Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32424 del 17/04/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 32424 Anno 2013
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: IASILLO ADRIANO

SENTENZA

Sul ricorso proposto dagli Avvocati Giovanni Annunziata e Alessandro Diddi,
quali difensori di Gambino Alberico (n. il 07/12/1967), da D’Auria Petrosino
Antonio (n. il 13/02/1980) e da D’Auria Petrosino Michele (n. il 03/12/1978)
avverso l’ordinanza del Tribunale di Salerno, in data 03/10/2012.
Sentita la relazione della causa fatta dal Consigliere Adriano lesili°.
Udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, dottor Giuseppe
Volpe, il quale ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso di
Gambino Alberico per rinuncia; per D’Auria Petrosino Antonio e D’Auria
Petrosino Michele annullamento senza rinvio del provvedimento.

Data Udienza: 17/04/2013

Osserva:
Con ordinanza del 30/03/2012 e 11/07/2012, il Tribunale di Nocera
Inferiore (quale Giudice del dibattimento) sostituì — ai sensi dell’art. 299 del
c.p.p. – la misura cautelare della custodia in carcere con quella degli arresti
domiciliari nei confronti di Gambino Alberico, di D’Auria Petrosino Antonio e
continuata aggravata dall’art. 7 L. 203/1991 e i soli Gambino Alberico e
D’Auria Petrosino Michele anche del reato di cui all’art. 416 ter del cod.
penale.
Avverso tale provvedimento il P.M. propose appello. Il Tribunale di
Salerno, con ordinanza del 03/10/2012, accolse l’impugnazione e dispose nei
confronti di Gambino Alberico, D’Auria Petrosino Antonio e D’Auria Petrosino
Michele la misura della custodia cautelare in carcere.
Ricorre per cassazione l’indagato D’Auria Petrosino Antonio
deducendo: 1) la carenza di motivazione in ordine all’affermazione della
sussistenza della presunzione assoluta di adeguatezza della custodia
cautelare in carcere, senza che vi sia la necessaria motivazione sulla
sussistenza delle esigenze cautelari; 2) la carenza, illogicità e apoditticità
della motivazione idei Tribunale che ha ritenuto di sollevare la questione di
legittimità costituZionale dell’art. 275, comma terzo, cod. proc. pen., in
riferimento agli artt. 3, 13, comma primo, e 27, comma secondo, Cost., nella
parte in cui fa operare la presunzione assoluta di adeguatezza della custodia
cautelare in carcere in riferimento ai delitti commessi avvalendosi delle
condizioni previste all’art. 416-bis cod. pen. ovvero al fine di agevolare le
attività delle associazioni di tipo mafioso solo per alcuni coimputati e non per
lui perché ritenuto persona con legami ad un’associazione camorristica
(asserzioni che si fondano su dichiarazioni di collaboratori di giustizia che
non fanno parte del fascicolo dell’appello cautelare e che comunque
sarebbero superate da quanto si sta accertando in sede dibattimentale).
Ritenendo, pertanto, che se non operasse la presunzione assoluta di
adeguatezza della custodia in carcere — ex art 275, III comma, del c.p.p. —
anche per lui potrebbe valere la decisione di ritenere adeguata la misura
degli arresti domiciliari reitera la richiesta di rimettere la questione di

di D’Auria Petrosino Michele indagati tutti per il reato di concussione

legittimità Costituzionale del predetto articolo alla Corte Costituzionale e in tal
senso conclude.
Ricorre per cessazione l’indagato D’Auria Petrosino Michele deducendo
le stese censure di cui sopra e concludendo per l’annullamento
dell’impugnata ordinanza oppure per la rimessione della questione di
legittimità Costituzionale del predetto articolo 275, III comma, del c.p.p. alla
Corte Costituzionale.

Ricorrono per Cessazione gli Avvocati Giovanni Annunziata e
Alessandro Diddi, quali difensori di Gambino Alberico, eccependo che: 1) il
Tribunale ha violato il principio del tantum devolutum quantum appellatum
perché il P.M. aveva posto con il suo appello solo la questione di diritto
dell’applicabilità della presunzione assoluta di adeguatezza della custodia in
carcere — ex art 275, III comma, del c.p.p. — anche per i delitti aggravati
dall’art. 7 L. 203/1991 e, invece, il Tribunale dopo aver rimesso la questione
alla Corte Costituzionale per vari imputati non ha ritenuto di farlo per il
ricorrente ritenendo che lo stesso fosse persona con legami ad
un’associazione a delinquere. Quindi il Tribunale è andato oltre il limite del
dedotto affrontando il tema dell’adeguatezza e proporzionalità della misura
non devoluto dal Pubblico Ministero; 2) il Tribunale ha utilizzato per la sua
decisione materiale (le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia) non
prodotto né richiamato dal P.M. appellante (erano dichiarazioni valutate in
sede di emissione della misura) in evidente violazione del principio del diritto
al contraddittorio. Inoltre, il Tribunale del riesame non ha preso per nulla in
considerazione gli elementi nuovi posti a fondamento della decisione del
Tribunale (quale Giudice del dibattimento).
I difensori di Gambino Alberico concludono, pertanto, per
l’annullamento dell’impugnata ordinanza e comunque per la rimessione della
questione di legittimità Costituzionale del predetto articolo 275, III comma,
del c.p.p. alla Corte Costituzionale.
In data 28.0;3.2013 è stata depositata in Cancelleria la rinuncia al
ricorso di Gambincs Alberico.
Motivi della decisione

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Si deve, prelitninarmente, rilevare che in data 28.03.2013 è pervenuta,
nella cancelleria di questa Sezione, la valida rinuncia al ricorso di Gambino
Alberico; il ricorrente rinuncia essendo intervenuta la revoca della misura
cautelare. Va dichiarata, pertanto, ex art. 591 lettera D) del cod. proc. pen.
l’inammissibilità del ricorso, per sopravvenuta carenza di interesse.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, l’indagato che lo ha proposto deve essere

condannato al pagamento delle spese del procedimento. Non si ravvisano
profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità — dovuta
ad una sopravvenuta carenza di interesse — e quindi non si condanna il
ricorrente al pagamento, a favore della Cassa delle ammende, di una somma
di danaro.
I ricorsi di D’Auria Petrosino Antonio e D’Auria Petrosino Michele sono
infondati. Infatti, per quanto riguarda la carenza di motivazione sulla
sussistenza delle esigenze cautelari, si deve rilevare che non vi era alcuna
contestazione sui punto; esigenze cautelari, tra l’altro, riconosciute
sussistenti dallo stesso Tribunale che ha disposto gli arresti domiciliari e la
cui ordinanza è stata, poi, appellata dal Pubblico Ministero. Né gli indagati
hanno evidenziato elementi specifici che mettano in discussione la
sussistenza delle esigenze cautelari, neppure nel loro ricorso. In realtà il P.M.
aveva posto, con il suo appello, unicamente la questione di diritto
dell’applicabilità della presunzione assoluta di adeguatezza della custodia in
carcere — ex art 275, III comma, del c.p.p. — non solo nella fase genetica, ma
anche nella fase esecutiva della stessa. Il P.M. fondava il suo appello in forza
di quanto sostenuto dalla prevalente e più recente giurisprudenza di questa
Corte. Il Tribunale sul punto – dopo un approfondito excursus sulla
giurisprudenza di questa Corte — rileva come le Sezioni Unite, in data
19/07/2012, abbiano deciso affermando che la presunzione di adeguatezza
della custodia in carcere di cui all’art. 275, comma terzo, cod. proc. pen.
opera non solo nel momento di adozione del provvedimento genetico della
misura coercitiva ma anche nelle successive vicende che attengono alla
permanenza delle esigenze cautelari (si vedano Sez. un., 19 luglio 2012 n.
34473 – Rv. 253186 – e n. 34474, non massimata).

