Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32419 del 27/06/2014


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Penale Ord. Sez. 2 Num. 32419 Anno 2014
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: DI MARZIO FABRIZIO

ORDINANZA
Sul ricorso proposto da\Ventrici Francesco, nato il 1° settembre 1972, avverso
l’ordinanza del Tribunale della libertà di Catanzaro in data 20 febbraio 2014.
Sentita la relazione della causa fatta dal consigliere Fabrizio Di Marzio; udite
le conclusioni del sostituto procuratore generale Mario Fraticelli,sul rigetto del
ricorso; uditi i difensori dell’imputato, avv.ti Alfredo Gaito e Oreste Dominioni,
sull’accoglimento del ricorso.
OSSERVA
Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale della libertà di Catanzaro, decidendo
sull’appello proposto dai difensori del Ventrici avverso l’ordinanza in data 9
ottobre 2013 con la quale il Tribunale di Vibo Valentia ha rigettato l’istanza
volta ad ottenere la dichiarazione di inefficacia della custodia cautelare per il
superamento dei termini di fase, ha rigettato l’appello e ha confermato
l’ordinanza impugnata.
L’ordinanza cautelare era stata emessa dal Gip del Tribunale di Catanzaro in
data 10 gennaio 2011 ed eseguita in data 26 gennaio 2011 per i delitti, fra gli
altri, previsti dagli artt. 629 comma 2 cod. pen. in relazione all’art. 628,
comma 2 numero 1) cod. pen. e 7 legge n. 203 del 1991.
Il gip aveva emesso decreto di giudizio immediato in data 18 gennaio 2012.

Data Udienza: 27/06/2014

I difensori dell’imputato avevano presentato istanza di declaratoria di
inefficacia della custodia cautelare per decorrenza dei termini di fase previsti
dalla legge.
Si criticava che nel provvedimento impugnato il Tribunale di Vibo Valentia
avesse invece ritenuto il termine della durata di anni due (sul rilievo che la
presenza di due aggravanti ad effetto speciale avrebbe determinato una pena
edittale superiore ad anni venti, in quanto al massimo edittale di anni venti

un terzo in seguito alla ricorrenza dell’aggravante del metodo mafioso).
Si argomentava, diversamente, che la durata di tale termine doveva stabilirsi
in anni uno(trattandosi, a parere dell’istante, di delitto con pena edittale non
superiore ad anni 20 -ex art. 303, comma 1, lett. b) n. 1 cod. proc. pen.) e
mesi sei(ex ex art. 303, comma 1, lett. b) n. 2 e n. 3 bis cod. proc. pen.),
non potendo computarsi nessun ulteriore aumento in seguito alla ricorrenza
dell’aggravante del metodo mafioso.
Era perciò sottoposta ai giudici la questione se ai fini della determinazione
della pena edittale in relazione ai termini di durata massima della custodia
cautelare, tale pena debba essere individuata tenendo conto di tutte le
eventuali circostanze ad effetto speciale, senza che possa trovare applicazione
l’art. 63, comma 4, cod. pen., per cui, in caso di concorso di più circostanze
aggravanti ad effetto speciale si applica solo la pena stabilita per la più grave
con l’eventuale aumento rimesso alla valutazione discrezionale del giudice, o
se invece tale norma dovesse intendersi riferita non soltanto alla pena che in
concreto dovrebbe essere inflitta all’esito del giudizio, così da non poter
trovare applicazione anche con riferimento alla durata massima dei termini Or
custodiali di fase, ma anche a tale ultimo riguardo (con la conseguenza che,
nel caso in esame, avrebbe dovuto considerarsipolo l’aumento per la
aggravante di cui all’art. 629 comma 2 cod. pen., in relazione all’art. 628
comma 2 numero 1 cod. pen.; e non anche l’aumento previsto per la
circostanza del metodo mafioso, la quale non sarebbe in se stessa a tal punto
valutabile).
Sostenevano – e anche in questa sede argomentano – i difensori dell’imputato
che, ai fini della determinazione della pena agli effetti dell’applicazione delle
misure cautelari, in caso – come quello di specie – di concorso di circostanza
aggravante dell’effetto speciale, i criteri stabiliti dall’art. 278 cod. pen.
andrebbero integrati con il disposto di cui all’art. 63, comma 4, cod. pen., che
prevede l’applicazione della pena prevista per le circostanze più grave, salva

previsto dall’art. 629 cpv. avrebbe dovuto applicarsi ulteriore aumento fino a

la facoltà per il giudice di applicare l’ulteriore aumento fino a un terzo.
Il tribunale ha rigettato l’appello seguendo una costante giurisprudenza di
questa corte, che ebbe modo di affermare come ai fini del computo dei
termini massimi di custodia cautelare deve valutarsi il concorso delle
aggravanti secondo un criterio concettuale e non formale. L’interprete perciò,
prescindendo dalla collocazione in una stessa e in diverse disposizioni di
legge, dovrà valutare la possibile coesistenza delle stesse indipendentemente

aggravante il computo dovrà essere effettuato secondo i criteri indicati
dall’art. 63 c.p., e perciò nella misura massima prevista per la più grave delle
aggravanti ad effetto speciale con un ulteriore aumento di un terzo per le
successive complessivamente considerate. Nè può ritenersi che la facoltà
concessa al giudice, nel caso di concorso tra più aggravanti ad effetto
speciale, di procedere ad un ulteriore aumento di pena dopo quello previsto
per la prima di esse, costituisca una eccezione al principio generale che
consente un solo aumento o che, quantificandosi l’ultimo aumento nella
percentuale propria delle aggravanti ordinarie, di esso non debba tenersi
contro ai fini dell’art. 278 c.p.p. (che non le comprende nella quantificazione
della pena massima edittale), dal momento che occorre tener presente la
natura dell’aggravante e non il limite massimo di aumento della pena.
(Fattispecie di concorso, in tema di rapina, dell’aggravante del numero delle
persone e di quella derivante dal possesso di armi) (Cass. 13.3.1997, n.
1240).
Sempre la giurisprudenza di questa corte (Sezioni unite, 8.4.1998, n. 16) ha
poi deciso che ai fini della determinazione dei termini di durata massima della
custodia cautelare, nel caso concorrano più circostanze aggravanti per le quali
la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato o
circostanze ad effetto speciale, si deve tener conto, ai sensi dell’art. 63
comma 4 c.p., della pena stabilita per la circostanza più grave, aumentata di
un terzo, e tale aumento costituisce cumulo giuridico delle ulteriori pene e
limite legale dei relativi aumenti per le circostanze meno gravi del tipo già
detto che mantengono la loro natura. (Fattispecie relativa a reato di rapina
aggravata a norma dell’art. 628 comma 3 c.p. con l’ulteriore aggravante di cui
all’art. 7 d.l. 13 maggio 1991 n. 152, conv., nella I. 12 luglio 1991 n. 203).
Inoltre – esaminando un caso simile a quello odierno- sempre questa corte ha
stabilito che ai fini della determinazione dei termini di durata massima della
custodia cautelare, nel caso concorrano più circostanze aggravanti per le quali

dalla loro collocazione. Una volta stabilita l’autonomia concettuale di ciascuna

la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato o
circostanze ad effetto speciale, si deve tener conto, ai sensi dell’art. 63
comma 4 c.p., della pena stabilita per la circostanza più grave e dell’aumento
complessivo di un terzo per tutte le altre circostanze globalmente considerate,
le quali mantengono peraltro la natura di circostanze ad effetto speciale.(Nella
specie si trattava di estorsione aggravata ed ulteriormente aggravata ai sensi
dell’art. 7 d.l. n. 152 del 1991, conv. in I. n. 203 del 1991) (Cass. sez. 1,

Infine, questa stessa sezione, sia pure relativamente ad un tema diverso, ha
argomentato che ai fini della determinazione del tempo necessario a
prescrivere, ai sensi dell’art. 157, comma 2, c.p., deve aversi riguardo, in
caso di concorso di circostanze aggravanti ad effetto speciale, all’aumento di
pena massimo previsto dall’art. 63, comma 4, c.p. per il concorso di
circostanze della stessa specie. Infatti, anche la nuova formulazione dell’art.
157 non prevede alcuna riserva circa l’affermata influenza delle circostanze ad
effetto speciale sui termini di prescrizione per il caso che ne sia contestata più
d’una, salvo il necessario coordinamento con la previsione dell’art. 63, comma
4, c.p., nel senso della limitazione dell’aumento di pena, a nulla rilevando,
data l’autonomia della disciplina della prescrizione, la facoltatività dell’ulteriore
aumento di pena una volta applicato quello per la circostanza più grave, o, nel
caso di pari gravità, per una delle circostanze ad effetto speciale (Cass. sez.
2, 10.5.2012, n. 31065)
A fronte di tale orientamento, seguito nel provvedimento impugnato, si pone
tuttavia l’argomentazione dipass. sez. un.24/02/2011 n. 20798,
espressamente richiamata dai difensori dell’imputato a sostegno della tesi
articolata nel ricorso, in cui si legge testualmente: “In caso di concorso di più
circostanze aggravanti ad effetto speciale, l’art. 63 c.p., comma 4, prevede
che il giudice applichi soltanto la pena stabilita per la circostanza più grave; la
legge affida, peraltro, al giudice il potere di valutare, a propria discrezione, se
aumentare la pena derivante dall’applicazione della circostanza aggravante a
effetto speciale in cui si assorbono le altre circostanze aggravanti. Sotto tale
profilo viene in rilievo una significativa differenza rispetto alla disciplina del
cumulo giuridico in tema di concorso di reati e di reato continuato. Mentre,
infatti, in queste situazioni l’aumento di pena è obbligatorio, in presenza del
concorso di circostanze ad effetto speciale la variazione di pena è facoltativa.
In tale ipotesi la circostanza aggravante soccombente, che consente al giudice
di applicare un ulteriore aumento di pena, si trasforma da circostanza ad

31.3.2005, n. 19841).

effetto speciale in circostanza facoltativa comune, atteso che il legislatore non
ha predeterminato l’entità della variazione di pena che il giudice può
apportare”.
Alla luce di tali affermazioni, e considerata la giurisprudenza pregressa sopra
ricordata, è necessario che la questione sia rimessa alla decisione delle
Sezioni Unite, ai sensi dell’art. 618 cod. proc. pen., sul seguente quesito: “se
ai fini della determinazione della pena agli effetti dell’applicazione delle misure

conto – ai sensi dell’art. 63, comma 4, cod. pen. – in caso di concorso di più
circostanze aggravanti ad effetto speciale,non solo della pena stabilita per la
circostanza più grave ma anche dell’aumento complessivo di un terzo per
tutte le altre circostanze globalmente considerate”.
PQM
Rimette il ricorso alle Sezioni Unite.
Roma, 27.6.2014

Il Consigliere estensore
Fabrizio Di Marzio

cautelari e, di conseguenza, dei relativi termini di durata, si debba tenere

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