Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32384 del 21/02/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 1 Num. 32384 Anno 2014
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: MAGI RAFFAELLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MIRABILE ANGELO N. IL 02/10/1966
avverso l’ordinanza n. 794/2013 TRIB. LIBERTA’ di CATANIA, del
13/05/2013
entita la relazione fatta dal Consigliere Dott. RAFFAELLO MAGI;
sentite le conclusioni del PG Dott. “è pi ta
clAk

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 21/02/2014

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza emessa in data 13.5.2013 il Tribunale di Catania, decidendo in
sede di riesame ai sensi dell’art. 309 cod.proc.pen., confermava l’ordinanza
cautelare emessa dal GIP del locale Tribunale in data 8.4.2013 nei confronti di
Mirabile Angelo.
La misura cautelare della custodia in carcere risulta disposta in relazione alla
imputazione provvisoria di partecipazione ad associazione mafiosa (art. 416 bis

denominato Villaggio Sant’Agata, con l’aggravante del ruolo direttivo dal 30
settembre al 22 ottobre del 2008 e dal luglio 2009 in poi .
Nell’esaminare le doglianze difensive, in quella sede formulate, il Tribunale
osserva in primis che :
– non può dirsi sussistente alcuna nullità del titolo genetico per integrale
riproduzione dei contenuti della richiesta applicativa inoltrata dal Pubblico
Ministero. Il GIP, infatti, pur utilizzando una tecnica di massiccia incorporazione
dei contenuti della richiesta nel corpo dell’atto – tecnica di per sè consentita in
presenza di determinate condizioni – aveva in ogni caso operato il dovuto vaglio
critico, come è dimostrato dal rigetto di talune richieste operate ;
– non poteva dirsi ricorrente l’ipotesi di inefficacia per l’omessa trasmissione al
Tribunale di un atto già sottoposto alla valutazione del GIP, consistente secondo la difesa – in un verbale di dichiarazioni rese da Torrente Salvatore il 15
maggio 2009. Ciò perchè, in sostanza, il GIP utilizza in motivazione il verbale
reso dal Torrente alla P.G. il giorno precedente, ovvero il 14 maggio 2009 e dà
semplicemente atto del fatto che il giorno successivo tali dichiarazioni vennero
confermate innanzi alli A.G. . Dunque l’ipotetica omissione relativa al verbale del
giorno 15 (che non vi è prova sia stato effettivamente trasmesso al GIP in sede
di richiesta) riguarderebbe, in ogni caso, un atto dal contenuto del tutto
irrilevante ai fini dell’adozione della misura;
– non può dirsi, inoltre, sussistente alcuna inutilizzabilità dei verbali relativi alle
dichiarazioni rese da La Causa Santo, posto che è indiscusso l’avvenuto rispetto
delle regole di documentazione di cui all’art. 141 bis cod.proc.pen.. Il deposito
dei verbali riassuntivi risulta pertanto pienamente legittimo e gli stessi possono
essere posti a fondamento delle valutazioni cautelari.
Quanto alle doglianze relative alla operata valutazione di gravità indiziaria, il
Tribunale riteneva corretto il percorso argomentativo contenuto nel titolo
genetico e ne argomentava le ragioni.

2

cod.pen.), in particolare al clan Santapaola, operante in Catania, nel quartiere

Non viene ignorata la circostanza della intervenuta condanna del Mirabile con
sentenza definitiva per analoga contestazione mossagli fino all’anno 1996,
nonchè in primo grado con altra sentenza GUP del 26 aprile 2007.
Nè viene trascurata la circostanza dell’intervenuto rigetto nell’anno 2012 di
nuova ordinanza cautelare, non essendo stati ritenuti gli elementi allora prodotti
dall’accusa sufficienti ad integrare un grave quadro indiziario.
Si ritiene però che gli elementi sopravvenuti – valutati unitamente a quelli già
acquisiti – consentano la formulazione della prognosi di condanna per il periodo

