Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32427 del 09/07/2014
Penale Sent. Sez. 2 Num. 32427 Anno 2014
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: RAGO GEPPINO
SENTENZA
su ricorso proposto da:
STAGI NICOLA nato il 05/07/1967, avverso l’ordinanza del 17/03/2014
del Tribunale del Riesame di Palermo;
Visti gli atti, l’ordinanza ed il ricorso;
udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Geppino Rago;
udito il Procuratore Generale in persona del dott. Roberto Aniello che ha
concluso per l’inammissibilità;
udito il difensore avv.to Giuseppe Castelli che ha concluso per
l’accoglimento.
FATTO
1. Con ordinanza del 17/03/2014, il Tribunale del Riesame di
Palermo, in parziale riforma dell’ordinanza emessa in data 10/02/2014
dal giudice per le indagini preliminari del tribunale della medesima città,
sostituiva la misura degli arresti domiciliari con quella dell’obbligo di
dimora nel comune di residenza, nei confronti di STAGI Nicola indagato,
in concorso con altri, per il reato di tentato riciclaggio di un ingente
quantitativo di denaro.
Data Udienza: 09/07/2014
2. Avverso la suddetta ordinanza, l’indagato, a mezzo del proprio
difensore, ha proposto ricorso per cassazione deducendo:
2.1. VIOLAZIONE DELL’ART. 56 COD. PEN.: il ricorrente sostiene che il
comportamento addebitatogli, alla fin fine, non si era tradotto in alcun
volontà degli stessi indagati e comunque di esso ricorrente. Ci si
trovava, pertanto, di fronte ad una classica ipotesi di desistenza
volontaria ex art. 56/3 cod. pen. come dimostrato dal fatto che, dopo la
data del 16/11/2010, non era più intercorso fra esso ricorrente e gli altri
coindagati, alcun contatto.
2.2. VIOLAZIONE DELL’ART. 274 COD. PROC. PEN.: il ricorrente rileva
che, a distanza di oltre tre anni dalla data dell’incontro avvenuto a
Borgo Panigale, non era ipotizzabile alcuna esigenza cautelare, sicchè la
motivazione addotta dal tribunale («allontanare l’indagato dal circuito
criminale in cui appare inserito»), era del tutto apparente e tralaticia
tenuto conto che egli non aveva più frequentato i coindagati e svolgeva
tutt’altra attività.
2.3. Con memoria depositata il 03/07/2014, il ricorrente, oltre che
ribadire quanto dedotto in ricorso, ha addotto, come ulteriore motivo,
anche l’omessa motivazione sulla ritenuta sussistenza del delitto
presupposto.
DIRITTO
1. VIOLAZIONE DELL’ART. 56 COD. PEN.: la doglianza è manifestamente
infondata essendo del tutto generica ed aspecifica rispetto all’ampia
motivazione con la quale il tribunale ha disatteso la medesima censura.
Il Tribunale, infatti, da pag. 3 a pag 7 dell’ordinanza, ha illustrato
le modalità del fatto e le ragioni per cui, stante l’avanzatissima fase in
cui i vari soggetti coinvolti erano giunti nella realizzazione del piano
criminoso, non vi poteva essere dubbio alcuno sulla configurabilità del
tentativo.
2
fatto concreto e ciò non tanto per qualche circostanza esterna ma per
Si tratta di motivazione ineccepibile sicchè la censura – fondata, a
ben vedere, su un inammissibile frazionamento della prova tendente ad
isolare il comportamento del ricorrente da quello degli altri coindagati non avendo evidenziato alcun vizio motivazionale né alcuna violazione di
2. La doglianza dedotta con la memoria depositata il 03/07/2014,
e relativa ad una pretesa omessa motivazione sulla ritenuta sussistenza
del delitto presupposto, è completamente nuova rispetto ai motivi
dedotti con il ricorso: di conseguenza, va ritenuta inammissibile alla
stregua del seguente principio di diritto che qui va ribadito: «Il principio
generale delle impugnazioni, concernente la necessaria connessione tra i
motivi originariamente proposti e i motivi nuovi, non è derogato
nell’ambito del ricorso per cassazione contro provvedimenti “de
libertate”, e l’unica diversità rispetto alla ordinaria disciplina attiene al
termine per la proposizione dei motivi nuovi, che non è quello di quindici
giorni prima dell’udienza ma è spostato all’inizio della discussione» Cass.
46711/2011 riv 251412.
3.
VIOLAZIONE DELL’ART.
274
COD. PROC. PEN.:
la censura è infondata
per le ragioni di seguito indicate.
Il ricorrente sostiene che il Tribunale non avrebbe ben motivato in
ordine al criterio dell’attualità della misura imposta.
In realtà, così non è, perché il tribunale ha sostituito la misura
degli arresti domiciliari con quella dell’obbligo di dimora proprio sul
presupposto di una scemata intensità del pericolo di recidivanza,
pericolo, però, non del tutto venuto meno in considerazione della gravità
del fatto, indice questa della circostanza che il ricorrente era inserito in
un pericoloso circuito criminale.
Pertanto, nell’ottica di un bilanciamento fra i diversi interessi in
gioco – da una parte, quello dell’indagato e, dall’altra, quello della tutela
della collettività – la decisione del Tribunale non appare suscettibile di
alcuna censura.
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legge, va ritenuta manifestamente infondata.
In conclusione, l’impugnazione deve rigettarsi con conseguente
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
RIGETTA
CONDANNA
il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Roma 09/07/2014
il ricorso e