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Per quanto riguarda, poi, la denunciata carenza, illogicità e apoditticità
della motivazione del Tribunale che ha ritenuto di sollevare la questione di
legittimità costituzionale dell’ari. 275, comma terzo, cod. proc. pen., in
riferimento agli artt. 3, 13, comma primo, e 27, comma secondo, Cost., nella
parte in cui fa operare la presunzione assoluta di adeguatezza della custodia
cautelare in carcere in riferimento ai delitti commessi avvalendosi delle
condizioni previste all’art. 416-bis cod. pen. ovvero al fine di agevolare le

attività delle associazioni di tipo mafioso solo per alcuni coimputati e non per
i ricorrenti, si deve rilevare che – contrariamente a quanto sostenuto nei
ricorsi – il Tribunale ha fornito un’adeguata e incensurabile motivazione sul
punto (questione, tra l’altro, decisa dalla Corte costituzionale, il 25 marzo
2013 con sentenza n. 0057 pubblicata sulla G.U. n. 14 del 03/04/2013). Il
Giudice di merito ha, infatti, ben evidenziato perchè ha differenziato le
posizioni dei due indagati dagli altri; in particolare rileva che per loro vi sono
“seri e concreti elementi di legami con l’associazione camorristica
capeggiata, secondo l’accusa, dalla famiglia D’Auria Petrosino” (si veda pag.
11 dell’impugnato provvedimento) e che i ricorrenti D’Auria Petrosino sono
“indicati come esponenti apicali dell’omonimo clan” (si vedano le pagine 13 e
14). Il Tribunale sostiene quanto sopra dopo un approfondito esame degli
elementi probatori posti a fondamento dell’ordinanza custodiale del G.I.P. e
in particolare delle dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia (il cui
contenuto, tra l’altro. è stato contestato dai ricorrenti genericamente). Il
giudice di merito conclude, quindi, sottolineando correttamente che per tali
motivi deve ritenersi la sussistenza della presunzione assoluta di
adeguatezza della custodia in carcere per i due indagati.
Per quanto riguarda, infine, la generica doglianza sull’utilizzo delle
dichiarazioni dei collaboratori di giustizia di cui sopra, si deve rilevare che il
Tribunale ha ben rilevato che tali dichiarazioni sono parte integrante del titolo
cautelare sostituito dal Giudice che ha emesso il provvedimento impugnato e
che quindi devono ritenersi pienamente utilizzabili nel giudizio dell’appello
cautelare (si veda pagina 11 dell’ordinanza impugnata). In proposito, questa
Corte Suprema ha più volte affermato che il giudice della libertà, nel
rispondere ai rilievi dell’appellante, può e deve esaminare tutte le risultanze

delle indagini senza violare il principio devolutivo dell’appello, atteso che il
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”devolutum” è costituito dai motivi di gravame e non dal materiale indiziario,
messo o meno in levidenza nel precedente grado (fattispecie in cui è stata
ritenuta legittima la motivazione che ha fatto riferimento, nel valutare le
esigenze cautelari, ai contatti con altri personaggi inseriti nel narcotraffico, in
quanto un tale riferimento non è necessariamente collegato ad una ipotesi di
reato associativo non contestato, ma, nella specie, all’ipotesi accusatoria di
Sentenza n. 1737 del 02/06/1998 Cc. – dep. 13/07/1998 – Rv. 211645; Sez.
3, Sentenza n. 28253 del 09/06/2010 Cc. – dep. 20/07/2010 – Rv. 248135;
Sez. 6, Sentenza n. 35068 del 13/05/2010 Cc. – dep. 28/09/2010 – Rv.
248584).
Pertanto i ricorsi di D’Auria Petrosino Antonio e di D’Auria Petrosino
Michele vanno rigettati. Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il
provvedimento che rigetta i ricorsi, le parti private che li hanno proposti
devono essere condannate al pagamento delle spese del procedimento.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 Reg. Esec. del
cod. proc. penale in relazione ai soli D’Auria Petrosino Antonio e di D’Auria
Petrosino Michele.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso di Gambino Alberico e condanna il ricorrente
Gambino al pagamento delle spese processuali.
Rigetta i ricorsi di D’Auria Petrosino Antonio e di D’Auria Petrosino Michele e
condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Si provveda —
per ultimi due – a norma dell’art. 28 Reg. Esec. del cod. proc. penale.
Così deliberato in camera di consiglio, il 17/04/2013.

trasporto e importazione dall’estero di sostanza stupefacente; Sez. 4,

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