procedimento in corso.
In particolare, il Tribunale sottopone a valutazione i contributi narrativi resi dai
collaboranti Torrente Salvatore, Barbagallo Ignazio, Sturiate Eugenio, Laudani
Giuseppe, D’Aquino Gaetano, La Causa Santo, Mirabile Giuseppe e Mirabile
Paolo.
Di particolare rilievo, dato il ruolo direttivo svolto, viene indicato il contributo di
La Causa Santo.
Detti contributi, riportati in sintesi, vengono ritenuti convergenti nella indicazione
di Mirabile Angelo come appartenente al clan Santapaola, con ruolo direttivo
svolto nel gruppo di Villaggio Sant’Agata tra il 2009 e il 2010 (sia pure in
posizione sottoposta alla autorità di Arcidiacono Francesco e di altri soggetti in
quel periodo detenuti).
Le dichiarazioni rese da Mirabile Giuseppe e Mirabile Paolo vengono inoltre
richiamate a ‘chiarimento’ di un colloquio intercettato durante la loro detenzione
nel 2011 ove si faceva riferimento al fatto che .. quello che si chiama come noi,

Villaggio, è rimasto isolato.. . Ciò consente di valorizzare i contenuti della
captazione in questione – ritenuta non sufficientemente chiara nel 2012 – come
ulteriore elemento indiziante, confermativo dell’inserimento e del ruolo del
Mirabile all’interno del gruppo.
Vengono altresì ritenute significative le risultanze di altri procedimenti penali in
corso (ove sono state elevate contestazioni per reati aggravati dall’art. 7 I.n.203
del 1991) e le accertate frequentazioni con altri soggetti ritenuti inclusi.

2. Avverso detto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione – a mezzo
del difensore – Mirabile Angelo, articolando distinti motivi.
Con il primo si ripropone la questione di nullità del titolo genetico (ordinanza
GIP) e si assume l’erroneità della decisione impugnata per mancato rilievo di
detto vizio.
Ad avviso del ricorrente risulta violata, nel titolo genetico, la disposizione
normativa di cui all’art. 292 cod.proc.pen. non essendovi stata alcuna
3

aprile 2007 / aprile 2010, non coperto dal precedente giudicado e dal diverso

elaborazione autonoma, nei confronti del Mirabile, da parte del GIP circa la
consistenza degli elementi di prova allegati dal Pubblico Ministero.
A fronte di tale dato, comportante inesistenza del percorso argomentativo, non
poteva il Tribunale del Riesame integrare la motivazione ma avrebbe dovuto
dichiarare la nullità dell’ordinanza. Il potere integrativo da parte dell’organo
dell’impugnazione cautelare può infatti sussistere solo a fronte di una
motivazione carente ma non a fronte di una motivazione meramente apparente.
Con il secondo motivo si riproponeva la richiesta di declaratoria di inefficacia del

trasmissione al Tribunale del Riesame del verbale di dichiarazioni rese dal
Torrente il 15 maggio 2009, contestandosi la validità della motivazione espressa
nel provvedimento impugnato.
Ad avviso del ricorrente l’atto in questione è stato certamente trasmesso e
utilizzato dal GIP e l’omissione successiva non potrebbe essere superata dalla
pretesa irrilevanza del contenuto.
Con il terzo motivo si ripropone la questione di inutilizzabilità dei verbali
contenenti le dichiarazioni di La Causa Santo.
Ad avviso del ricorrente non vi sarebbe l’osservanza della norma di cui all’art.
141 bis cod.proc.pen. essendo stato redatto il solo verbale riassuntivo.
Con il quarto motivo si deduce vizio di motivazione e violazione di legge in
relazione alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza.
Si contesta, in particolare, la sussistenza di una reale convergenza tra i diversi
contributi narrativi – specie sulla tempistica e il contenuto del preteso ruolo
direttivo svolto – e si rappresentano talune contraddizioni tra le affermazioni rese
da Torrente Salvatore e Barbagallo Ignazio.
Si rappresenta altresì che lo stesso Ufficio di Procura ha indicato, per il periodo in
questione, altri soggetti di vertice, diversi dal Mirabile.
Ed ancora si contesta la mancata individuazione, tra le diverse condotte di cui
all’art. 416 bis co.2 di quella effettivamente posta a carico del Mirabile.
I contributi sarebbero pertanto generici e inidonei a determinare una effettiva
gravità indiziarla, rettamente intesa.
L’ipotesi della permanenza del vincolo associativo, pur dopo le precedenti
condanne, risulta dunque del tutto congetturale e sfornita del necessario livello
dimostrativo imposto dall’art. 273 cod.proc.pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato e va pertanto rigettato.
4

