Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32427 del 17/04/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 2 Num. 32427 Anno 2013
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: IASILLO ADRIANO

SENTENZA

Sul ricorso proposto dall’Avvocato Marco Cavaliere, quale difensore di Diaz
Parra Alejandro (n. il 21/01/1948), avverso l’ordinanza del Tribunale di
Milano, in data 03108/2012.
Sentita la relazione della causa fatta dal Consigliere Adriano lasillo.
Udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, dottor Giuseppe
Volpe, il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
Osserva:

Data Udienza: 17/04/2013

Con ordinanza del 02.07.2012, il G.I.P. di Milano emise la misura
cautelare della cuptodia in carcere nei confronti Diaz Parra Alejandro,
indagato perchè appartenente ad un’associazione a delinquere finalizzata al
traffico illecito di sostanza stupefacente e di illecita detenzione e cessione di
sostanza stupefacente del tipo cocaina.
Avverso il provvedimento di cui sopra l’indagato propose istanza di
respinse.
Ricorre per cassazione il difensore dell’indagato deducendo: 1) la nullità
dell’ordinanza del 02.07.2012 per violazione degli 294, 302 e 306 del c.p.p.;
2) il difetto di giurisdizione italiana in quanto l’accordo per la costituzione
dell’associazione è avvenuto in Spagna (Madrid) e il compimento di alcuni
reati fine in Italia (tra l’altro nelle più diverse località) non incide sulla
sussistenza della giurisdizione italiana perché per il reato associativo per
determinare la giurisdizione è necessario riferirsi solo al luogo ove si è
costituita l’associazione; rileva, comunque, che anche per il reato fine di cui
al capo 2 emerge che l’accordo per l’importazione di droga è avvenuto in
Spagna; 3) mancanza di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza dei
gravi indizi di colpavolezza che sono stati ricavati dalla sola dichiarazione del
collaboratore Marrone Valeria – la cui attendibilità non è stata ben vagliata —
e in assenza di riscontri esterni; la mancanza di motivazione in ordine alla
ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari e dell’adeguatezza della misura
più afflittiva anche tenendo conto della data della commissione dei reati
(anno 2006) e dell’emissione della misura cautelare (anno 2012) e del lungo
periodo di detenzione in Spagna.
Il difensore del ricorrente conclude, quindi, per l’annullamento
dell’impugnata ardinanza.
motivi della decisione
Il primo motivo di ricorso è infondato. Infatti, quello che qui rileva è che
il G.I.P., dopo aver dichiarato l’inefficacia dell’ordinanza del 07.01.2011 (in
forza della quale l’indagato era stato tratto in arresto in Madrid – con mandato
di arresto Europeo – e successivamente tradotto in Italia in data 20.06.2012),

