Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32371 del 10/07/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 32371 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: MARINI LUIGI

SENTENZA
sul ricorso proposto da
MONFREDI Giuseppe, nato a Gallarate il 24/11/1961
avverso l’ordinanza del 9/5/2014 del Tribunale di Varese che, quale giudice del
riesame, ha confermato il decreto di perquisizione e sequestro emesso dal
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Busto Arsizio in data
15/4/2014 ed eseguito il giorno successivo nei confronti della società “Gianni Pan
S.p.A.” in relazione al reato ex artt.56 e 515 cod. pen.;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Luigi Marini;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale,
Gianluigi Pratola, che ha concluso chiedendo rigettarsi il ricorso;
udito per l’imputato l’avv. Mauro Franco Bonini, che ha segnalato che i supporti
informatici sono stati oggetto di copia e già restituiti al richiedente e ha concluso
chiedendo accogliersi il ricorso anche con riferimento agli stessi.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 9/5/2014 il Tribunale di Varese, quale giudice del
riesame, ha confermato il decreto di perquisizione e sequestro emesso dal
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Busto Arsizio in data

Data Udienza: 10/07/2014

15/4/2014 ed eseguito il giorno successivo nei confronti della società “Gianni Pan
S.p.A.” in relazione al reato ex artt.56 e 515 cod. pen.
Osserva il Tribunale che la notizia di reato raccolta dalla G.d.F. in ordine alla
prassi in uso presso l’azienda di stampare e apporre sulle confezioni di cibo date
di scadenza modificate ha portato alla effettuazione di un perquisizione e
all’acquisizione di prodotti alimentari confezionati, di documentazione
tradizionale e di supporti informatici necessari allo sviluppo delle indagini.
2. Avverso tale provvedimento il sig. Monfredi, in proprio e quale legale

propongono ricorso, in sintesi lamentando:
a.

Errata applicazione di legge in relazione all’art.125 cod. proc. pen. per essere
la motivazione meramente apparente con riguardo ai numerosi prodotti
alimentari oggetto di sequestro sebbene recanti sulla confezione una data di
scadenza anteriore a quella del controllo operato dalla polizia giudiziaria e
sebbene si sia in presenza di prodotti soggetti a data di conservazione ex
art.10 del d.lgs. n.109/92 e non, come invece si legge nell’ordine di
perquisizione del Pubblico ministero, a data di scadenza ex art.10-bis della
medesima legge;

b. Errata applicazione di legge per avere il Tribunale: 1) ampliato in modo
improprio le ipotesi di accertamento che il Pubblico ministero ha limitato alle
violazioni ex art.10-bis, citato; 2) non considerato che l’eventuale violazione
del disposto ex art.10, citato, non integra il reato ex art.515 cod. pen.; 3)
non considerato che le ipotesi di violazione dell’etichettatura sono da
ricondurre alla sola sanzione amministrativa fissata dall’art.18 del decreto
legislativo in parola; 3) non considerato che lo stesso Pubblico ministero
(nota del 29 aprile 2014) limita gli accertamenti alla merce scaduta e
rietichettata;
c.

Errata applicazione di legge per avere il Tribunale omesso di considerare che
la detenzione in stabilimento di merce con data di scadenza maturata e con
etichetta alterata non integra il reato ex art.515 cod. pen., neppure a livello
di tentativo (Sez. Unite Penali, sentenza del 21/12/2000);

d.

Errata applicazione di legge per avere il Tribunale omesso di prendere in
esame le memorie e la documentazione difensiva da cui emerge che la
massima parte della merce in sequestro non era destinata al commercio;

e.

Errata applicazione di legge per avere il Pubblico ministero convalidato il
sequestro dei supporti informatici, in ciò mutando le disposizioni inizialmente
impartite che prevedevano la acquisizione di sola copia forense;

2

rappresentante della “Gianni Pan S.p.A.” in liquidazione, e l’avv. Mauro Bonini

f. Errata applicazione della legge per avere il Tribunale considerato che le
esigenze operative del consulente incaricato di estrarre copia dei supporti
informatici giustifichino il sequestro di questi ultimi sebbene non previsto nel
provvedimento iniziale e non adeguatamente motivato.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Osserva preliminarmente la Corte che la sussistenza del “fumus” di reato
ex artt.56-515 cod. pen. non si esaurisce nella applicabilità agli alimenti della