titolo cautelare genetico ai sensi degli artt. 309 co.5 e co.10 per mancata

1.1 Quanto ai vizi procedurali denunziati, gli stessi non sussistono.
Con il primo motivo si è infatti riproposto il tema della nullità del titolo genetico e
della correlata impossibilità per il Tribunale di porvi rimedio.
Va sul punto evidenziato che l’oggetto della verifica di legittimità non è
rappresentato dal provvedimento emesso dal GIP ma dall’ordinanza emessa ai
sensi dell’art. 309 cod.proc.pen. dal Tribunale.
Da ciò deriva la impossibilità di operare, nella presente sede, diretta verifica sul
fatto – affermato dal ricorrente – rappresentato dalla mera «riproduzione» da

investigativi, senza alcuna valutazione critica.
In ogni caso, se ciò fosse – in ipotesi – avvenuto, il Tribunale avrebbe dovuto
comunque esercitare i suoi poteri valutativi di merito (e non limitarsi a dichiarare
la nullità dell’ordinanza) come di recente affermato da Sez. H n. 30696 del
20.4.2012, rv 253326, decisione da ritenersi del tutto condivisibile.
In tale arresto, questa Corte di legittimità ha valorizzato la natura autonoma del
giudizio spettante al Tribunale del Riesame in un contesto normativo (art. 309
cod.proc.pen.) che da un lato ‘svincola’ la peculiare impugnazione de qua dalla
necessaria indicazione dei motivi (effetto integralmente devolutivo) dall’altro
trasferisce sull’istante anche il rischio di una diversa argomentazione posta a
sostegno del titolo cautelare (il Tribunale può confermare il provvedimento anche
per ragioni diverse da quelle indicate nella motivazione del medesimo).

parte del GIP nell’ordinanza emessa ai sensi dell’art. 292 dei contenuti

Dunque in presenza di una ordinanza cautelare che, seppur recependo in modo 1 141
acritico l’impostazione di accusa, riporti i dati oggetto di valutazione ed esprima
le conseguenze di tale ‘adesione’, non risulta possibile per il Tribunale emettere
un provvedimento di ‘annullamento’ (che residua per i soli casi di totale
mancanza dell’iter argomentativo) del titolo cautelare, proprio in virtù
dell’ampiezza dei poteri/doveri che a tale organo sono attribuiti.
Del resto, tale orientamento – oltre a tradurre in realtà applicativa i contenuti
precettivi dell’art. 309 cod.proc.pen. – risulta condivisibile anche sul piano della
logica dimostrativa, non apparendo possibile (e sul punto si concorda, con
l’opinione del ricorrente) individuare in concreto, in presenza di una
«condivisione» da parte del GIP dei contenuti di un atto di parte (quale è la
richiesta cautelare) se tale condivisione sia davvero espressiva di un maturato
convincimento (espresso in termini sintetici e adesivi alle opzione dell’accusa) o
di una trascuratezza comportamentale ed etica (che si ipotizza sempre lì dove si
afferma che la scelta di adesione del GIP sia ascrivibile a mera comodità e
risparmio di tempi) .
Gli indici rivelatori circa la ricorrenza della prima o della seconda ipotesi
(presenza di un rigetto con argomentazioni necessariamente diverse, nell’ambito

di un titolo cumulativo) ben possono essere in realtà fallaci (il rigetto di una delle
richieste non esclude la passiva accettazione delle altre) e pertanto, non
potendosi esplorare il percorso interiore seguito dall’estensore monocratico, ciò
che rileva – a ben vedere – è la capacità di resistenza e tenuta logica
dell’apparato motivazionale, per come espresso, di fronte alle critiche della
parte, formulate innanzi a un giudice ‘per definizione’ diverso e che alimenta la
sua decisione dal contraddittorio (rappresentato dal Tribunale del Riesame).
In tal senso, lo strumento del riesame è – di per sè – sanante di qualsiasi forma

