Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32393 del 04/03/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 32393 Anno 2014
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: MAGI RAFFAELLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ASCONE VINCENZO N. IL 10/08/1980
avverso l’ordinanza n. 734/2013 TRIB. LIBERTA’ di REGGIO
CALABRIA, del 24/07/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. RAFFAELLO MAGI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

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Uditi difensor Avv.;

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Data Udienza: 04/03/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza emessa in data 26 luglio 2013 il Tribunale di Reggio Calabria,
giudicando ai sensi dell’art. 309 cod. proc. pen. nel procedimento di riesame
introdotto da Ascone Vincenzo , confermava il titolo cautelare rappresentato
dall’ordinanza emessa dal GIP di Reggio Calabria in data 30 maggio 2013 .
Giova precisare che Ascone Vincenzo risulta raggiunto da contestazione cautelare
ritenuta assistita da gravità indiziaria per diverse ipotesi di reato:

delinquere di stampo mafioso rappresentata dalla cosca Bellocco- Ascone,
articolazione della ‘ndrangheta operante nel territorio di Rosarno dalla fine degli
anni ’90 a tutt’oggi, meglio descritta al capo A del titolo genetico;
– una serie di reati-fine aggravati ai sensi dell’art. 7 legge 203 del 1991, posti in
correlazione con le attività criminose del gruppo, tra cui una contestazione
elevata ai sensi dell’art. 74 dPr 309/’90 e numerose concernenti la detenzione e
il porto di armi.

Il ruolo descritto nella contestazione di cui al capo A, cui è limitata la verifica da
parte del Tribunale (che afferma, come da memoria depositata in udienza,
l’avvenuta limitazione del gravame alla sola natura mafiosa del sodalizio), è
quello di responsabile operativo del clan, con compiti di decisione, pianificazione
dei delitti-fine, individuazione degli obiettivi, approvigionamento di armi e
munizioni, gestione del traffico degli stupefacenti, direzione del gruppo di fuoco .
Il gruppo criminoso Ascone viene descritto, nella prima parte del provvedimento,
come una cellula operativa della ‘ndrangheta calabrese, alleato con la più nota
cosca dei Belloco, entrata in contrapposizione sul territorio di Rosarno con la
cosca dei Pesce, a sua volta federata alla famiglia Sabatino.
Le attività investigative valorizzate dal GIP prima e dal Tribunale poi consentono
– secondo i giudici del merito cautelare – di qualificare in tali termini l’agire del
gruppo al cui vertice viene posto Ascone Antonio che con il fratello Salvatore e i
figli Michele e Vincenzo (attuale ricorrente) rappresentano l’asse portante della
consorteria criminale, alleata con la potente cosca Bellocco (oggetto,
quest’ultima, di numerosi e recenti procedimenti, alcuni approdati a sentenze
definitive, puntualmente elencati nel provvedimento impugnato, ove si fa
riferimento anche a decisioni relative ad Ascone Antonio ed altri soggetti inseriti
in una struttura organizzata per realizzare traffico di stupefacenti).
Le indagini inquadrano, in particolare, la mafiosità del gruppo in questione
attraverso l’analisi di una serie di gravi fatti di sangue che si assumono
concatenati, avvenuti tra il 2006 ed il 2007.

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– la ritenuta partecipazione, con compiti di organizzatore, alla associazione per

In particolare nell’ottobre del 2006 si verifica l’omicidio di un affiliato alla cosca
Pesce-Sabatino, a nome Sabatino Domenico.
Tale delitto, secondo i contenuti riversati nel provvedimento e derivanti
dall’analisi di numerose captazioni di conversazioni (ambientali e telefoniche) cui
si aggiungono i contributi narrativi di alcuni collaboranti (in particolare
Facchinettí Salvatore e Marino Vincenzo, nonchè Pesce Giuseppina e Sollazzo
Giovanni ) sarebbe derivato da un contrasto insorto, per ragioni di predominio
sul territorio, tra i Sabatino e gli Ascone e sarebbe stato materialmente eseguito

