Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32375 del 11/02/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 32375 Anno 2014
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: MAGI RAFFAELLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
RENDO ANTONIO N. IL 06/01/1969
avverso la sentenza n. 104/2013 TRIB.SEZ.DIST. di CINQUEFRONDI,
del 29/01/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/02/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. RAFFAELLO MAGI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Gt .1) fAxr..43 1
che ha concluso per A e.4.1.).tv ,etzz_ AjLtaiu m
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Udito, per la parte civile, l’Avv
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Data Udienza: 11/02/2014

IN FATTO E IN DIRITTO
1. Con sentenza resa in data 5 marzo 2012 il G.M. del Tribunale di Palmi (Sez.
Distaccata di Cinquefrondi) dichiarava Rendo Antonio responsabile del reato di
cui all’art. 659 cod.pen. – così riqualificata l’originaria imputazione di cui al capo
A (art. 674 cod.pen.) – e lo condannava alla pena di euro 200,00 di ammenda,
oltre al risarcimento dei danni (da liquidarsi in separato giudizio) nei confronti
della costituita parte civile.
Rendo Antonio veniva assolto, contestualmente, dalla imputazione di cui al capo

La condotta originariamente ascritta al Rendo (art. 674 cod.pen.) risulta
collegata alla qualità di rappresentante legale della ditta Latersud.
La contestazione di «emissioni moleste» viene descritta in riferimento a
«vibrazioni» provocate da una molazza per la lavorazione dell’argilla, il cui
funzionamento – secondo l’accusa – determinava l’effetto di disturbo agli abitanti
delle case poste nelle vicinanze dell’opificio, in Taurianova.
L’intera attività istruttoria ha avuto, pertanto, ad oggetto l’entità di tali vibrazioni
in riferimento alle reiterate doglianze di Giordano Elio, soggetto abitante a poca
distanza dall’opificio (la prima denunzia risulta operata il 17 febbraio 2005,
l’ultima nel febbraio 2007).
Si ipotizzava, infatti, un riflesso negativo del funzionamento della molazza sulla
stessa «staticità» della abitazione del Giordano, a causa delle forti vibrazioni.
Tuttavia tale circostanza – a seguito di complesse ed accurate verifiche tecniche è stata esclusa, posto che le vibrazioni provocate dalla molazza non superano i
limiti di legge.
E’ stata esclusa, altresì, l’alterazione della macchina in sede di esecuzione degli
accertamenti peritali (e da qui l’assoluzione in riferimento alla condotta di cui al
capo B) il che porta a ritenere la conformità dell’apparecchio, in tema di
vibrazioni, agli standards imposti per l’esercizio di attività produttive.
Il Giudice, in sede di decisione riteneva tuttavia possibile una diversa
qualificazione del fatto, non più da inquadrarsi nella previsione normativa di cui
all’art. 674 cod.pen. ma in quella di cui all’art. 659 cod.pen. .
Ciò in rapporto al fatto che, in ogni caso, il funzionamento della molazza – pur
non potendosi dire violativo dei limiti di legge – arrecava disturbo alle
occupazioni o al riposo della costituita parte civile, in virtù del rumore prodotto.

2

B (art. 374 cp) perchè il fatto non sussiste.

2. Avverso detta sentenza hanno originariamente proposto appello i difensori
dell’imputato, con conversione del medesimo in ricorso per cassazione ai sensi
dell’art. 568 co.5 cod.proc.pen. .
Negli atti di appello si prospetta quanto segue :
– intervenuta violazione del criterio di valutazione probatoria del ragionevole
dubbio in riferimento alla affermazione di responsabilità per il reato di cui all’art.
659 cod.pen. ;
– travisamento delle risultanze istruttorie, dato che è stato accertato come il

punto di vibrazioni o altre emissioni;

violazione del principio della necessaria corrispondenza tra chiesto e

pronunziato;
– mancata indicazione, nell’ambito della riqualificazione operata, dell’ipotesi di
incriminazione tra quella prevista dal comma l e quella prevista dal comma 2
dell’art. 659;
– mancata considerazione della doverosa riconducibilità della condotta al più alla
previsione del comma 2 dell’art. 659, da ritenersi esclusa in fatto;
– mancata considerazione della natura abusiva dell’immobile occupato dalla parte
civile in zona non destinata sul piano urbanistico ad insediamento abitativo.