valutazione di merito sulla valenza dimostrativa degli elementi raccolti e posti a
sostegno della limitazione di libertà.
Nel caso in esame, dunque, il Tribunale non soltanto ha escluso l’acritica
ricezione dei contenuti della richiesta del P.M. da parte del GIP ma – ciò che più
conta – ha autonomamente rielaborato i dati dimostrativi ed ha formulato le sue
valutazioni rispondendo alle critiche mosse dall’attuale ricorrente.
In ciò si è dato luogo, in ogni caso, ad una «rinnovata motivazione» che non
manifesta alcun vizio in tema di nullità, per quanto sinora detto.
1.3 Quanto al secondo motivo di ricorso, incentrato sulla pretesa violazione della
disposizione di cui all’art. 309 comma 5 cod.proc.pen., del tutto condivisibile ed
immune da vizi risulta la motivazione espressa dal Tribunale.
L’atto che si ipotizza non trasmesso – dichiarazioni rese dal Torrente al P.M. il 15
maggio 2009 – è pacificamente un atto privo di contenuto autonomo, essendosi
in tale circostanza il Torrente espressamente riportato ai contenuti già espressi
in data 14 maggio 2009 in sede di dichiarazioni spontanee rese alla P.G. (e circa
la presenza di tale atto non vi è questione) e rappresenta, pertanto,
esclusivamente una conferma di utilizzabilità di detti contenuti, riportata
nell’ordinanza emessa dal GIP.
Ciò consente di ritenere rispettata – in conformità all’orientamento interpretativo
emerso nella presente sede di legittimità e citato dal Tribunale – la sequenza
normativa descritta dai comme 5 e 10 dell’art. 309 cod.proc.pen. .
Da un lato, infatti, va affermato che l’atto successivo – sia pure privo di contenuti
dichiarativi – risulta sostanzialmente riprodotto nel titolo cautelare e ciò assicura
la formale validità dell’atto precedente, peraltro autonomamente utilizzabile in
sede cautelare ai sensi dell’art. 350 comma 7 cod.proc.pen., dall’altro va preso
atto dell’assenza di nuovi contenuti narrativi, il che assicura circa l’avvenuta
utilizzazione delle sole informazioni rese in data 14 maggio 2009, oggetto di
deposito e di trasmissione.
Da qui la possibilità di ribadire – nel caso in esame – l’orientamento emerso, tra
le altre, in Sez. III n.37009 del 7.7.2011, rv 251392, per cui l’inefficacia di cui
6

di pigrizia espressiva del primo giudice, risultando strutturato come seconda

all’art. 309 comma 10 cod.proc.pen. è correlata anche alla omessa trasmissione
di un solo atto che sia stato tuttavia ritenuto «determinante» ai fini
dell’applicazione della misura.
Ciò che rileva, in effetti, al fine di esercitare il controllo difensivo sulla provvista
cognitiva utilizzata in sede di emissione del titolo è il contenuto narrativo (reso in
data 14 maggio e trasmesso) e non l’atto di successiva conferma, che può dirsi,
a tal fine irrilevante.
Da ciò il rigetto del motivo qui in trattazione.

degli interrogatori resi da soggetti in stato detentivo (art. 141 bis) il motivo
risulta generico. Ciò perchè il Tribunale ha precisato che la fonoregistrazione è
stata operata ed è pacifico che la stessa rappresenta la condizione di validità
dell’atto, pur senza il necessario deposito della relativa trascrizione (essendo la
stessa prevista solo su richiesta di parte). Nel riproporre la questione, dunque, il
ricorrente avrebbe dovuto fornire adeguata dimostrazione del mancato rispetto
della norma, cosa che non è avvenuta.
2. Sulla motivazione dell’ordinanza. Vanno premesse all’esame delle doglianze
in punto di adeguatezza della motivazione talune considerazioni di ordine
generale.
2.1 La prima riguarda l’ambito del sindacato di questa Corte sui vizi di
motivazione del provvedimento impugnato, rappresentato – nel caso di specie da una ordinanza in tema di libertà personale.
Dando ormai per scontata la traduzione della espressione «gravi indizi di
colpevolezza» utilizzata dal legislatore nel corpo dell’art. 273 cod. proc. pen. nel
senso di «elementi di conoscenza idonei a far ragionevolmente presumere, allo
stato degli atti, la qualificata probabilità di condanna» è evidente che non può
venire in rilievo – in quanto tale – in sede di legittimità la violazione della
suddetta norma, quanto l’attribuzione di una effettiva «valenza indiziante» ai
singoli elementi oggetto di valutazione, nell’ambito del percorso giustificativo
della decisione adottata.
Trattasi dunque di esaminare la correttezza dei passaggi argomentativi contenuti
nel provvedimento di merito, anche in rapporto ai contenuti della norma
incriminatrice di riferimento (nel caso di specie rappresentata dall’art. 416-bis
cod. pen.) secondo i canoni imposti dalla norma di cui all’art. 606 comma 1
lettera e), su cui vi è copiosa elaborazione giurisprudenziale maturata in questa
sede.
Va dunque – sia pure in sintesi – ricordato che in sede di controllo sulla
motivazione va realizzata una :