Il Sabatino Domenico, inoltre, sarebbe stato l’autore di un precedente omicidio
avvenuto nel 1999 ai danni di Cannizzaro Maurizio, soggetto legato agli Ascone.
Da tale episodio sarebbe derivato il risentimento dei Pesce (altra storica famiglia
appartenente alla ‘ndragheta) nei confronti degli Ascone, con desiderio di
immediata vendetta che in un primo momento sarebbe stata frenata dalla
«mediazione» dei Bellocco, alleati proprio degli Ascone.
Tuttavia l’indebolimento del gruppo Bellocco dovuto all’arresto di Bellocco
Giuseppe – avvenuto il 16 luglio del 2007 – determina la rottura dei già fragli
equilibri mafiosi e consente la messa in opera della vendetta dei Pesce/Sabatino,
tanto che già in data 9 agosto 2007 proprio Ascone Vincenzo resta gravemente
ferito in un agguato in Nicotera Marina ed in data 14 agosto 2007 trova la morte
in un secondo agguato armato Ascone Domenico, figlio di Ascone Salvatore e
ritenuto anch’egli coinvolto nell’omicidio di Sabatino Domenico.
Le captazioni ambientali, favorite dal regime detentivo di molti degli affiliati di
vertice della cosca Ascone (tra cui Ascone Antonio, detenuto già dal mese di
aprile 2007 e lo stesso Ascone Vincenzo che quando viene gravemente ferito
nell’agosto 2007 era in condizione di latitanza e viene dunque arrestato) sono
ampiamente illustrate nel provvedimento impugnato e – nella lettura offerta
dall’ordinanza – consentono di comprendere che il conflitto insorto tra gli Ascone
ed i Sabatino era una vera e propria «guerra di mafia» , un faida che
coinvolgeva i Bellocco (da un lato) e i Pesce (dall’altro) ed era, pertanto,
espressione in modo inequivoco del tipo di attività posta in essere dagli Ascone e
del vincolo associativo sottostante.
I numerosi riferimenti captativi, realizzati in contemporaneità con alcuni degli
episodi criminosi del 2007 e successivamente agli stessi – e non riproducibili in
questa sede – vengono uniti alle dichiarazioni dei siundicati collaboranti e
consentono di ritenere sussistenti, ad avviso del Tribunale, copiosi indici
rivelatori circa la caratura mafiosa del sodalizio in esame.
In particolare risulterebbe provato, almeno nella misura richiesta dall’art. 273
cod.proc.pen., il solido legame tra gli Ascone ed i Bellocco, la disponibilità di armi

da Ascone Vincenzo, figlio di Ascone Antonio.

e l’esistenza di nascondigli per sfuggire ai controlli delle forze dell’ordine, la
capacità intimidatoria della cosca, l’esistenza di meccanismi solidaristici
espressivi dell’a ffectio societatis,

l’attività svolta dal gruppo nel settore

dell’acquisto e rivendita delle sostanze stupefacenti nonchè le capacità di
reinvestimento nel settore dei trasporti su gomma anche tramite prestanome (si
tratta della Calabria Trasporti s.a.s. formalmente riferita a tal Fabrizio Giuseppe).
Si citano, nella parte espositiva circa l’esistenza della cosca, oltre ai contenuti
dichiarativi resi – in particolare – dal Facchinetti e dal Marino e alle risultanze

– la scoperta di un vero e proprio bunker collegato alla abitazione di Ascone
Antonio, avvenuta in data 31 marzo 2007;
– il rinvenimento di un deposito di armi (tra cui tre fucili mitragliatori), avvenuto
in data 21.9.2007 nei pressi dell’abitazione di Fiumara Francesco, che sarebbero
state rivendicate come proprie da Ascone Vincenzo in sede di interrogatorio di
garanzia;
– il sequestro di un rilevante quantitativo di sostanze stupefacenti avvenuto in
data 25 ottobre 2007 avvenuto in data 25 ottobre 2007 presso l’abitazione di
Borgese Francesca e Consiglio Damiano (altro cugino di Ascone Vincenzo).
Ciò posto, il Tribunale ritiene sussistenti i presupposti applicativi della misura
cautelare nei confronti di Ascone Vincenzo, essenzialmente in riferimento alla
analisi di contenuti di conversazioni intercettate, letti in aderenza al complesso
degli elementi acquisiti durante le indagini.
Vincenzo Ascone è infatti il soggetto che – sia pure involontariamente – consente,
attraverso l’analisi dei colloqui intercettati con i familiari presso il luogo di
detenzione, la ricostruzione della rete di relazioni associative e rappresenta,
pertanto, il costante riferimento dell’intera indagine, sorta in rapporto al
tentativo di eliminazione fisica da lui subìto nell’agosto del 2007.
Numerose sono pertanto le rievocazioni del contenuto di tali colloqui, non
riproducibili in questa sede, da cui il Tribunale deduce l’intensità del ruolo svolto
in seno al gruppo.

