Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32395 del 21/03/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 32395 Anno 2014
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: CASA FILIPPO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BEVILACQUA FEDERICO N. IL 21/08/1975
BEVILACQUA VIOLETTA N. IL 17/07/1986
avverso l’ordinanza n. 18/2012 CORTE APPELLO di L’AQUILA, del
08/02/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FILIPPO CASA;
A-Éri-lette/sentite le conclusioni del PG Dott. ‘Ce 1
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Uditi difensor Avv.;

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Data Udienza: 21/03/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con decreto emesso in data 8.2.2013, depositato il 27.6.2013, la Corte di Appello
dell’Aquila, in funzione di Giudice della Prevenzione, confermava il decreto del 12.5.2011, con il
quale il Tribunale di Pescara aveva disposto nei confronti di BEVILACQUA Federico e DI ROCCO
Marisa la confisca dell’immobile sito in Pescara, via Aterno n. 298/3, intestato a BEVILACQUA
Violetta, sorella del proposto Federico.
L’ammissione della natura simulata dell’acquisto del cespite dalla sorella Carmelina era

accertamento. In quel contesto, la BEVILACQUA aveva precisato che l’intestazione fittizia
venne effettuata per sottrarre la sorella alle procedure di ingiunzione e che lei in
quell’appartamento non vi aveva mai abitato; l’alloggio, viceversa, era abitato dal fratello
Federico e dalla sua famiglia.
Alla stregua di tale dichiarazione, ritenuta utilizzabile, prima il Tribunale di Pescara e poi
la Corte di Appello dell’Aquila avevano considerato mendaci le successive dichiarazioni rese in
giudizio a proposito della effettività dell’acquisto immobiliare, pagato con somma di 64.000,00
euro ricevuta in donazione dal fidanzato dell’epoca Primavera Angelo (neppure dalle
dichiarazioni del quale potevano trarsi elementi di certezza sulla dazione della somma e sul suo
reale utilizzo).
Nonostante l’intestazione in capo a BEVILACQUA Violetta, secondo i Giudici di merito
l’immobile doveva considerarsi nella piena disponibilità dei proposti e provento della loro
attività illecita.
2. Ha proposto ricorso per cassazione avverso il suddetto decreto personalmente
BEVILACQUA Federico al fine di ribadire la sua estraneità alla proprietà dell’immobile,
effettivamente riconducibile alla proprietà della sorella Violetta.
3. Ha proposto ricorso anche BEVILACQUA Violetta, per il tramite del suo difensore di
fiducia.
3.1. Con il primo motivo, deduce violazione di legge con riferimento all’art. 2 ter L.
575/65 in relazione all’art. 111 Cost., non essendole stato garantito il rispetto del principio del
contraddittorio per mancata citazione nel giudizio di prevenzione.
3.2. Con il secondo motivo, denuncia violazione di legge con riguardo all’art. 34 cod.
proc. pen. in relazione agli artt. 2 e ss. L. n. 575/65, in quanto il decreto ricorso mutuava
integralmente il suo contenuto da precedente decreto pronunciato all’udienza camerale del
16.11.2012, con ciò palesando la mancanza di imparzialità e terzietà dei Giudici.
3.3. Con il terzo e ultimo motivo lamenta vizio di motivazione con riferimento alla
ritenuta disponibilità dell’immobile in capo ai proposti.
4. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso per la declaratoria di
inammissibilità di entrambi i ricorsi: quello proposto dalla terza interessata BEVILACQUA
Violetta, in quanto assistita da difensore non munito di procura speciale; quello di BEVILACQUA
1

stata resa da BEVILACQUA Violetta agli operanti della Guardia di Finanza in sede di

Federico, perché soggetto non legittimato ad impugnare per ribadire l’effettiva titolarità
dell’immobile in capo alla sorella.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Preliminarmente deve rilevarsi che la comunicazione, trasmessa a mezzo fax il
18.3.2014, di adesione all’astensione dalle udienze proclamata dall’O.U.A. da parte dell’avv.

dell’odierna udienza camerale, posto che l’art. 611 cod. proc. pen. (“Procedimento in camera di
consiglio”) dispone che, “Se non è diversamente stabilito in deroga a quanto previsto dall’art.
127, la corte giudica sui motivi, sulle richieste del procuratore generale e sulle memorie delle
altre parti senza intervento dei difensori”.
2. Ciò detto, entrambi i ricorsi vanno dichiarati inammissibili.
2.1.