riesame, ma il Tribunale di Milano, con ordinanza del 03.08.2012, la

emetteva in data 02.07.2012 una nuova ordinanza di custodia cautelare in
carcere, previa notifica all’imputato della misura tradotta in lingua spagnola;
procedeva, poi, all’interrogatorio di garanzia dello stesso indagato
regolarmente assistito da interprete. Ebbene, è evidente che l’ordinanza di
custodia cautelare del 02.07.2012 è una nuova ordinanza del tutto autonoma
dalla precedente dichiarata inefficace. Sul punto questa Suprema Corte ha
l’estinzione di altra, precedente, divenuta inefficace ai sensi dell’art. 302 cod.
proc. pen. per omesso interrogatorio dell’imputato nei cinque giorni dall’inizio
dell’esecuzione della custodia, deve considerarsi del tutto nuova e autonoma
rispetto alla prima, e cioè come vera e propria “ordinanza che dispone una
misura coercitiva” a norma dell’art. 309, comma 1, stesso codice, sicché
essa è impugnabile con richiesta di riesame e non con appello (Sez. 1,
Sentenza n. 12398 del 14/12/2000 Cc. – dep. 28/03/2001 – Rv. 218298).
Inoltre, ai fini del ripristino della misura coercitiva della custodia cautelare
divenuta inefficace per omesso interrogatorio nei termini di legge, non
occorre che quest’ultimo awenga con l’indagato libero, esigendo l’art. 302
cod. proc. pen. unicamente che il titolo originario non sia più operante al
momento dell’assunzione dell’atto di garanzia (Sez. 6, Sentenza n. 7922 del
04/10/2011 Cc. – dep. 29/02/2012 – Rv. 252064). Nel caso di specie, dunque,
la prima ordinanza è già stata dichiarata inefficace (il G.I.P. prima di emettere
la seconda misura in forza della dichiarata inefficacia ha formalmente
scarcerato l’indagato; ha, poi, proceduto all’interrogatorio dello stesso Diaz e,
successivamente, ha emesso la nuova ordinanza) e la seconda non è affetta
da alcun vizio. Quindi il Tribunale ha correttamente respinto la doglianza
dell’indagato.
Anche il secondo motivo di ricorso è infondato. Invero, il Tribunale ha
ben evidenziato perché sussiste la giurisdizione italiana (si vedano le pagine
10 e 11 dell’impugnata ordinanza). In proposito il Giudice di merito ha,
anche, richiamato consolidati principi di diritto fissati da questa Suprema
Corte secondo i quali ai fini dell’affermazione della giurisdizione italiana in
relazione a reati commessi in parte all’estero, è sufficiente che nel territorio
dello Stato si sia verificato — come nel caso di specie – anche solo un
frammento della condotta, che, seppur privo dei requisiti di idoneità e di

più volte affermato il principio che l’ordinanza cautelare emessa dopo

inequivocità richiesti per il tentativo, sia apprezzabile in modo tale da
collegare la parte della condotta realizzata in Italia a quella realizzata in
territorio estero ($ez. 6, Sentenza n. 16115 del 24/04/2012 Cc. – dep.
27/04/2012 – Rv. 252507).
Il resto del ricorso è inammissibile per violazione dell’art. 606, comma 1,
cod. proc. pen., perché propone censure attinenti al merito della decisione
impugnata, congruamente giustificata.

Infatti, nel momento del controllo di legittimità, la Corte di cassazione
non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la
migliore possibile ricostruzione dei fatti né deve condividerne la
giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia
compatibile con il senso comune e con “i limiti di una plausibile opinabilità di
apprezzamento”, secondo una formula giurisprudenziale ricorrente (Cass.
Sez. 4 sent. n. 47891 del 28.09.2004 – dep. 10.12.2004 – Rv 230568; Cass.
Sez. 5 sent. n. 1004 del 30.11.1999 – dep. 31.1.2000 – Rv 215745; Cass.,
Sez. 2 sent. n. 2436 del 21.12.1993 – dep. 25.2.1994 – Rv 196955).
Inoltre il resto del ricorso è inammissibile anche per violazione dell’art.
591 lettera e) in relazione all’art. 581 lettera c) cod. proc. pen., perché le
doglianze sono prive del necessario contenuto di critica specifica al
provvedimento impugnato, le cui valutazioni, ancorate a precisi dati fattuali
trascurati nell’atto di impugnazione, si palesano peraltro immuni da vizi logici
o giuridici. Infatti, il Tribunale ha con esaustiva, logica e non contraddittoria
motivazione evidenziato tutte le ragioni dalle quali desume i gravi indizi di
colpevolezza a carico dell’indagato per i reati di cui sopra. In particolare:
l’esito delle intercettazioni; le dichiarazioni di Morrone Valerio e i riscontri che
le corroborano; quanto accertato e osservato direttamente dalla P.G. (si veda
l’ampia e condivisa motivazione da pagina 11 a pagina 48 dell’impugnata
ordinanza). Nella motivazione del Tribunale sono, poi, ben affrontate tutte le
questioni relative all’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza riproposte
genericamente nell’odierno ricorso (si vedano, ad esempio, le pagine 22 e 23
per l’osservazione diretta della P.G. che riguarda l’indagato; e le pagine da
44 a 48 nelle quali si affrontano le questioni: delle dichiarazioni del Morrone e
i riscontri alle stesse; come il Morrone abbia saputo — pagina 46 – di indagini
a suo carico solo a seguito del deposito in altro processo degli atti relativi a
4

