Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32429 del 17/04/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 32429 Anno 2013
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: IASILLO ADRIANO

SENTENZA
Sul ricorso proposto dall’Avvocato Giuseppe De Gregorio, quale difensore di
Visconti Salvatore (n. il 19/08/1957), avverso l’ordinanza del Tribunale di
Napoli, in data 13/11/2012.
Sentita la relazione della causa fatta dal Consigliere Adriano lasillo.
Udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, dottor Giuseppe
Volpe, il quale ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.

Osserva:

Data Udienza: 17/04/2013

Con ordinanze del 12.10.2012, il G.I.P. del Tribunale di Napoli emise la
misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di Visconti Salvatore,
indagato di rapina aggravata in concorso.
Avverso il provvedimento di cui sopra l’indagato propose istanza di
riesame, ma il Tribunale di Napoli, con ordinanza del 13.11.2012, la respinse.
Ricorre per cassazione il difensore dell’indagato deducendo il
travisamento della prova. Infatti, afferma che non è vero che nelle immagini

riprese dalla telecamera n. 24 – posizionata all’interno della banca – si veda
l’imputato “pò ggiare la mano sulla spalla di uno dei rapinatori”, perché in
realtà si vede solo che un rapinatore tiene “costantemente la propria mano
sulla spalla del Visconti”. Quindi non vi sarebbero elementi per ritenere la

sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza anche perché le altre immagini
riprese da diverse telecamere, non comprovano affatto la partecipazione del
ricorrente alla rapina.
Il difensore del ricorrente conclude, quindi, per l’annullamento
dell’impugnata ordinanza.

motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile per violazione dell’art. 606, comma 1, cod.
proc. pen., perché propone censure attinenti al merito della decisione
impugnata, congruamente giustificata.
Infatti, nel momento del controllo di legittimità, la Corte di cassazione
non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la
migliore possibile ricostruzione dei fatti né deve condividerne la
giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia
compatibile con il senso comune e con “i limiti di una plausibile opinabilità di
apprezzamento”, secondo una formula giurisprudenziale ricorrente (Cass.
Sez. 4 sent. n. 47891 del 28.09.2004 – dep. 10.12.2004 – Rv 230568; Cass.
Sez. 5 sent. n. 1004 del 30.11.1999 – dep. 31.1.2000 – Rv 215745; Cass.,
Sez. 2 sent. n. 2436 del 21.12.1993 – dep. 25.2.1994- Rv 196955).
Inoltre il ricorso è inammissibile anche per violazione dell’art. 591 lettera
c) in relazione all’art. 581 lettera c) cod. proc. pen., perché le doglianze sono
prive del necessario contenuto di critica specifica al provvedimento
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impugnato, le cui valutazioni, ancorate a precisi dati fattuali trascurati nell’atto
di impugnazione, si palesano peraltro immuni da vizi logici o giuridici. Infatti, il
Tribunale ha con esaustiva, logica e non contraddittoria motivazione
evidenziato tutte le ragioni dalle quali desume i gravi indizi di colpevolezza a
carico dell’indagato per il reato di cui sopra. In particolare quanto ripreso
dalle telecamere a circuito chiuso. Sul punto si deve rilevare che il Tribunale
dopo aver visionato il filmato rileva non solo che l’indagato — impiegato della

Banca ove si introducono i rapinatori – accompagna i rapinatori al caveau
senza subire alcuna minaccia e appoggiando la mano sulla spalla di uno di
essi, ma che è lo stesso Visconti ad aprire — sempre senza subire alcuna
minaccia – la porta blindata e allarmata dalla quale fa entrare i rapinatori
(porta che altrimenti non si sarebbe potuta aprire; si veda pagina 2
dell’impugnata ordinanza). Questa circostanza è del tutto ignorata nel
ricorso. Si deve, infine, osservare che questa Suprema Corte ha più volte
affermato che le rappresentazioni filmate dei movimenti degli indagati nel
luogo in cui è stato commesso il reato costituiscono prova documentale del
fatto ai sensi dell’art. 234 cod. proc. pen., come tale da valutare per la
formazione del libero convincimento del giudice in ordine alla responsabilità
penale dell’imputato (Sez. 5, Sentenza n. 46307 del 20/10/2004 Ud. – dep.
30111/2004 – Rv. 230394; Sez. U, Sentenza n. 26795 del 28/03/2006 Cc. dep. 28/07/2006 – Rv. 234267).
A fronte di tutto ciò il ricorrente contrappone, quindi, solo generiche e
parziali contestazioni in fatto, con le quali, in realtà, si propone solo una non
consentita — in questa sede di legittimità — diversa lettura del materiale
probatorio raccolto senza evidenziare alcuna manifesta illogicità o
contraddizione della motivazione. Inoltre, le censure del ricorrente non
tengono conto delle argomentazioni del Tribunale. In proposito questa Corte
Suprema ha più volte affermato il principio, condiviso dal Collegio, che sono
inammissibili i motivi di ricorso per Cassazione quando manchi l’indicazione
della correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e
quelle poste a fondamento dell’atto di impugnazione, che non può ignorare le
affermazioni del provvedimento censurato, senza cadere nel vizio di
aspecificità, che conduce, ex art. 591, comma primo, lett. c), cod. proc. pen.

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all’inammissibilità del ricorso (si veda fra le tante: Sez. 1, sent. n. 39598 del
30.9.2004 dep. 11.10.2004 – rv 230634).
Ai sensi delliarticolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve
essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché —
ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
somma di mille euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi
dedotti. Inoltre, poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione
in libertà del ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’articolo 94, comma 1 ter,
delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale – che copia
della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui
l’indagato trovasi ristretto perché provveda a quanto stabilito dal comma 1 bis
del citato articolo 94.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di mille euro alla cassa delle ammende.
Si provveda a norma dell’articolo 94 delle disposizioni di attuazione del
codice di procedura penale.
Così deliberato in camera di consiglio, il 17/04/2013.

Il Consigliere estensore
Dottor AdrìancklasiUo

Il Presidente
Dottor

onio Esposito

inammissibilità – al pagamento a favore della cassa delle ammende della

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