Il ricorso nell’interesse di BEVILACQUA Violetta deve essere dichiarato

inammissibile poiché proposto da difensore non munito di procura speciale.
2.1.1. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte in tema di procedimento di

prevenzione, mentre il difensore del proposto è legittimato a proporre ricorso per cassazione
sulla base di un mandato difensivo analogo a quello rilasciato dall’imputato nel processo penale
ai sensi dell’art. 571 comma 3 cod. proc. pen., per i terzi interessati è indispensabile il
conferimento di procura speciale, in quanto soggetti portatori, nel procedimento di
prevenzione, di un mero interesse di natura civilistica, per i quali vale analogicamente la
regola, espressamente prevista dall’art. 100 cod. proc. pen. per la parte civile, il responsabile
civile e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria, secondo cui essi “stanno in
giudizio coi ministero di un difensore munito di procura speciale”, al pari di quanto previsto nei
processo civile dall’art. 83 del codice di rito (in senso conforme Sez. 6, Sentenza n. 44636 del
31/10/2013, Ardito e altro, Rv. 257812; Sez. 6, n. 35240 del 27/06/2013, Cardone e altri, Rv.
256264; Sez. 2, n. 27037 del 27/03/2012 , Bini, Rv. 253404; Sez. 6, n. 46429 del
17/09/2009, Pace e altri, Rv. 245440).
2.1.2. Non ignora il Collegio che, in alcuni recenti arresti di questa Corte, è stata

sostenuta l’applicabilità nel processo penale dell’art. 182 cod. proc. civ. comma 2, nel testo
modificato dalla legge n. 69/2009, che prevede per il giudice l’obbligo di assegnare alle parti,
laddove venga rilevato un difetto di rappresentanza, assistenza o autorizzazione, un termine
perentorio per la costituzione della persona cui spetta la rappresentanza o l’assistenza.
In base a tale orientamento, il fatto che non sia stato assegnato, in presenza di un vizio
della procura, un termine alla parte per munirsi della prescritta procura speciale, costituirebbe
un vizio di violazione di legge, rilevabile in sede di scrutinio di legittimità (Sez. VI, 20.11.2012,
n. 1289; Sez. VI, 5.2.2014, n. 11933).
Secondo questa opzione ermeneutica, è stata ritenuta del tutto ingiustificata la non
applicabilità dell’art. 182 cod. proc. civ. nel processo penale, di talché il difetto di procura
2

Antonio Valentini, difensore di fiducia di BEVILACQUA Violetta, non influisce sulla validità

dovrebbe essere apprezzato in termini di irregolarità sanabile e non già come una condizione
ostativa, in conformità al principio di conservazione degli atti giuridici, anche di natura
processuale, e al fine di consentire, in aderenza alla normativa europea, il più ampio accesso
alla tutela giurisdizionale.
2.1.3. Questo Collegio ritiene, come già opinato in tale senso dalla maggioritaria
giurisprudenza di questa Corte (vedi, oltre alle decisioni già citate, anche Sez. III, 21.3.2013 n.
39077 e Sez. II, 13.6.2013, n. 31044), che non possano ritenersi applicabili in sede penale le

richiamo dalla norma penale processuale.
Richiamo espresso che nel caso specifico non ricorre, cosicché, in assenza di regole
dettate dal codice processuale penale in merito all’obbligo, per il giudice, di sanare la carenza
di legittimazione attraverso l’assegnazione di un termine alla parte per munirsi di procura
speciale, deve ritenersi inammissibile l’azione del terzo rappresentato da difensore non munito
di procura speciale.
La diversa tesi sostenuta, secondo cui in sede penale dovrebbe ritenersi operante l’art.
182 cod. proc. civ., presuppone una interferenza fra le due procedure che non appare
giustificata dalla scelta di sistema operata dal legislatore, il quale, quanto ai rapporti tra azione
civile ed azione penale, ha tenuto ferme e distinte le linee guida ed i principi che ispirano e
connotano i due modelli processuali, così diversi per quanto riguarda i tempi del processo,
l’impulso processuale, i limiti al diritto di prova. Con la conseguenza che non è possibile
invocare il travaso di norme da un sistema all’altro, in assenza di condizioni di permeabilità,
avendo ciascun sistema una propria struttura non omologabile.
L’autosufficienza delle regole processuali penali, per quanto riveste interesse nel
presente processo, è del resto dimostrata dal fatto che l’art. 100 cod. proc. pen. costituisce
norma specifica che ha imposto l’obbligo della procura speciale al difensore delle parti civili,
senza operare alcun richiamo a disposizioni di impronta civilistica.
In tal senso, va ricordata anche la chiarissima affermazione contenuta nella sentenza
Sez. III, 9.4.2013, n. 39078, che ha precisato come “per tassativo disposto dell’art. 100 c.p.p.,
“la parte civile, il responsabile civile e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria
stanno in giudizio col ministero di un difensore munito di procura speciale.”. E che all’azione
civile esercitata nell’ambito del processo penale si applichino le norme del codice di procedura
penale non può essere revocato in dubbio; è indubitabile quindi che trovi applicazione l’art.
100 c.p.p. e non l’art. 86 c.p.c.”.
Dunque, si deve concludere che l’art. 182 cod. proc. civ. trova il suo esclusivo ambito di
applicazione nel processo civile e non può esserne invocata l’applicazione in sede penale,
mancando un’esplicita norma di richiamo.
2.1.4. Ciò posto, deve essere dichiarato inammissibile il ricorso proposto dalla terza
interessata BEVILACQUA Violetta, dal momento che il mandato da lei conferito al difensore si
limita a conferire il potere defensionale senza alcuna ulteriore indicazione, indispensabile
3

regole previste dalla disciplina processual-civilistica, se non laddove ne sia fatto un espresso

perché lo si possa apprezzare come procura speciale finalizzata a conferire la rappresentanza
tecnica in giudizio (S.U., sent. n. 44712/2004).
2.2.

Va dichiarato inammissibile anche il ricorso proposto personalmente da

BEVILACQUA Federico.
È del tutto condivisibile il parere espresso dal P.G. in sede in ordine al difetto di
legittimazione attiva del ricorrente.
Ed invero, l’impugnativa volta a contestare la ritenuta fittizia intestazione del bene deve

disponibilità dello stesso bene, che, fondatamente, si presuma intestato a terzi al fine di
sottrarlo a coattiva apprensione, in ragione della paventata od attuale soggezione a misure di
prevenzione.
La ragione è di intuitiva evidenza.
L’impugnativa del proposto, che contesti la ritenuta divaricazione tra apparenza ed
effettiva realtà giuridica, non potrebbe significare altro che riconoscimento di effettiva
disponibilità, e dunque del presupposto legittimante l’ablazione del cespite, non avendo egli in linea astratta – alcun qualificato interesse a dedurre una situazione di mera apparenza, né
essendo tale alternativo interesse fatto valere in giudizio.
Ciò è tanto più vero in situazioni giuridiche, come quella in esame, in cui tra il proposto
ed il terzo intestatario vi sia rapporto di coniugio.
3. Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al

pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della
cassa delle ammende che stimasi equo determinare in € 1.000,00 ciascuno.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e al versamento di 1.000,00 euro ciascuno alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 21 marzo 2014

Il Consigli

stensore

Il P esid t

Artre

essere proposta dal terzo apparente intestatario e non certo da chi si ritenga abbia la

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