Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32383 del 29/01/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 32383 Anno 2014
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: CASA FILIPPO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FONTANA GIOVANNI N. IL 13/05/1945
FONTANA GIUSEPPE CARMELO N. IL 11/09/1977
FONTANA FRANCESCO CARMELO N. IL 19/04/1969
FONTANA ANTONINO N. IL 10/09/1971
CONDELLO MARIA N. IL 15/03/1950
CONDELLO FRANCESCO N. IL 16/02/1953
DIAMANTE TERESA N. IL 17/08/1929
avverso l’ordinanza n. 23/2012 CORTE ASSISE APPELLO di
REGGIO CALABRIA, del 20/02/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FILIPPO CASA;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. SA.ètee fr kj.3.-et
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Uditi difensor Avv.;

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Data Udienza: 29/01/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza resa in data 20.2.2013 (dep. il 10.4.2013), la Corte di Assise di Appello di
Reggio Calabria, quale Giudice dell’Esecuzione, in parziale accoglimento dell’opposizione proposta,
ex artt. 666 e 667, co. 4., cod. proc. pen., dal condannato Fontana Giovanni e dai terzi interessati
Condello Maria, Diamante Teresa, Condello Francesco, Fontana Giuseppe, Fontana Antonino e

(dep. 1’8.5.2012), annullava la confisca disposta ex art. 12 sexies D.L. n. 306/92 in relazione al
fabbricato (autosalone SE.MA.C. s.r.1.) sito in Reggio Calabria, frazione Archi, via Nazionale II
tratto n. 3, per la quota del 50% di proprietà di Condello Maria, confermando la misura
patrimoniale con riguardo al fabbricato sito in Reggio Calabria, frazione Archi, contrada Corvo n.
4, intestato in parti uguali a Condello Antonino, deceduto il 2.1.2006, padre di Condello Maria, ed
a Diamante Teresa.
1.1 Con riferimento all’immobile sito in frazione Archi, via Nazionale, II tratto n. 3, fraz.
Archi, la Corte di Assise di Appello, preso atto del giudicato formatosi, a seguito di sentenza n.
15097 emessa da questa Corte di legittimità in data 15.2.2005, che aveva annullato la confisca
disposta nel giudizio di prevenzione a carico del Fontana Giovanni (per l’acclarata acquisizione del
bene al patrimonio di Condello Maria in epoca antecedente a quella in cui il proposto aveva
realizzato le condotte delittuose che avevano giustificato la misura di prevenzione a suo carico),
dichiarava sussistente una preclusione processuale ostativa allo svolgimento di un nuovo giudizio
sulla provenienza del medesimo bene e, di conseguenza, annullava, in parte qua, l’ordinanza
opposta, disponendo la restituzione del cespite all’avente diritto.
1.2 La Corte territoriale confermava, invece, la confisca del fabbricato sito in frazione
Archi, contrada Corvo n. 4.
Rilevavano i Giudici che, in base alle emergenze probatorie acquisite, non poteva dubitarsi
della riconducibilità sostanziale del bene al Fontana Giovanni, che, di fatto, ne aveva la
disponibilità effettiva e l’aveva conferita in godimento anche ai nuclei familiari dei suo figli.
Da un lato, infatti, era stata smentita la riconducibilità dell’edificazione del piano terra e del
primo piano (primo e secondo piano f.t.), entro l’anno 1968, ad opera e con proventi di Condello
Antonino e Diamante Teresa; del secondo e del terzo piano (terzo e quarto piano f.t.) con proventi
di una vincita realizzata da Fontana Giuseppe nel 1999; del quarto piano (quinto f.t.) ancora al
rustico da parte di Diamante Teresa con proventi derivanti da somme assegnatele.
Dall’altro, la già ritenuta sproporzione fra valore dell’imponente fabbricato e capacità
reddituale del condannato e del suo nucleo familiare non era stata contrastata da documentazione
idonea a fronteggiare il relativo onere economico.