Ascone Vincenzo, infatti, indica alla madre Fiumara Carmela le modalità di
prosecuzione delle attività economiche e i criteri di ripartizione delle entrate,
impartisce al cugino Consiglio Damiano consigli circa l’attività di spaccio, esprime
la sua rabbia per il rinvenimento e sequestro dell’arsenale della cosca,
affermando che ciò non sarebbe accaduto se lui fosse stato libero, manifesta in
più occasioni espliciti propositi di vendetta nei confronti della cosca rivale per
quanto accaduto nel mese di agosto del 2007.

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delle intercettazioni, alcuni atti investigativi a riscontro, tra cui :

Da ciò la considerazione – espressa dal Tribunale – per cui non può dubitarsi della
caratura mafiosa del sodalizio e del ruolo direttivo svolto, anche durante il
periodo di detenzione, da Ascone Vincenzo.
Le esigenze cautelari, inoltre, al di là della presunzione relativa di sussistenza si
alimentano dallo stesso contenuto delle fonti dimostrative, tale da rappresentare
in modo univoco il ruolo direttivo e l’elevata pericolosità del soggetto,
costantemente animato da propositi di violenza e vendetta verso gli autori

2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione – a mezzo del
difensore – Ascone Vincenzo, articolando distinti motivi.
Con il primo motivo si deduce vizio di motivazione e violazione di legge in
riferimento alla ritenuta gravità indiziaria circa l’esistenza stessa di una
associazione di stampo mafioso denominata cosca Ascone.
Ad avviso del ricorrente la motivazione resa dal Tribunale risulta generica e non
consente di inviduare, in concreto, i tratti salienti dell’agire del sodalizio, in
rapporto ai contenuti della norma incriminatrice.
Le conversazioni ritenute rilevanti riguarderebbero, in realtà, le preoccupazioni
legittime degli appartenenti al nucleo familiare a fronte di un attacco armato
portato da altri soggetti allo stato del tutto sconosciuti.
Erronea, sul punto, sarebbe pertanto la deduzione di una caratura mafiosa di un
gruppo, non sostenuta da tali dati captativi.
Non vi sarebbe alcun concreto elemento circa l’identificazione di Ascone Vincenzo
quale autore dell’omicidio di Sabatino Domenico.
Anche gli elementi forniti dai collaboranti, non valutati secondo i dettami imposti
dall’art. 192 cod.proc.pen., non sarebbero idonei a rappresentare l’esistenza di
una cosca Ascone, che si assume ‘federata’ con la cosca Bellocco.
Nessuno riferisce della partecipazione di un componente della famiglia Ascone ai
‘summit’ successivi all’omicidio di Sabatino Domenico, nè vi è effettivo riscontro
circa l’esistenza di un potere di intimidazione ricollegabile ai membri della
famiglia Ascone. Gli episodi indicati nel provvedimento per sostenere tale ipotesi
risultano, infatti, privi di qualsivoglia valenza indicativa.
Si rappresenta, inoltre, che le stesse dichiarazioni rese dalla collaborante Pesce
Giuseppina consentono di affermare che l’omicidio Sabatino poteva avere
fnotivazioni personali e non ricollegabili ai rapporti tra le famiglie mafiose dei
Pesce da un lato e dei Bellocco dall’altro.
Con il secondo motivo si deduce vizio di motivazione in riferimento alli omesso
esame di specifiche doglianze difensive.

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dell’omicidio del cugino Domenico e del suo ferimento.

Il Tribunale avrebbe fatto riferimento in via esclusiva ai contenuti dell’ordinanza
genetica, senza fornire alcuna risposta alle doglianze difensive, in ciò omettendo
La dovuta valutazione.
Con il terzo e quarto motivo di ricorso si deduce vizio di motivazione in
riferimento agli elementi indizianti relativi ai reati fine.
Il Tribunale valorizza meri sospetti e non svolge alcun esame della concreta
valenza indiziante dei contenuti delle conversazioni.

