Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32417 del 09/07/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 32417 Anno 2014
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: LOMBARDO LUIGI GIOVANNI

SENTENZA
sul ricorso proposto da
DICHIERA Maria, n. il 17.9.1976
quale parte civile nel procedimento nei confronti di
MAZZA Francesco, n. il 26.1.1967;
avverso la sentenza del Giudice di pace di Caulonia del 17.5.2013;
Sentita la relazione del Consigliere Luigi Lombardo;
Udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale Roberto Aniello,
che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
Udito il difensore dell’imputato, Avv. Scarfò Rosario, che ha concluso
associandosi alle conclusione del P.G.;
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
1. Dichiara Maria, quale parte civile, ha proposto appello – a mezzo
del suo difensore – avverso la sentenza predibattimentale del Giudice di
pace di Caulonia del 17.5.2013, che – dopo la verifica della costituzione
delle parti e l’acquisizione dei documenti dalle stesse prodotti – ha
dichiarato non doversi procedere perché il fatto non sussiste, ai sensi

Data Udienza: 09/07/2014

degli art. 129 e 530 cod. proc. pen., nei confronti di Mazzà Francesco,
imputato del delitto di cui all’art. 633 cod. pen.
L’appello è stato riqualificato come ricorso per cassazione con
provvedimento del Tribunale di Locri del 21.1.2014 e trasmesso questa
Corte.
2. Nell’atto di impugnazione, si deduce la inosservanza e l’erronea

dichiarato non doversi procedere con la formula “perché il fatto non
sussiste” con sentenza predibattimentale, emessa nella fase precedente
l’apertura del dibattimento, fase nella quale non sarebbe stato possibile il
proscioglimento nel merito. Deduce ancora il vizio di motivazione, per la
mancanza dei presupposti per prosciogliere l’imputato nel merito, in
presenza di elementi probatori di segno contrario acquisiti dal pubblico
ministero.
Il difensore di Mazzà Francesco ha depositato memora difensiva con
la quale deduce: 1) la carenza, in capo alla parte civile, del potere di
impugnare la sentenza predibattimentale; 2) la intervenuta revoca ex

lege della costituzione di parte civile, ai sensi dell’art. 82 comma 2 cod.
proc. pen., per avere la Dichiera promosso azione civile dinanzi al giudice
civile; 3) l’infondatezza delle critiche mosse nel merito alla sentenza
impugnata.
3. Il ricorso risulta inammissibile.
Premesso che la sentenza predibattimentale è inappellabile ai sensi
dell’art. 469 cod. proc. pen. e che, contro di essa, può essere proposto
solo ricorso per cassazione (cfr. Cass., Sez. 1, n. 2441 del 16/12/2008
Rv. 242707; Sez. 2, n. 8667 del 07/02/2012 Rv. 252481), va rilevata la
carenza di interesse della parte civile ad impugnare.
Invero, come ha statuito questa Corte, «Quando il danneggiato dal
reato si sia costituito parte civile nel processo penale, l’art. 652 cod. proc.
pen. attribuisce efficacia di giudicato, nel giudizio civile o amministrativo
promosso dal danneggiato per il risarcimento del danno, solamente alla
sentenza penale irrevocabile di assoluzione pronunciata a seguito del
dibattimento. Ne consegue che la parte civile è priva di interesse ad
impugnare una sentenza che dichiari, per un reato, l’estinzione per

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applicazione degli artt. 129 e 469 cod. proc. pen., per avere il giudice

sopravvenuta amnistia e assolva, per altro reato, l’imputato senza
apertura del dibattimento, ai sensi dell’art. 469 cod. proc. pen., in quanto
tali statuizioni non possono esplicare alcun effetto preclusivo nei confronti
della pretesa risarcitoria nella sede civile». (Sez. 6, n. 7808 del
26/05/1998 Rv. 211260). Essendo le statuizioni della sentenza
predibattimentale prive di efficacia in sede civile, il ricorso per

predibattimentale di proscioglimento è inammissibile per carenza di
interesse (Sez. 6, n. 31016 del 21/06/2010 Rv. 247786).
Le altre questioni rimangono assorbite.
3. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve
essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della
somma di euro mille, così equitativamente fissata in ragione dei motivi
dedotti.
P. Q. M.

La Corte Suprema di Cassazione
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione
Penale, addì 9 luglio 2014.

cassazione presentato dalla parte civile avverso la sentenza

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