1

Fontana Francesco avverso il provvedimento emesso dalla medesima Corte in data 22.12.2009

2. Avverso la menzionata ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l’avv. Antonio
Managò nell’interesse di Fontana Giovanni e dei terzi interessati, sottoscrittori di procura speciale,
Condello Maria, Condello Francesca e Diamante Teresa, deducendo la “violazione dell’art. 606 lett.
c) ed e) cod. proc. pen. in relazione all’art. 125 n. 3 dello stesso codice ed in relazione ancora
all’art. 12 sexies D.L. n. 306/92”.
La Corte di Reggio Calabria non aveva considerato una serie di elementi atti a dimostrare

Teresa e, segnatamente: la denuncia del capo-cantoniere dell’ANAS in data 18.8.1975 a carico di
Condello Antonino; la sentenza emessa dal Pretore di Reggio Calabria in data 7.7.1977, con la
quale il Condello era stato condannato per abuso edilizio in corso di realizzazione in via Corvo n. 4
di Archi; la concessione dei terreni su cui insisteva detto fabbricato ai coniugi Condello-Diamante
dagli originari proprietari Trapani-Lombardo; la presentazione delle domande in sanatoria ad
opera dei germani Condello Francesco e Condello Maria.
La Corte, inoltre, non aveva effettuato alcuna correlazione tra il momento dell’insorgenza
della pericolosità sociale del Fontana Giovanni e l’acquisizione del bene confiscato.
Ancora, del tutto congetturali dovevano ritenersi le osservazioni con le quali i Giudici
avevano disatteso le allegazioni valorizzate dagli opponenti per contestare la ritenuta sproporzione
fra il valore dei beni acquisiti e le capacità reddituali della famiglia Fontana.
Infine, la Corte territoriale non avrebbe potuto utilizzare le dichiarazioni rese dal
collaboratore di giustizia Lombardo Giovanni, in quanto generiche ed errate.
3. Ha proposto ricorso per cassazione l’avv. Salvatore Morabito, munito di procure speciali,
nell’interesse di Diamante Teresa, Condello Francesco, Condello Maria, Fontana Antonino, Fontana
Francesco Carmelo e Fontana Giuseppe Carmelo, deducendo violazione dell’art. 606 lett. c) ed e)
cod. proc. pen. in relazione all’art. 125 n. 3 cod. pen., nonché in relazione all’art. 12 sexies D.L. n.
306/92.
Sulla posizione di Condello Francesco, la Corte di Assise di Appello nulla aveva scritto,
neppure per confutare la produzione documentale con cui si era dimostrato il possesso da tempo
immemorabile, unitamente alla madre Diamante Teresa, dell’appartamento sito al primo piano f.t.
dello stabile confiscato.
Il ricorrente faceva, in particolare, riferimento: ai certificati storici di residenza che
documentavano l’abitazione dell’immobile da parte di Condello Antonino e Diamante Teresa e, dal
1980, anche dal figlio Condello Francesco; alle domande di condono presentate nel 1986 da
Condello Francesco per il primo piano del fabbricato e da Condello Maria per il secondo piano,
evidenzianti il concreto interesse dei soggetti aventi la disponibilità del bene a sanare l’abuso; al
contratto di utenza telefonica.

2

l’effettiva disponibilità del bene confiscato in capo ai titolari formali Condello Antonino e Diamante

Appariva arbitrario e irrazionale omettere ogni motivazione in ordine alla disponibilità
dell’immobile in capo a Condello Francesco e a Diamante Teresa, affermando la disponibilità in
capo a Fontana Giovanni solo a causa dell’inserimento del figlio Giandomenico nello stato di
famiglia della Diamante stessa.
Del resto, nel provvedimento impugnato si riconosceva che l’immobile confiscato insisteva
su terreno di proprietà dei coniugi Condello-Diamante.