tali indagini). Quindi da tutto quanto sopra, sinteticamente esposto, il
Tribunale trae convincimenti logici – e quindi non censurabili in questa sede
di legittimità – dei quali il ricorrente non tiene conto.
Infine, il Tribunale espone in modo chiaro ed esaustivo — dopo aver
richiamato e fatte proprie le motivazioni del G.I.P. – perché ritenga
sussistente l’esigenza cautelare del pericolo di reiterazione del reato di cui
all’articolo 274, lettera C, del c.p.p. (gravità e modalità dei fatti, personalità

dell’indagato già condannato in Spagna per delitti della stessa specie; si
vedano pagine 48 e 49 impugnato provvedimento) e perché ritenga la misura
della custodia in carcere l’unica idonea a preservare l’esigenze cautelari. Sul
punto questa Suprema Corte ha più volte affermato il principio – condiviso dal
Collegio – che in tema di esigenze cautelari, il pericolo di reiterazione del
reato può essere desunto dai criteri stabiliti dall’art. 133 cod. pen., tra i quali
sono ricompresi ‘le modalità e la gravità del fatto e la personalità
dell’indagato, sicché non deve essere considerato il tipo di reato o una sua
ipotetica gravità, bensì devono essere valutate — come nel caso di specie situazioni correlate con i fatti del procedimento ed inerenti ad elementi
sintomatici della pericolosità dell’indagato (Sez. 4, Sentenza n. 34271 del
03/07/2007 Cc. – dep. 10/09/2007 – Rv. 237240). Il Tribunale non tralascia di
esaminare quanto popra in relazione, anche, alla doglianza relativa al tempo
trascorso dalla commissione del reato e al tempo trascorso dall’imputato in
stato detentivo in Spagna; e anche su tale punto fornisce un’adeguata e
incensurabile motivazione (si vedano le pagine 48 e 49 dell’impugnata
ordinanza). Si deve rilevare, in proposito, che questa Suprema Corte ha più
volte affermato che in tema di misure coercitive, il tempo trascorso dalla
commissione del reato non esclude automaticamente l’attualità e la
concretezza delle condizioni di cui all’art. 274 comma primo, lett. c) cod.
proc. pen. (nella fattispecie la Corte ha ritenuto congrua la motivazione della
misura custodiale in quanto fondata sull’accertamento di plurimi episodi di
spaccio di droga; Sez. 4, Sentenza n. 6797 del 24/01/2013 Cc. dep.
11/02/2013 – Rv. 254936). A fronte di tutto ciò il ricorrente contrappone,
quindi, solo generiche contestazioni in fatto, con le quali, in realtà, si propone
solo una non consentita — in questa sede di legittimità — diversa lettura del
materiale probatorio raccolto senza evidenziare alcuna manifesta illogicità o
5

contraddizione della motivazione. Inoltre, tutte le censure del ricorrente non
tengono conto delle argomentazioni del Tribunale. In proposito questa Corte
Suprema ha più vOlte affermato il principio, condiviso dal Collegio, che sono
inammissibili i motivi di ricorso per Cassazione quando manchi l’indicazione
della correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e
quelle poste a fondamento dell’atto di impugnazione, che non può ignorare le
aspecificità, che conduce, ex art. 591, comma primo, lett. c), cod. proc. pen.
all’inammissibilità del ricorso (si veda fra le tante: Sez. 1, sent. n. 39598 del
30.9.2004 – dep. 11.10.2004 – rv 230634).
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata
al pagamento delle spese del procedimento. Inoltre, poiché dalla presente
decisione non consegue la rimessione in libertà del ricorrente, deve disporsi ai sensi dell’articolo 94, comma 1 ter, delle disposizioni di attuazione del
codice di procedura penale – che copia della stessa sia trasmessa al direttore
dell’istituto penitenziario in cui l’indagato trovasi ristretto perché provveda a
quanto stabilito dal’ comma 1 bis del citato articolo 94.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali. Si provveda a norma dell’articolo 94 delle disposizioni di
attuazione del codice di procedura penale.
Così deliberato in camera di consiglio, il 17/04/2013.

affermazioni del provvedimento censurato, senza cadere nel vizio di

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA