Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32410 del 27/06/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 32410 Anno 2014
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: DI MARZIO FABRIZIO

Data Udienza: 27/06/2014

SENTENZA
Sul ricorso proposto daLattanzi Daniele, nato il 23 febbraio 1975, avverso la
sentenza della Corte di appello di Ancona del 25 gennaio 2013.Sentita la
relazione della causa fatta dal consigliere Fabrizio Di Marzio; udite le
conclusioni del sostituto procuratore generaleMario Fraticelli, che ha chiesto
rigettarsi il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Ancona ha confermato la
sentenza del Tribunale di Pesaro in data 8 luglio 2009 di condanna di Lattanzi
Daniele per i reati ascrittigli.
Nel ricorso presentato nell’interesse dell’imputato si lamentano:
1. vizio di motivazione e mancata assunzione di una prova decisiva circa
lo stato di incapacità dell’imputato, che avrebbe commesso il fatto in
preda ad una sindrome di astinenza atipica, determinata dal proprio
stato di tossicodipendenza, la quale diversamente dalla normale
condizioni di astinenza, costituisce vera e propria espressione

/

patologica incidente sulla capacità di intendere di volere. Si critica che
nella motivazione della sentenza i giudici abbiano avuto riguardo alle
normali situazioni di crisi d’astinenza, e nemmeno abbiano ritenuto di
integrare il quadro probatorio ai sensi dell’art. 603 cod. proc. pen.
disponendo in via di ufficio idonea perizia.
2. Violazione di legge, in relazione all’art. 649 cod. pen. e vizio di
motivazione sono poi lamentati in ordine alla ricostruzione dei fatti,

affermando che dalla complessiva valutazione del compendio
probatorio emergerebbe come lo stesso si sia limitato ad esporre
minacce, cosicché versandosi in ipotesi di rapina arrestatasi nella fase
del tentativo, avrebbe dovuto ritenersi applicabile la causa di non
punibilità per essere il fatto commesso a danno di congiunti.
Con memoria depositata in data 17.6.2014 si argomenta il decorso del
termine prescrizionale per i reati ascritti, concludendo anche a tal riguardo per
l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Laimanifesta infondatezza della impugnazioneideriva, innanzitutto, dalla logica
motivazione svolta dalla corte di appello circa lo stato di imputabilità del
ricorrente, avendo i giudici del merito sottolineato (a pagina 7 della sentenza
impugnata) come fosse emerso agli atti che l’imputato avesse agito in preda
ad una crisi di astinenza dalla assunzione di sostanze stupefacenti, e come
neppure il consulente tecnico di parte abbia affermato – rilevando la
sussitenza di una crisi atipica – che l’imputato versasse in una condizione di
vizio totale o parziale di mente, essendosi limitato ad affermare
genericamente la presenza di un vizio di mente incidente sulla capacità di
intendere di volere, senza però in nessun modo stimarne l’importanza.
Non sorgeva dunque necessità di integrazione istruttoria, peraltro nemmeno
richiesta della difesa dell’imputato.
Egualmente motivata in modo conforme alla legge e alla logica è la decisione
sulla sussistenza di una condotta non soltanto minacciosa ma anche violenta,
richiamandosi a pagina 8 della sentenza impugnata la testimonianza del
fratello dell’odierno imputato, il quale ha riferito, circa gli episodi oggetto del
presente giudizio, che in una occasione l’imputato aveva sferrato un calcio al
padre e nell’altra aveva ingaggiato una colluttazione con il padre e lo stesso
testimone.
Da ultimo il Collegio osserva che non possono trovare applicazione le norme

contestandosi che l’imputato abbia usato violenza ai propri familiari, ed

sulla prescrizione del reato (peraltro non ancora maturata), dal momento che
– secondo la giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte l’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla mancanza, nell’atto di
impugnazione, dei requisiti prescritti dall’articolo 581 cod. proc. pen., ovvero
alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido
rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e
dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’articolo 129 cod. proc. pen.

Cass. Sez. Un., sent. n. 32 del 22.11. 2000 dep. 21.12.2000 rv 217266).
Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della
Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa
emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1000.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 1000 in favore della Cassa delle
ammende.
Roma, 27.6.2014

Il Consigliere estensore
Fabrizio Di Marzio

)5-e

Il Presidente
Fgc=an anese

(cfr.: Cass. Sez. Un., sent. n. 21 del 11.11.1994 dep. 11.2.1995 rv 199903;

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