3. Prima della celebrazione della pubblica udienza hanno depositato note scritte il
ricorrente e la difesa di parte civile.
Il ricorrente rappresenta che vi sarebbe – richiamando il contenuto dei motivi di
appello – erronea applicazione dell’art. 659 cod.pen. e vizio di motivazione.
La parte civile chiedeva dichiararsi il ricorso inammissibile.
All’odierna udienza il Sig. Procuratore Generale presso questa Corte chiedeva
l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per intervenuta
prescrizione.

4. La decisione impugnata va annullata senza rinvio perchè il fatto non sussiste,
pur essendo intervenuta la prescrizione del reato ritenuto in sentenza (il termine
di anni cinque, pur considerando le sospensioni, risulta decorso nel maggio del
2012 ed il ricorso è certamente ammissibile).
Come esposto nei motivi di ricorso, la decisione risulta viziata sotto più aspetti.
Il primo riguarda i limiti del potere di riqualificazione di cui all’art. 521
cod.proc.pen., anche a seguito della decisione emessa dalla II Sez. della Cedu
nel noto caso Drassich/Italia.
3

funzionamento della mulazza non determinasse violazione dei parametri legali in

Come è noto, in tale decisione, emessa in data 11 dicembre 2007 la Corte
Europea ha stabilito che la riqualificazione del fatto, operata dal giudice con la
sentenza, senza che, in precedenza, la difesa dell’imputato avesse avuto la
possibilità “di discutere in contraddittorio la nuova accusa”, costituisce violazione
dell’art. 6, comma 3, lett. a), della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.
Questa stessa Corte, inoltre, traendo spunto dalla succitata pronuncia della Corte
europea ha affermato il principio di diritto che l’osservanza del contradditorio,
consacrato dall’art. 111 Cost., «investe non soltanto la formazione della prova,

commesso» (Sez. VI, 12.11.2008, n. 45807, rv 241754), sicché deve essere
preventivamente assicurata alle parti la possibilità di interloquire in ordine alla
“eventualità di una diversa qualificazione giuridica del fatto” (Sez. VI, 25.5.
2009, n. 36323, rv 244974).
Ora, nel caso in esame, non vi è stata – peraltro – mera riqualificazione del fatto
(senza previa interlocuzione) quanto «trasformazione» di un elemento
strutturale dell’addebito, posto che l’intera istruttoria ha avuto ad oggetto – come
da originaria imputazione – le vibrazioni provocate dal funzionamento della
mulazza (anche in rapporto alla statica del vicino fabbricato) e non già il
semplice rumore.
In tal senso, la decisione andrebbe annullata secondo l’insegnamento fornito, tra
le altre, da Sez. VI n. 26089 del 27.6.2011, secondo cui è violato il principio di
corrispondenza tra accusa e sentenza lì dove la diversa qualificazione del fatto si
basi su elementi strutturalmente diversi da quelli caratterizzanti la qualificazione
originaria.
Ma, al di là di tale – pur rilevante – aspetto, va ulteriormente affermato che nel
caso in esame – esercizio di attività rumorose – andava in ipotesi applicato il
comma 2 dell’art. 659 cod.pen. il che esclude che possa ritenersi sussistente il
fatto di reato lì dove il rumore non superi i limiti di legge, come risultata
accertato nel caso in esame (si veda, tra le altre, Sez. I n. 4820 del 17.12.1998,
rv 213395).
La sentenza impugnata va pertanto annullata senza rinvio perchè il fatto non
sussiste.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il fatto non sussiste.
4

ma anche ogni questione che attiene la valutazione giuridica del fatto

Così deciso il 11 febbraio 2014

Thpresi

Il Consigliere estensore

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