Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32361 del 10/07/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 32361 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: MARINI LUIGI

SENTENZA

IERE

sul ricorso proposto da
SCIELZO Monica, nata a Napoli il 11/12/1972
avverso la sentenza del 22/1/2012 della Corte di appello di Napoli, che ha
confermato la sentenza del giorno 8/1/2010 del Tribunale di Napoli, sez. dist. di
Ischia, che, assolta l’imputata dai reati contestati ai capi ABeD della rubrica, la
ha condannata per il reato previsto dall’art.181, comma 1-bis, del d.lgs. 22
gennaio2004, n.42 (capo C), accertato il 14/4/2007;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Luigi Marini;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale,
Gianluigi Pratola, che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 22/1/2012 la Corte di appello di Napoli ha confermato la
sentenza del giorno 8/1/2010 del Tribunale di Napoli, sez. dist. di Ischia, che,
assolta l’imputata dai reati contestati ai capi A BeD della rubrica, la ha
condannata per il reato previsto dall’art.181, comma 1-bis, del d.lgs. 22
gennaio2004, n.42 (capo C), accertato il 14/4/2007.
2. Avverso tale provvedimento la sig.ra Scielzo propone ricorso, in sintesi
lamentando vizio motivazionale ai sensi dell’art.606, lett.e) cod.proc.pen. per

Data Udienza: 10/07/2014

avere la Corte di appello adottato una motivazione contraddittoria nel momento
in cui ha ritenuto sussistere la violazione ambientale a fronte di opere che non
sono state ritenute meritevoli di condanna sotto il profilo urbanistico, profilo per
il quale è stata pronunciata sentenza di assoluzione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Premessa in via generale la diversità del bene tutelato dalle disposizioni
paesaggistiche contenute nel d.lgs. 22 gennaio 2004, n.42 rispetto a quello

n.380, la Corte osserva che nessuna contraddittorietà può essere rinvenuta nella
decisione di merito sotto il profilo segnalato dalla ricorrente.
2. La lettura della sentenza del Tribunale consente di rilevare che la decisione
assolutoria fu assunta in relazione al capo D perché assente la prova della natura
pubblicistica dell’edificazione su cui furono eseguite le opere; fu poi assunta in
relazione ai capi A e B perché ritenuta non provata la realizzazione di nuove
rilevanti volumetrie. Sempre la lettura della sentenza consente di apprezzare che
la condanna per il capo C fu disposta perché ritenuto provata l’abusiva
realizzazione dell’intervento in danno di un bene sottoposto a vincolo.
3. Da tali elementi emerge con chiarezza l’assoluta infondatezza del ricorso,
che deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della
ricorrente, ai sensi dell’art.616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente
grado di giudizio.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13
giugno 2000, n.186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso
sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità”, si dispone che la ricorrente versi la somma, determinata in via
equitativa, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese del presente giudizio, nonché al versamento della somma di Euro 1.000,00
alla Cassa delle ammende.
Così deciso il 10/7/2014

tutelato dalle disposizioni urbanistiche contenute nel d.P.R. 6 giugno 2001,

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