7

1.4 Quanto alla pretesa violazione della norma che impone la fonoregistrazione

- verifica circa la completezza e globalità della valutazione operata in sede di
merito, non essendo consentito operare irragionevoli parcellizzazioni del
materiale indiziario raccolto (in tal senso, tra le altre, Sez. H n. 9269 del
5.12.2012, Della Costa, Rv. 254871) nè omettere la valutazione di elementi
obiettivamente incidenti nella economia del giudizio (in tal senso Sez. IV,
n.14732 del 1.3.2011, Molinario, Rv 250133 nonchè Sez. I, n.25117 del
14.7.2006, Stojanovic, Rv 234167) ;
– verifica circa l’assenza di evidenti errori nell’applicazione delle regole della

in particolare la ricorrente affermazione della necessità di scongiurare la
formulazione di giudizi meramente congetturali, basati cioè su dati ipotetici e
non su massime di esperienza generalmente accettate, rinvenibile di recente in
Sez. VI n. 6582 del 13.11.2012, Cerrito, Rv 254572 nonchè in Sez. H n. 44048
del 13.10.2009, Cassarino, Rv 245627) ;
– verifica circa l’assenza di insormontabili contraddizioni interne tra i diversi
momenti di articolazione del giudizio (cd. contradditorietà interna) ;
– verifica circa la corretta attribuzione di significato dimostrativo agli elementi
valorizzati nell’ambito del percorso seguito e circa l’assenza di incompatibilità di
detto significato con specifici atti del procedimento indicati ed allegati in sede di
ricorso (cd. travisamento della prova) lì dove tali atti siano dotati di una
autonoma e particolare forza esplicativa, tale da disarticolare l’intero
ragionamento svolto dal giudicante (in tal senso, ex multis , Sez. I n. 41738 del
19.10.2011, Rv 251516, ove si è precisato, sul punto, che «.. non è, dunque,
sufficiente che gli atti del processo invocati dal ricorrente siano semplicemente

contrastanti con particolari accertamenti e valutazioni del giudicante o con la sua
ricostruzione complessiva e finale dei fatti e delle responsabilità, nè che siano
astrattamente idonei a fornire una ricostruzione più persuasiva di quella fatta
propria dal giudicante. Ogni giudizio, infatti, implica l’analisi di un complesso di
elementi di segno non univoco e l’individuazione, nel loro ambito, di quei dati
che – per essere obiettivamente più significativi, coerenti tra loro e convergenti
verso un’unica spiegazione – sono in grado di superare obiezioni e dati di segno
contrario, di fondare il convincimento del giudice e di consentirne la
rappresentazione, in termini chiari e comprensibili, ad un pubblico composto da
lettori razionali del provvedimento. E’, invece, necessario che gli atti del processo
richiamati dal ricorrente per sostenere l’esistenza di un vizio della motivazione
siano autonomamente dotati di una forza esplicativa o dimostrativa tale che la
loro rappresentazione sia in grado di disarticolare l’intero ragionamento svolto
dal giudicante e determini al suo interno radicali incompatibilità, così da

