Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32362 del 10/07/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 32362 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: MARINI LUIGI

SENTENZA
sul ricorso proposto da
SANTONOCITO Nunzio, nato a Misterbianco il 7/9/1947
SCALIA Anna, nata a Misterbianco il 26/7/1951
avverso la sentenza del 17/5/2013 della Corte di appello di Catania, che, in
parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Catania il 26/1/2011, ha
dichiarato non doversi procedere in ordine ai reati contestati ai capi A, B, C, D,
E, F, G, H, I, accertati in data 10/4/2004, perché estinti per prescrizione e ha
condannato gli imputati per i restanti reati contestati nel procedimento
n.2645/2007 del registro notizie di reato, con condanna al risarcimento dei danni
in favore della parti civili, Comune di Catania e Provincia di Catania;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Luigi Marini;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale,
Gianluigi Pratola, che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 17/5/2013 la Corte di appello di Catania, in parziale
riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Catania il 26/1/2011, ha
dichiarato non doversi procedere in ordine ai reati contestati ai capi A, B, C, D,
E, F, G, H, I, accertati in data 10/4/2004, perché estinti per prescrizione e ha

Data Udienza: 10/07/2014

condannato gli imputati per i restanti reati contestati nel procedimento
n.2645/2007 del registro notizie di reato, con condanna al risarcimento dei danni
in favore della parti civili, Comune di Catania e Provincia di Catania.
In particolare, la Corte di appello ha ritenuto di confermare la condanna a
carico di entrambi gli imputati per i fatti accertati nel mese di marzo 2007 (capi
A, B, C, D) e quindi nel mese di gennaio 2005 (capi E, F), consistenti nella
realizzazione di opere abusive in area sottoposta a vincolo ambientale e gravata
da cautela sismica (capi A, B, C, D del procedimento n.2645/2007), nonché a
carico della sola sig.ra Scalia anche per il reato ex art. 483 cod. pen. e per il

reato ex artt.56 e 640 cod. pen. (capi E ed F) in relazione a false dichiarazioni
rese alla pubblica amministrazione in ordine all’epoca di realizzazione delle
opere.
2. Avverso tale provvedimento è stato proposto dai ricorrenti unico ricorso,
in sintesi lamentando vizio motivazionale ai sensi dell’art.606, lett.e)
cod.proc.pen. per avere la Corte di appello offerto una motivazione inesistente
in ordine ai delitti contestati, nonché offerto una motivazione confusa rispetto
alla indicazione dei capi di imputazione e al rapporto fra fatti prescritti e fatti per
cui ridetermina la pena.
3. Con separate memorie, le parti civili costituite, Comune di Catania e
Provincia regionale di Catania, hanno insistito per il mancato accoglimento del
ricorso e per la liquidazione delle spese del grado.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.

Il ricorso è viziato da assoluta genericità, difettando nella indicazione di

specifiche ragioni i ordine ai singoli profili evidenziati e limitandosi a indicare
l’esistenza di carenze e di errori che non vengono affrontati con chiarezza e in
modo da illustrare alla Corte quali sarebbero in concreto i vizi in cui è incorsa la
sentenza impugnata.
2. Tale sentenza, infatti, distingue con chiarezza le condotte risalenti all’anno
2004, oggetto del procedimento principale, per le quali ritiene decorsi i termini
prescrizionali, dalle condotte ulteriori e successive che sono state oggetto del
procedimento n.2645/2007, riunito al precedente, e che risultano accertate nel
corso del 2007; per queste ultime ha ritenuto non maturati i termini di
prescrizione.
3. E’, poi, del tutto evidente che la Corte di appello ha esamina ai fini della
conferma della condanna e della determinazione della pena unicamente i reati
contravvenzionali e le due ipotesi delittuose contestati nel procedimento
n.2645/2007, così che nessuna confusione tra i diversi fatti e le diverse vicende

2

J

emerge dalla motivazione della sentenza, che dà conto delle ragioni per cui tutte
le condotte accertate nell’anno 2007 devono ritenersi sussistenti e meritevoli di
conferma della condanna.
4. Nessuna ragione di incertezza o incoerenza può ravvisarsi, poi, nella
determinazione della pena che, non formulata completamente i/«rimo grado, è
stata dalla Corte di appello puntualmente esplicitata a pag.6 della decisione.
5. Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso dev’essere
dichiarato inammissibile, con conseguente condanna dei ricorrenti, ai sensi

Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13
giugno 2000, n.186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso
sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità”, si dispone che i ricorrenti versino ciascuno la somma,
determinata in via equitativa, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
6. I ricorrente vanno, infine, condannati alla refusione solidale della spese
sostenute nel grado dalle parti civili, che si liquidano in euro 900,00 a favore del
Comune di Catania e in euro 1.043,00 in favore della provincia regionale di
Catania, oltre accessori di legge.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna ciascun ricorrente al pagamento
delle spese del presente giudizio, nonché al versamento della somma di Euro
1.000,00 alla Cassa delle ammende e alla refusione solidale della spese
sostenute nel grado dalle parti civili, che si liquidano in euro 900,00 a favore del
Comune di Catania e in euro 1.043,00 in favore della provincia regionale di
Catania, oltre accessori di legge.
Così deciso il 10/7/2014

dell’art.616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio.

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