modifiche, ma ha riguardo alla corrispondenza fra le caratteristiche di ciò che
viene offerto all’acquirente e quanto viene dichiarato anche attraverso
l’etichettatura apposta sulle confezioni.
Ora, non vi è dubbio che per verificare se tale corrispondenza sussiste, con
conseguente assenza dell’offerta di “aliud pro alio”, non resta alla pubblica
accusa che procedere ad accertamenti circa le caratteristiche degli alimenti e
circa il sistema di etichettatura.
Ciò premesso, pare di capire dal provvedimento del Tribunale che le indagini
presero le mosse dall’ipotesi, discendente da elementi indiziari già acquisiti, che
per alcuni prodotti sottoposti rapidamente deperibili e soggetti a scadenza ex
art.10-bis, citato, l’azienda intendesse alterare i dati riportati originariamente
sulle etichette grazie alla realizzazione (mediante il sistema informatico) e
all’apposizione sulle confezioni di etichette recanti una nuova e successiva data.
Si tratta di ipotesi che integra certamente a livello indiziario una frode in danno
del consumatore e che correttamente è stata giudicata meritevole di ulteriori
accertamenti, indipendentemente dalla applicabilità della invocata disposizione
dell’art.18 del d.lgs. n.109 del 1992. Va così escluso che sotto il profilo qui
esaminato il provvedimento di sequestro e l’ordinanza del Tribunale siano
tacciabili di violazione della legge e abbiano dato corso a un sequestro fuori dei
casi consentiti.
2. Più articolato il discorso con riferimento ai prodotti riconducibili alla sfera
di applicazione dell’art.10 del citato decreto legislativo e oggetto di sequestro in
quanto trovati nei locali dell’azienda con indicazione di consumazione anteriore a
quella del controllo. Si legge nella prima parte di pagina 2 dell’ordinanza
impugnata che una parte di questi prodotti furono rinvenuti nelle zona destinata
alla vendita al dettaglio e, soprattutto, furono rinvenuti assieme a prodotti
analoghi recanti data di consumazione successiva. Ora, tale commistione deve
essere valutata alla luce della parte residua di motivazione, che riferisce di
etichette realizzate presso l’azienda, di non conformità tra il contenuto di tali
etichette e le indicazioni delle aziende produttrici e di altre simili discrasie.

3

disciplina in tema di etichettatura ex d.lgs. n.109 del 1992, e successive

3.

La Corte ritiene che nell’ordinanza manchi una chiara distinzione tra le

diverse situazioni di fatto, ma che questo non comporti l’annullamento del
provvedimento. Infatti, l’esistenza di indizi circa la non fedeltà dei dati presenti
su di un numero rilevante di etichette fa emergere la concreta possibilità che la
condotta illecita sopra evidenziata non riguardi solo una parte delle confezioni
con alimenti facilmente deperibili e abbia ad oggetto anche prodotti soggetti a
scadenza per i quali l’azienda prospettava all’acquirente indicazioni alterate e
scadenze postergate. In altri termini, non risulta improprio o eccedente rispetto

prodotti che il ricorrente ritiene estranei a qualsiasi ipotesi di reato e che, invece,
potranno essere definiti tali solo qualora le indagini eliminino i dubbi di illiceità
delle condotte emersi in concreto nel corso dell’accesso ai luoghi e del successivo
sequestro.
4. Quanto al sequestro dei supporti informatici, inizialmente destinatari della
sola misura dell’apprensione di copia forense, la Corte non ravvisa i vizi
prospettati dal ricorrente. L’iniziale provvedimento adottato dal Pubblico
ministero (estrazione di copia) costituisce indice di un approccio equilibrato e
corretto, rispettoso dell’esigenza di contenere al massimo il sacrificio per
l’azienda. La successiva decisione di procedere al momentaneo sequestro dei
supporti informatici al fine di provvedere al salvataggio e alla copia dei dati
rilevanti è motivato da esigenze di fattibilità dell’intervento che tengano conto
della complessità e dei tempi dell’intervento. Si tratta di motivazione non
manifestamente illogica e, come tale, non censurabile in sede di legittimità.
Inoltre, il fatto che, come dichiarato lealmente dal Difensore, alla data odierna
detti supporti siano stati restituiti previa estrazione di copia priva il ricorrente
dell’interesse a ottenere una pronuncia sul punto (per tutte, Sez,6, n.29846 del
24/4/2012, Addona).
5. Alla luce delle considerazioni fin qui esposte il ricorso deve essere
respinto e il ricorrente condannato, ai sensi dell’art.616 c.p.p., al pagamento
delle spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 19/7/2014

all’ipotesi di accusa che il sequestro a soli fini probatori abbia riguardato anche i

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