Fontana Francesco, con riferimento all’attività di officina meccanica e rivendita di veicoli esercitata
in forma individuale dal 1993 al 2002 e poi in società con i fratelli nella SEMAC a r.l..
Tale società, solo nella dichiarazione del 2006, aveva realizzato un volume di affari di C
2.488.355,27 con un utile di C 489.763, con risultati positivi conseguiti anche negli anni
precedenti.
Su tale punto, la Corte aveva omesso di motivare, così come sul mutuo di £ 40.000.000
ottenuto dalla Caricai nel 1995.
Arbitrarie, infine, apparivano le argomentazioni svolte per negare che la vincita al
Superenalotto di C 150.801,77 conseguita da Fontana Giuseppe nel 1999 e al medesimo
accreditata non potesse essere valutata a giustificazione delle spese sostenute per l’edificazione
dei due appartamenti in questione solo perché il Giuseppe risiedeva altrove.
Viceversa, nel 1999, Fontana Giuseppe, non ancora sposato, viveva con i genitori ed i
fratelli, sicché doveva ritenersi che quella vincita fosse entrata nella disponibilità dell’intero nucleo
familiare.
4. Il Procuratore Generale, nella sua requisitoria scritta, ha concluso per l’inammissibilità
dei ricorsi.

CONSIDERATO IN DIRITTO

I ricorsi vanno dichiarati inammissibili.
1. Nel provvedimento impugnato non è dato rilevare né mancanza, né contraddittorietà o
manifesta illogicità della motivazione, separatamente previste come motivo di ricorso dall’art. 606
lett. e) cod. proc. pen…
Contrariamente a quanto rilevato dai ricorrenti, i giudici di merito hanno, invero,
argomentato in maniera compiuta e logica, attraverso elementi di fatto tratti dal procedimento, in
ordine alla sproporzione tra le somme investite per l’acquisizione dei beni ed i redditi leciti
accertati, tenendo conto delle esigenze di vita quotidiana del proposto e della sua famiglia, anche
alla luce delle allegazioni difensive oggettivamente valutabili.

3

La motivazione aveva omesso qualsivoglia considerazione sulle disponibilità finanziarie di

La Corte territoriale ha fatto corretta applicazione del prin
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disposizioni che disciplinano il sequestro e la successiva confisca i prev

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non consentono di colpire indiscriminatamente tutti i beni dei soggetti

appartenenti alle categorie alle quali sono applicabili dette misure patrimoniali, bensì solo quelli di
valore sproporzionato al reddito dichiarato o alla attività economica svolta~3 .. i3.a-rrió iva
frut o i attira illeci o che ne,cAsttniscano il reim ieg

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• a riprova di ciò, ha

confermato la confisca solo con riferimento al fabbricato sito in frazione Archi, contrada Corvo n.
4.
2.1 La Corte di appello ha esaminato in modo analitico ed esaustivo le doglianze difensive,
osservando:
– che gli accertamenti peritali eseguiti avevano evidenziato come entrambi gli elaborati
progettuali intestati a Condello Antonino con la documentazione ad essi afferente, oggetto di
autorizzazioni rilasciate dal Genio Civile di Reggio Calabria, rispettivamente, in data 18.10.1958
(n. 11319) e 19.12.1956 (n. 44328), non avessero attitudine dimostrativa circa la realizzazione
dell’edificio confiscato, almeno per il piano terra e il primo piano, da parte dello stesso Condello
Antonino in tempi antecedenti al matrimonio della figlia: tale efficacia probatoria non avevano, in
quanto detti progetti riguardavano fabbricati diversi, sia per le caratteristiche costruttive
(fabbricati a due piani f.t. in muratura ordinaria, l’uno con sagoma trapezoidale, l’altro con
sagoma quadrata, a fronte dei cinque piani f.t. con struttura in cemento armato dell’immobile in
contestazione), sia per il luogo dell’edificazione (vicinanza al torrente Corvo e sulla via De Nava i
primi due, prossimità alla corsia Sud dell’autostrada Salerno – Reggio Calabria quello confiscato);
– che i contratti di somministrazione di energia elettrica stipulati da Condello Antonino in
data 3.12.1964 e le certificazioni anagrafiche, valutati alla luce degli accertamenti peritali svolti,
dimostravano che in Archi, alla contrada Corvo n. 4, preesistevano fabbricati, di cui uno dato in
fitto dai concedenti Trapani – Lombardo – Sano al colono Condello Antonino, nel quale questi
abitava con il proprio nucleo familiare e per il quale aveva stipulato un contratto di
somministrazione di energia elettrica; che, in seguito, detti fabbricati erano stati demoliti e sul
medesimo sedime era stato edificato il fabbricato a cinque piani f.t. oggetto di confisca.
2.2 Sulla inidoneità delle allegazioni e della documentazione offerte dai ricorrenti al fine di
dimostrare la sussistenza di capacità reddituale idonea a fronteggiare gli oneri economici necessari
per l’edificazione del fabbricato, la Corte reggina ha compiutamente e ragionevolmente risposto,
rilevando che:
– Fontana Giovanni non aveva mai presentato dichiarazione dei redditi;
– Condello Maria dal 1976 alla fine del 1985 aveva dichiarato redditi (da attività di
parrucchiera e di coltivatore diretto) assolutamente modesti, acquistando, tuttavia, alcuni cespiti
immobiliari tra il 1974 e il 1977 al prezzo complessivo di circa venti milioni di lire (rimaneva la