8

logica tali da compromettere passaggi essenziali del giudizio formulato (si veda

vanificare o da rendere manifestamente incongrua o contraddittoria la
motivazione..» ).
Al giudice di legittimità resta, pertanto, preclusa, in sede di controllo sulla
motivazione, la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a
fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di
ricostruzione e valutazione dei fatti, preferiti a quelli adottati dal giudice di
merito, perchè ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità
esplicativa (si veda, ex multis, Sez. VI n. 11194 del 8.3.2012, Lupo, Rv 252178).

fatto e le impedirebbero di svolgere la peculiare funzione assegnatale dal
legislatore di organo deputato a controllare che la motivazione dei provvedimenti
adottati dai giudici di merito (a cui le parti non prestino autonomamente
acquiescenza) rispetti sempre uno standard di intrinseca razionalità e di capacità
di rappresentare e spiegare l’iter logico seguito dal giudice per giungere alla
decisione.
2.2 Ciò premesso, va anche compiuta una considerazione – sia pur sintetica circa il significato da attribuirsi alla nozione normativa di «partecipazione» ad
una associazione avente le caratteristiche descritte dal legislatore all’art. 416-bis
cod. pen., stante la necessità di fissare alcuni concetti utili alla ricostruzione della
posizione del ricorrente.
Il ricorrente si duole, infatti, del riconosciuto ruolo direttivo (in alcuni periodi) ma
ancor prima di affrontare il tema occorre interrogarsi circa la ricorrenza o meno
degli indicatori partecipativi.
E’ notorio, infatti, che con la particolare formulazione dell’articolo 416-bis cod.
pen. il legislatore ha adottato un modello descrittivo dell’ illecito tratto dalla
concreta esperienza criminologica, essendo stata compiuta una valorizzazione di
taluni elementi caratterizzanti della fattispecie ( in particolare l’avvalersi della
forza di intimidazione del vincolo associativo e delle correlate condizioni di
assoggettamento e di omertà ) desunti da dati «fenomenologici» riscontrati in
alcune realtà territoriali del nostro paese.
Ciò, come rilevato anche in dottrina, ha comportato una sorta di alterazione
dell’ordinario metodo di incriminazione delle fattispecie orientate alla tutela
dell’ordine pubblico (art.416 cod. pen.) e basate sul rilievo penalistico del solo
accordo finalizzato alla commissione indeterminata di delitti (cui si accompagni
un minimum di substrato organizzativo), atteso che il carattere «tipico»
dell’associazione che possa dirsi mafiosa è riscontrabile solo nella misura in cui
all’accordo tra più soggetti sia oggettivamente ricollegabile – per il metodo
operativo seguito, per la qualità soggettiva degli associati, per il radicamento
criminale sul territorio – un concreto effetto di «intimidazione ambientale», tale
9

Queste operazioni trasformerebbero, infatti, la Corte nell’ennesimo giudice del

da rendere possibile il perseguimento dei particolari fini (alterazione delle regole
del mercato, alterazione dei rapporti tra privati e pubbliche amministrazione
nell’aggiudicazione di appalti, o realizzazione di profitti ingiusti mediante lo
svolgimento di attività illecite) previsti dalla norma .
Pur non richiedendo, pertanto, la norma in parola la necessaria consumazione di
delitti-scopo e prevedendo la punibilità anche per le sole condotte associative di
per sé considerate (data la natura di reato di pericolo – sia pure concreto – in
rapporto al bene protetto) , è infatti evidente (ed in tal senso si parla di reato

prima evidenziati, rendono necessario un minimo di operatività o comunque
postulano l’esistenza di una concreta carica intimidatoria (sul punto, di recente,
Sez. I n. 35627 del 18.4.2012, Amurri, rv 253457) derivante dal modo di
atteggiarsi o di comportarsi (anche pregresso) da parte di quei soggetti che
rendano con chiarezza riconoscibile all’esterno tale fondamentale caratteristica.
In altre parole, va detto che una associazione può essere qualificata in sede
giudiziaria come «di stampo mafioso» esclusivamente ove risulti che il suo
modus operandi sia fortemente caratterizzato da un uso (almeno potenziale)
della violenza o minaccia, tale da generare quel senso di timore e insicurezza per
la propria persona o i propri beni che induce la generalità dei consociati a
piegarsi alle diverse richieste di vantaggi provenienti dagli associati .
Ciò posto, e richiamando i requisiti tipici delle condotte partecipative, va
osservato che negli ormai più di trenta anni di vigenza della fattispecie in parola
la dimensione applicativa ha fortemente risentito, come sovente accade, della
particolarità delle vicende oggetto di giudizio, degli aspetti ambientali correlati
alle stesse e degli specifici materiali dimostrativi portati all’attenzione dei diversi
soggetti giudicanti.
Sul punto, occorre anzitutto ricordare che questa Corte (a partire dalla decisione
Sez. I del 13.6.’87, Altivalle) richiede per la punibilità a titolo di partecipazione la
verifica dimostrativa della ricorrenza di un duplice aspetto : sul terreno
soggettivo va riscontrata l’affectio societatis, ossia la consapevolezza e volontà
del singolo di far parte stabilmente del gruppo criminoso con piena condivisione
dei fini perseguiti e dei metodi utilizzati; sul piano oggettivo, non potendosi
ritenere sufficiente la mera ed astratta «messa a disposizione» delle proprie
energie (dato che ciò, oltre a costituire un dato di notevole evanescenza sul
piano dimostrativo, si porebbe in contrasto con il fondamentale principio di
materialità delle condotte punibili di cui all’art.25 Cost.) va riscontrato in
concreto il «fattivo inserimento» nell’organizzazione criminale, attraverso la
ricostruzione – sia pure per indizi – di un «ruolo» svolto dall’agente o comunque
di singole condotte che – per la loro particolare capacità dimostrativa – possano
10

associativo a struttura mista) che i caratteri tipici dell’associazione in parola,

essere ritenute quali «indici rivelatori» (mediante l’applicazione di ragionevoli
massime di esperienza) dell’awenuto inserimento nella realtà dinamica ed
organizzativa del gruppo.
Così, ben può dirsi che tale «inserimento» prescinde da formalità o riti che lo
ufficializzano, potendo risultare per

facta condudentia, attraverso cioè un

comportamento che sul piano sintomatico sottolinei la partecipazione, nel senso
della norma, alla vita dell’associazione (Sez. I n. 1470 del 11.12.2007, Addante,
rv 238839 ove si ribadisce che la partecipazione alla associazione di stampo

attendibili regole di esperienza – possa logicamente inferirsi l’appartenenza del
soggetto al sodalizio, purchè si tratti di indizi gravi e precisi) .
In altre parole, ciò che va ritenuto decisivo ai fini della valutazione in sede
giudiziaria di «appartenenza» ad un gruppo avente le caratteristiche prima
illustrate non è la mera indicazione circa la qualità formale di affiliato (pur se tale
dato costituisce uno dei possibili indizi a carico) quanto la possibilità di attribuire
al soggetto in questione, mediante l’apprezzamento delle specifiche risultanze
probatorie, la realizzazione di un qualsivoglia «apporto» alla vita
dell’associazione, tale da far ritenere avvenuto il suo inserimento con carattere di
stabilità e consapevolezza soggettiva ( tra le altre, Sez. VI, 5.10.2000, Di Carlo,
ove si richiede espressamente l’individuazione, da parte del giudice di merito, di
puntuali e pertinenti elementi di fatto, logicamente indicativi di un perdurante
inserimento dell’imputato nella organizzazione mafiosa, atteso che al fine della
affermazione di penale responsabilità non rilevano mere situazioni di status, ma
la fattiva partecipazione del soggetto ad un sodalizio, nonchè la compiuta
definizione espressa da Sez. U. n. 33748 del 12.7.2005, Mannino, rv 231670 per
cui la condotta di partecipazione è riferibile a colui che si trovi in rapporto di
stabile e organica compenetrazione con il tessuto organizzativo del sodalizio, tale
da implicare, più che uno status di appartenenza, un ruolo dinamico e
funzionale, in esplicazione del quale l’interessato «prende parte» al fenomeno
associativo, rimanendo a disposizione dell’ente per il perseguimento dei comuni
fini criminosi).
Ciò tuttavia, è bene ribadirlo, non comporta certo l’adesione ad un pieno modello
«causale» di definizione della partecipazione, analogo a quello elaborato in sede
di definizione della punibilità del concorso esterno nel reato associativo.
In effetti va precisato che il comportamento – di volta in volta – elevato ad
«indice rivelatore» del fatto punibile, che qui resta l’ avvenuto inserimento del
soggetto nel gruppo criminoso in modo stabile, non deve necessariamente
possedere – di per sé – una elevata carica di apporto causale alla vita dell’intera
associazione (potendo consistere anche in un contributo di carattere morale e
11