1. Il ricorso va dichiarato inammissibile, per i motivi che seguono.
1.1 Quanto al terzo ed al quarto motivo di ricorso si tratta, infatti, di doglianze
non rivolte al giudice della impugnazione di merito e, pertanto, inammissibili ai
sensi del principio generale sotteso alla formulazione dell’art. 606 co.3
tod.proc.pen. .
In sede di procedura incidentale di riesame la doglianza era stata infatti
espressamente limitata alla valutazione della gravità indiziaria sul capo A della
contestazione provvisoria (art. 416 bis).
Non può, pertanto, ritenersi possibile un allargamento dell’oggetto
dell’impugnazione in sede di legittimità.
1.2 Quanto al primo e al secondo motivo di ricorso va detto che il Tribunale ha
ampiamente motivato, con aderenza agli atti e senza evidenti vizi logici, circa
l’esistenza di una associazione avente le caratteristiche di cui all’art. 416 bis cod.
pen. denominata cosca Ascone.
Il ricorrente non si confronta – nella espressione delle critiche – con il reale
contenuto della motivazione del provvedimento impugnato.
il Tribunale ha infatti valorizzato numerosi e coerenti indici rivelatori della
«caratura mafiosa» della cosca Ascone, sia in quanto tale (disponibilità di armi,
utilizzo di un nascondiglio protetto, rapporti solidaristici tra gli affiliati, capacità di
reinvestimento in attività ad oggetto lecito) che in rapporto al consolidato
rapporto intrattenuto nel corso del tempo con la cosca Bellocco (già oggetto di
ampia verifica giudiziaria approdata a decisioni definitive).
Non si tratta, pertanto, di suggestioni prive di contenuto dimostrativo o di
riflessioni sociologiche.
In particolare, appaiono corrette le deduzioni operate dal Tribunale (sulla base
dei copiosi elementi dimostrativi riportati) circa la «connotazione mafiosa» del
conflitto armato sorto, nel corso del tempo, tra i membri del gruppo Ascone e la
cosca dei Pesce (omicidio del 1999 di Cannizzaro Maurizio, soggetto legato agli
Ascone / omicidio del 2006 di Sabatino Domenico, uomo dei Pesce / reazione dei

CONSIDERATO IN DIRITTO

(231

Pesce nel 2007 con attentato ai danni di Ascone Vincenzo del 9 agosto e
successivo omicidio di Ascone Domenico del 14 agosto).
Le evidenti interrelazioni tra gli episodi – ricostruite non solo tramite apporti
dichiarativi di collaboranti ma anche in virtù di analisi dei colloqui intercettati autorizzano ampiamente l’utilizzo di massime di esperienza tese ad inquadrare la
genesi dello scontro armato non certo sulla base di semplici rivalità personali ma
ín un’ottica di contrapposizione tra gruppi.
Contrapposizione che vede coinvolti gli Ascone, a vario titolo, come soggetti

anche rispetto ai loro alleati Bellocco.
Da qui, pertanto, è del tutto congruo – sul piano logico – dedurre che :
a) il conflitto trae origine da necessità di radicare e mantenere il controllo delle
attività economiche di ben individuate fasce di territorio, con modalità
rispondenti al contenuto descrittivo della norma incriminatrice (art. 416 bis) ;
b) l’essere uno dei poli del conflitto è di per sè indicativo, in una con le altre
risultanze investigative, della finalità mafiosa perseguita dal gruppo.
Tali aspetti, del tutto evidenti nel percorso motivazionale, non vengono affrontati
in modo adeguato nel ricorso, che pecca pertanto di estrema astrattezza.
In particolare, sono proprio i numerosi colloqui intercettati durante il periodo di
detenzione del ricorrente Ascone Vincenzo – ampiamente valutati nell’ordinanza
impugnata – a far emergere la caratura criminale di tale soggetto e la sua
capacità direttiva delle altrui azioni, il che rappresenta ulteriore conferma circa la
ricorrenza dei gravi indizi di colpevolezza in rapporto alla ipotesi contestata.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma
di denaro in favore della cassa delle ammende che stimasi equo determinare in
euro 1,000,00 .

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento di euro 1.000,00 a favore della cassa delle
ammende.
Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al
direttore dell’Istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p. comma 1
ter.

7

protagonisti (ed in parte vittime) dello scontro, con piena autonomia decisionale

Così deciso il 4 marzo 2014

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