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sproporzione anche a considerare i canoni derivanti dalla locazione annua di £ 3.240.000
all’Amministrazione delle Poste e Telecomunicazioni dell’immobile acquistato nel 1974, posto che il
richiamo a detta locazione lasciava insoluto l’interrogativo concernente anche la provenienza delle
risorse per una prima ristrutturazione dell’immobile, al fine di concederlo in locazione);
– Diamante Teresa percepiva dal 1994 una irrisoria pensione di £ 444.140;
– Condello Antonino aveva percepito redditi da lavoro dalla fornace Aloi dal 1952 al 1978,

gennaio 74; quanto all’attività di macelleria esercitata fino al 1978 (non si sapeva da quando), la
Corte non reputava appaganti i dati della consulenza tecnica di parte sui ricavi conseguiti nel 1972
e 1974, perché non indicavano l’utile netto percepito dal commerciante;
– FONTANA Antonino aveva presentato dichiarazioni dei redditi solo dal 2003, mentre
FONTANA Giandomenico non aveva mai presentato dichiarazioni: quanto all’utilizzo, da parte di
costoro, allo scopo di edificare il terzo e quarto piano dell’edificio confiscato dopo il 1999, di una
vincita al Superenalotto accreditata a Fontana Giuseppe, la Corte di Appello ha ritenuto che
l’esclusività del beneficiario e il versamento in suo favore impedivano di considerare la vincita
appannaggio dell’intero nucleo familiare, non essendo, tra l’altro, logico che Giuseppe destinasse
tale somma per l’edificazione di un immobile dove neppure risiedeva (altro dato che smentiva
l’edificazione dei due piani in questione si ricavava dalle informazioni fornite dal collaboratore di
giustizia Lombardo Giuseppe, il quale già nel 1997 aveva parlato del palazzo “a tre piani” del
Fontana sito in via Corvo);
– che rimanevano allo stato di mere enunciazioni la destinazione del prestito bancario di C
20.000,00 concesso a Sinicropi Antonino, padre di Eufemia, in prossimità del matrimonio con
Fontana Antonino per la rifinitura del terzo piano (quarto f.t.) e della somma di C 21.128,06
conseguita da Diamante Teresa nell’aprile 2006 per arretrati pensionistici per l’edificazione del
quarto piano (quinto f.t.).
3. A fronte di una motivazione del tutto esauriente, i ricorsi proposti appaiono volti alla
rivalutazione, non consentita al Giudice di legittimità, degli elementi posti a fondamento del
provvedimento impugnato, peraltro già sviluppati nell’opposizione, dettagliatamente esaminati e
rigettati dal Giudice del merito con corretta applicazione delle norme di diritto che disciplinano la
materia.
In conclusione, i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili e, ai sensi dell’art. 616 cod.
proc. pen., i ricorrenti devono essere condannati al pagamento della spese processuali, nonché, al
versamento della somma di euro mille ciascuno in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

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ma non se ne conosceva l’ammontare; nulla risultava provato sui ratei di pensione antecedenti al

Dichiara inammissibil4 i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali
e della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende ciascuno.

estensore

Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2014

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