2007 – Rv. 237240). Inoltre, in tema di
scelta e adeguatezza delle misure cautelari, ai fini della motivazione del
provvedimento di custodia in carcere non è necessaria un’analitica
dimostrazione dello ragioni che rendono inadeguata ogni altra misura, ma è
sufficiente che il giudice indichi, con argomenti logico-giuridici tratti dalla
natura e dalle modalità di commissione dei reati nonché dalla personalità
dell’indagato, gli elementi specifici che inducono ragionevolmente a ritenere
la custodia in carcere come la misura più adeguata al fine di impedire la
prosecuzione delrattività criminosa, rimanendo in tal modo assorbita
l’ulteriore dimostrazione dell’inidoneità delle altre misure coercitive (Sez. 1,
Sentenza n. 45011 del 26/09/2003 Cc. – dep. 21/11/2003 – Rv. 227304; Sez.
6, Sentenza n. 17313 del 20/04/2011 Cc. – dep. 05/05/2011 – Rv. 250060).
A fronte di tutto quanto sopra esposto, come si è già detto, il ricorrente
contrappone, quindi, solo generiche contestazioni. In proposito questa Corte
ha più volte affermato il principio, condiviso dal Collegio, che è inammissibile
il motivo di ricorso per Cassazione quando manchi l’indicazione della
correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle
dell’atto di impugnazione, che non può ignorare le affermazioni del
provvedimento censurato, senza cadere nel vizio di aspecificità, che
conduce, ex art. 591, comma primo, lett. c), cod. proc. pen. all’inammissibilità
(Si veda fra le tante: Sez. 1, sent. n. 39598 del 30.9.2004 – dep. 11.10.2004 rv 230634).
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve

personalità dell’indagato, sicchè non deve essere considerato il tipo di reato

essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché —
ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità – al pagamento a favore della cassa delle ammende della
somma di mille apro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi
dedotti. Inoltre, poiphé dalla presente decisione non consegue la rimessione
in libertà del ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’articolo 94, comma 1 ter,

della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui
l’indagato trovasi ristretto perché provveda a quanto stabilito dal comma 1 bis
del citato articolo 94.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di mille euro alla cassa delle ammende.
Si provveda a norma dell’articolo 94 delle disposizioni di attuazione del
codice di procedura penale.

Così deliberato in camera di consiglio, il 17/04/2013.

delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale – che copia

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA