Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32415 del 27/06/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 32415 Anno 2014
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: DI MARZIO FABRIZIO

Data Udienza: 27/06/2014

SENTENZA
Sul ricorso proposto da Portogallo Marcello, nato il 14 novembre 1971;
Musumeci Giuseppe, nato il 10 settembre 1961, avverso la sentenza della
Corte di appello di Catania del 29 gennaio 2013.Sentita la relazione della
causa fatta dal consigliere Fabrizio Di Marzio; udite le conclusioni del sostituto
procuratore generaleMario Fraticelli, che ha chiesto dichiararsi il ricorso
inammissibile. Udito il difensore degli imputati, avv. Ernesto Pino, che ha
chiesto accogliersi il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Catania ha confermato la
sentenza del tribunale della medesima città in data 21 dicembre 2010 di
condanna degli odierni ricorrenti per i reati loro ascritti.
Nel ricorso presentato nell’interesse degli imputati si contesta:
violazione di legge in relazione agli articoli 268 e 271 cod. proc. pen. per non
essere stata accolta dalla corte territoriale l’eccezione di inutilizzabilità delle

,

risultanze delle intercettazioni di conversazioni benché tali intercettazioni

1

siano state realizzate per mezzo di impianti installati presso la sala
intercettazioni della stazione dei carabinieri di Giarre secondo quanto disposto
dalla apposita autorizzazione rilasciata dal pubblico ministero, allegata al
ricorso. Si rileva come nelle autorizzazioni in parola il pubblico ministero non
abbia dato atto della effettiva indisponibilità delle apparecchiature in
dotazione alla procura della Repubblica limitandosi semplicemente a stabilire
che l’attività dovesse essere svolta presso i locali della stazione dei

quali norme stabilite a pena di inutilizzabilità. Si stigmatizza la motivazione
resa sul punto nella sentenza impugnata, in cui – senza prendere atto di un
decreto del pubblico ministero intervenuto anni dopo nel maldestro tentativo
di sanare il vizio – si legge che le intercettazioni sarebbero state effettuate
presso i locali della stazione dei carabinieri con motivazione tratta per
implicito rinvio, nel decreto del pubblico ministero, al provvedimento
autorizzativo del gip in cui sarebbelstatt.motivatt le eccezionali ragioni di
urgenza che avrebbe giustificato il diverso luogo di ascolto; tuttavia dalla
lettura del decreto autorizzativo del gip, datato 18 luglio 2002 nulla è scritto
sul punto.
Violazione di legge in relazione all’art. 438 comma 5 0 cod. proc. pen. perché il
difensore aveva richiesto in sede di udienza preliminare l’ammissione al rito
alternativo, condizionandola alla trascrizione delle intercettazioni; il primo
giudice aveva rigettato la richiesta, e allo stesso modo la corte territoriale ha
ti.tErdema=beil’impugnazione, pur avendo costituito, l’oggetto di tali
intercettazioni, il tema centrale del processo.
Quanto alla posizione di Portogallo Marcello, in particolare:
mancanza di motivazione in ordine alla sussistenza del vincolo associativo ai
sensi dell’art. 416 cod. pen. relativamente alla partecipazione contestata al
ricorrente; nonché mancanza di motivazione in riferimento ai reati contestati
capi C) ed L) delle della rubrica in relazione all’Oatto di coartazione quale
elemento di fattispecie del reato previsto nell’art. 629 cod. pen.; violazione di
legge e vizio di motivazione con riguardo alla ritenuta aggravante delle più
persone riunite, che sarebbe nel caso insussistente essendosi la vittima recata
dagli imputati, non questi ultimi da quella.
Quanto alla posizione di Musumeci Giuseppe, si contesta in particolare:
violazione di legge in relazione all’art. 648 cod. pen. (applicato nel caso,
nonostante le richieste difensiva di qualificare il fatto ex art. 712 cod. pen.)
sostenendo la mancanza dell’elemento psicologico del reato di ricettazione,

carabinieri, con ciò violando dagli artt. 271, 268 comma 3 cod. proc. pen.

dedotta dai giudici del merito dall’avere l’imputato ricevuto un autoradio che
recava fili strappati e sfilacciati (come emerso dagli esiti della perquisizione
effettuata nell’abitazione dello stesso); il ricorso si conclude chiedendo
rilevarsi la prescrizione del contestato delitto di ricettazione essendo
quest’ultima intervenuta già in data precedente alla pubblicazione della
sentenza di appello.

Il ricorso è infondato.

Quanto al primo motivo, sollevato nell’interesse di entrambi i ricorrenti,
questa corte si è già pronunciata sulla questione oggi risollevata dagli imputati
nelle sentenze nn. 16.0k2005 e 16.027/2005, emesse nei confronti degli
stessi, e in ragione dei fatti oggi in questione osservando quanto segue.
“Il decreto esecutivo di intercettazione della Procura Distrettuale della
Repubblica

in data

29.7.2002, attraverso l’esplicito richiamo del

provvedimento autorizzativo del Giudice (sufficientemente espresso: cfr. Cass.
S.U. 26.11.2003 – 19.1.2004 n. 919, ric. Gatto), in esecuzione del quale del
resto veniva pronunciato, ha dato conto della peculiarità dell’operazione di
captazione in atto che contemporaneamente doveva registrare sia in video
(tramite apposte telecamere miniaturizzate installate ai margini della piazza)
sia in audio (tramite microfoni piazzati al di sotto della panchina costituente
abituale luogo di incontro dei soggetti sospettati di gestire le attività di furto di
autoveicoli e di successive estorsioni ai danni dei derubati).
La citata sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione n. 919 del 2004 ha
ribadito la validità della motivazione per relationem richiamando le numerose
pronunce della Corte di legittimità sul punto (tutte a sezioni unite: 25 marzo
1998, Manno; 21 giugno 2000, Primavera; 31 ottobre 2001, Policastro).
Quest’ultima in particolare è stata specifica sulla possibilità di ritenere
integrato per relationem il decreto di esecuzione di cui all’art. 268 c. 3 c.p.p.
attraverso il richiamo al decreto autorizzativo del giudice “la cui motivazione
risulti congrua rispetto all’esigenza di giustificazione, sul punto, propria del
provvedimento di destinazione”. La sentenza n. 919/2004, in risposta allo
specifico interpello che con l’ordinanza di rimessione era stato formulato, ha
precisato che “per istituire una relazione tra i due provvedimenti non
occorrono formule particolari e la idoneità di quella usata va valutata in

/

concreto, tenendo conto dei rapporti esistenti tra i provvedimenti”. In

CONSIDERATO IN DIRITTO

coerenza con tale premessa, tenuto conto del ruolo di “presupposto
necessario” rivestito dal decreto autorizzativo del giudice rispetto al decreto
esecutivo del pubblico ministero, sicché le ragioni poste a fondamento del
primo si comunicano naturalmente al secondo, anche la formula “visto il
decreto del g.i.p.” in quest’ultimo contenuta determina quella integrazione
della motivazione sufficiente a soddisfare la richiesta normativa, purché
ovviamente il decreto del giudice contenga in sè anche gli argomenti specifici
propri del decreto del pubblico ministero. Occorre cioè verificare in concreto

se il decreto autorizzativo abbia al suo interno la motivazione sulla
insufficienza/inidoneità degli impianti di intercettazione esistenti presso la
procura della repubblica e sull’esistenza delle eccezionali ragioni di urgenza. A
questa indagine doverosa l’ordinanza impugnata si è sottratta. È ben vero che
essa ha rammentato, sulla scorta della citata sentenza Gatto, che la
ripetizione della formula normativa della insufficienza/inidoneità degli impianti
non soddisfa l’onere motivazionale, occorrendo la specificazione del tipo di
insufficienza o di inidoneità che in concreto determinano tale situazione
(sicché anche la formula “indisponibilità di linee presso la locale procura” è
stata ritenuta sufficiente come giustificazione). Quello che conta è che
comunque dal provvedimento si possa dedurre l’iter cognitivo seguito in modo
da poterne derivare la sua conformità alla legge, il dato testuale non doveva
esimere dalla verifica del significato che in concreto le richiamate espressioni
normative assumevano, state il richiamo per relationem del provvedimento
autorizzativo del giudice.
Vertendosi in tema di error in procedendo, sulla deduzione della sua
insussistenza da parte del ricorrente a norma dell’art. 606 c. 1 lett. e) c.p.p.,
questa Corte è giudice anche del “fatto”. Per risolvere la relativa questione si
deve quindi procedere all’esame diretto degli atti (Cass. S.U. 31.1028.11.2001 n. 42792). Ritiene questo Collegio che il provvedimento esecutivo
del pubblico ministero, attraverso il richiamo del decreto autorizzativo del
giudice per le indagini preliminari, abbia sufficientemente giustificato sia
l’inidoneità degli impianti di intercettazione esistenti presso la procura della
repubblica (ovviamente l’insufficienza non poteva essere oggetto di
valutazione anticipata) sia la sussistenza delle eccezionali ragioni di urgenza.
Partendo da quest’ultimo profilo, la lettura del decreto del GIP consente di
rilevare immediatamente che le indagini fino a quel momento effettuate
avevano evidenziato “circostanze sufficientemente sintomatiche dell’esistenza
di un gruppo criminale, facente capo al clan Laudani, che opera nel territorio

4

di Giarre, Riposto e Mascali” e che le intercettazioni erano necessarie “alla
prosecuzione delle indagini per meglio comprendere l’assetto del sodalizio per
cui si indaga.., nonché conoscere tempestivamente l’attività delittuosa
programmata per il proprio sostentamento”, dando in tal modo conto di una
situazione criminale in corso di svolgimento, giustificativa dell’eccezionalità
delle ragioni di urgenza. Le critiche difensive sotto questo profilo non colgono
nel segno. La circostanza, che la polizia giudiziaria non sia in concreto

l’attività criminale in atto, lasciando così che alcune estorsioni venissero
portate a compimento o che un’autovettura rubata e in relazione alla quale
era stata tentata un’estorsione venisse bruciata, non elimina (se rapportata a
valutazione ex ante) la sussistenza delle eccezionali ragioni di urgenza
rappresentate. Che la prossimità della sala di ascolto ai luoghi di
consumazione dei reati non abbia in concreto consentito di rendere
tempestivo l’intervento per evitare che i reati venissero portati a compimento,
è una valutazione ex post che non può incidere sulla astratta correttezza della
valutazione, formulata ex ante. Nè sul piano logico è dirimente l’osservazione
secondo la quale i tempi di pronuncia dei provvedimenti (in particolare
l’intervallo intercorso – undici giorni – tra la pronuncia del decreto di
autorizzazione del GIP e quello esecutivo del P.M.) sarebbero in
contraddizione con la rappresentata eccezionalità dell’urgenza. Questa è
infatti espressione pur sempre relativa, in quanto connessa alle ragioni di
insufficienza e/o inidoneità degli impianti esistenti. Se, come nel caso, si verte
in ipotesi di inidoneità tecnica per la necessaria contemporaneità della ripresa
video con l’intercettazione audio, l’esecuzione è connessa all’effettiva
possibilità tecnica di procedervi. Tanto meno può esservi relazione tra la
scelta del P.M. di chiedere al GIP l’autorizzazione per procedere
all’intercettazione, anziché emettere decreto d’ urgenza a norma dell’art. 267
c. 2 c.p.p., perché diversamente il legislatore avrebbe subordinato l’ipotesi
disciplinata dal secondo inciso del comma 3 dell’art. 268 c.p.p. alla pronuncia
del decreto d’ urgenza a norma del citato comma 2 dell’art. 267 c.p.p.. Per
quel che attiene alla inidoneità in concreto degli impianti esistenti presso la
Procura della Repubblica di Catania, la lettura del decreto autorizzativo del
giudice, richiamato per relationem dal decreto del P.M., consente di
individuarne con immediatezza le ragioni: l’autorizzazione ha infatti ad
oggetto non soltanto le operazioni di intercettazioni audio ma anche quelle
audio/video. La comunicazione di notizia di reato dei Carabinieri di Giarre del

intervenuta (o non sia tempestivamente intervenuta) per interrompere

25.6.2002, che il decreto del GIP espressamente menziona e richiama
(“…compiutamente rappresentate nella nota informativa del 25.6.2002, cui ci
si riporta per comodità espositiva”, la conoscenza del contenuto della quale
era assicurata perché fisicamente allegata alla richiesta di autorizzazione del
P.M.), spiega tecnicamente la necessità di effettuare in contemporanea con la
intercettazione delle conversazioni anche la ripresa video a mezzo di
telecamere (trattandosi di luogo pubblico, l’individuazione dei soggetti parlanti
rendeva necessaria la ripresa video) “con trasferimento di segnale su linea

telefonica ISDN della Telecom presso la sala di ascolto di questo Comando” in
relazione alle conversazioni tra presenti che si effettuavano presso la
“panchina sita nella piazza Fleming in località Carrabba di Mascali”. L’esigenza
tecnica dell’invio del segnale per la video-ripresa presso la sala di ascolto del
Comando dei Carabinieri di Giarre ha comportato l’attrazione in detta sala
anche della intercettazione audio, donde l’inidoneità della sala di ascolto
esistente presso la Procura della Repubblica. La lettura coordinata del decreto
esecutivo del P.M. con il provvedimento presupposto non comporta
l’interpretatioabrogans che i difensori degli indagati hanno paventato nelle
note difensive e nella difesa orale. Non vi è svuotamento del dettato
normativo, che impone la motivazione sia in relazione alla inidoneità degli
impianti esistenti presso gli uffici giudiziari sia in relazione alle eccezionali
ragioni di urgenza, ma la verifica in concreto del suo pieno rispetto.
L’accoglimento del ricorso nei termini indicati assorbe le questioni relative
all’efficacia sanante del decreto pronunciato dal P.M. il 29.6.2004″.
Da tale analitica motivazione il collegio non ravvisa ragione per discostarsene
(né nel ricorso tale motivazione è stata presa in considerazione alcuna, e
criticata nelle sue articolazioni).

Quanto al secondo motivo, sollevato sempre nell’interesse di entrambi gli
imputati, deve osservarsi che, per la giurisprudenza di questa corte, ignorata
nel ricorso, poiché la trascrizione delle intercettazioni telefoniche non
costituisce prova o fonte di prova ma solo un’operazione puramente
rappresentativa in forma grafica del contenuto di prove già acquisite mediante
registrazione fonica, non è possibile subordinare la richiesta di definizione del
processo con rito abbreviato ad una integrazione probatoria consistente
nell’esecuzione della trascrizione, ben potendo la parte far eseguire la
trasposizione su nastro magnetico delle registrazioni secondo il disposto
dell’art. 268, comma 8, c.p.p. (Cass. 6.5.2008, n. 32851).

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Circa la posizione di Portogallo Marcello, le doglianze relative alla integrazione
della fattispecie associativa di cui all’art. 416 bis cod. pen. risultano infondate
alla luce della dettagliata motivazione svolta dai giudici del tribunale (cfr. pp.
29-31 della sentenza) e dalla corte territoriale (cfr. pp. 12-13 della sentenza
di appello) in cui si delinea una lineare ricostruzione del materiale probatorio
rispetto alla quale nel ricorso si prospetta esclusivamente una critica non

anche affetta da rilevante genericità.
Lo stesso è dirsi per le ulteriori condotte criminali ascritte all’imputato, in
considerazione della logica e lineare motivazione in fatto esposta dalla corte
territoriale alle pp. 8-12 della sentenza impugnata; invece il ricorso si limita a
contestare genericamente il valore probatorio delle frasi captate.
Ad eguale conclusione deve aggiungersi circa l’integrazione dell’aggravante
delle più persone riunite, avendo la corte di appello puntualmente motivato
sulla situazione di simultanea presenza di due persone nel luogo e nel
momento in cui si realizzava la condotta estorsiva (cfr. p. 10 della sentenza
impugnata).

Quanto al ricorso presentato nell’interesse del Musumeci, impeccabile si
mostra la sentenza impugnata nel sottolineare l’eloquenza del fatto emerso a
seguito della perquisizione presso l’abitazione dell’imputato, ossia l’essere
state rinvenute in possesso dello stesso due autoradio con i fili di
collegamento strappati e sfilacciati, così da rendere evidente a chiunque che
l’appropriazione di tali beni era avvenuta con violenza sulle cose (in
particolare sugli autoveicoli ove in precedenza si trovavano istallate).
Peraltro la corte territoriale ha pure prestato attenzione a precisare che
l’imputato, a fronte di tali evidenze, non ha saputo fornire nesuna
v….e.u2
ragionevole giustificazione sul possesso di tali beni e sulle condizioni Aigli
stessi si trovavano. Dal che, la corte territoriale ha correttamente dedotto
l’integrazione del dolo di ricettazione facendo applicazione della costante
giurisprudenza di questa corte per cui ai fini della configurabilità del delitto di
ricettazione è necessaria la consapevolezza della provenienza illecita del bene
ricevuto, senza che sia peraltro indispensabile che tale consapevolezza si
estenda alla precisa e completa conoscenza delle circostanze di tempo, di
modo e di luogo del reato presupposto, potendo anche essere desunta da
prove indirette, allorché siano tali da generare in qualsiasi persona di media

soltanto in fatto, e come tale insindacabile in questa sede di legittimità, ma

levatura intellettuale, e secondo la comune esperienza, la certezza della
provenienza illecita di quanto ricevuto. Questa Corte ha più volte, del resto,
affermato che la conoscenza della provenienza delittuosa della cosa può
desumersi da qualsiasi elemento, anche indiretto, e quindi anche dal
comportamento dell’imputato che dimostri la consapevolezza della
provenienza illecita della cosa ricettata, ovvero dalla mancata – o non
attendibile – indicazione della provenienza della cosa ricevuta, la quale è

con un acquisto in mala fede (Cass. sez.II 11 giugno 2008 n.25756, Nardino;
sez.II 27 febbraio 1997 n.2436, Savic).
Nella sentenza impugnata l’assenza di plausibili spiegazioni in ordine alla
legittima acquisizione del Jmobile si pone come coerente e necessaria
conseguenza di un acquisto illecito.

Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti /à1
pagamento delle spese processuali.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Roma, 27.6.2014

Il Consigliere estensore
Fabrizio Di Marzio

t–

Il Presidente

sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento, logicamente spiegabile

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