mafioso può essere desunta da indicatori fattuali dai quali – sulla base di

psichico, se oggettivamente apprezzabile, come ritenuto da Sez. I n. 6819 del
31.1.2013, Fusco, rv 254503) atteso che lo stesso funge – a ben vedere – da
elemento «visibile» della esistenza del rapporto posto a monte, intercorso tra il
soggetto e il gruppo, che resta l’oggetto specifico della dimostrazione.
In tal senso, risulta condivisibile l’approdo cui è di recente pervenuta, sul tema,
la decisione Sez. VI n. 38117 del 9.7.2013, rv 256334 che richiede in sede
cautelare – ed al fine di ritenere integrato il presupposto della gravità indiziaria l’esistenza, tra le plurime dichiarazioni rese da collaboratori di giustizia, di

non necessariamente forniti di autonoma rilevanza penale, risultino comunque
indicativi del consapevole apporto dell’accusato al perseguimento degli interessi
della consorteria. La ricostruzione indiziaria, infatti, al di là delle generiche
indicazioni di «appartenenza» provenienti da soggetti ritenuti inclusi nel gruppo che pure possono svolgere funzione ausiliaria di riscontro, lì dove convergenti nel
loro nucleo essenziale – si alimenta necessariamente di un dato cognitivo capace
di illustrare almeno una condotta specifica, rivelatrice (sul piano logico) della
esistenza dello stabile rapporto tra il soggetto ed il gruppo di riferimento.
2.3 La decisione impugnata fa corretta applicazione dei principi di diritto e delle
regole valutative sin qui esposte e non risulta affetta da alcun vizio in punto di
completezza e logicità dei passaggi argomentativi.
Anche in tal caso, infatti, il confronto del ricorso con i motivi espressi
nell’ordinanza è solo parziale.
Il ricorrente, infatti, omette di considerare il rilievo attribuito dal Tribunale alla
captazione ambientale del novembre 2011, alla luce delle precisazioni fornite da
Mirabile Giuseppe e Mirabile Paolo.
Da tale captazione si evince che il Mirabile Angelo in quel periodo non solo era
concretamente inserito nel gruppo ma aveva subìto un «isolamento» in virtù di
una crisi interna alle diverse articolazioni del clan. Non risulta, pertanto,
irragionevole ed arbitraria la valutazione congiunta dei diversi contributi
narrativi, posto che la stessa si salda ad un dato ulteriore, rappresentato dalla
suddetta captazione. Significativo, infatti, è il termine utilizzato nel colloquio
intercettato, posto che l’isolamento presuppone una precedente capacità di
aggregazione di più persone intorno a sè, il che riscontra non solo l’appartenenza
ma anche un ruolo dirigenziale, per nulla contraddetto dalla esistenza di altri
soggetti ‘più elevati in grado’, essendo notorio che le organizzazioni mafiose
diversificano i livelli di comando sia su base territoriale che in ragione dei periodi
detentivi sofferti dagli esponenti di vertice.
Non possono accogliersi le critiche in punto di indeterminatezza del ruolo
direttivo attribuito (nelle varie forme previste dalla norma incriminatrice),
12

almeno una che tra esse risulti indicativa di atti o comportamenti che, seppure

trattandosi – in tutta evidenza – di questione qualificativa derivante da ulteriori
valutazioni in fatto che ben possono trovare esplicazione in sede di merito.
Ciò che rileva – nella presente fase – è infatti la descritta convergenza tra le
plurime fonti esaminate dal Tribunale che sostiene ampiamente la valutazione di
gravità indiziaria.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al
direttore dell’Istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p. comma 1

ter.

Così deciso il 21 febbraio 2014

Il Consigliere estensore

P.Q.M.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA