Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32360 del 10/07/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 32360 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: MARINI LUIGI

SENTENZA
sul ricorso proposto da
SOMMELA Gennaro, nato a Marano di Napoli il 7/10/1942
avverso la sentenza del 8/5/2013 della Corte di appello di Napoli che ha
confermato la sentenza del giorno 1/12/2011 del Tribunale di Napoli, sez. dist. di
Pozzuoli, che ha condannato il sig. Sommela alla pena di venti giorni di arresto e
9.000,00 euro di ammenda, oltre demolizione delle opere abusive, perché
colpevole delle violazioni del d.P.R. 6 giugno 2001, n.380 relative alla
realizzazione di un locale in cemento armato in assenza dell’autorizzazione e
degli adempimenti necessari;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Luigi Marini;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale,
Gianluigi Pratola, che ha concluso chiedendo dichiararsi il ricorso inammissibile;
udito per l’imputato l’avv. M.gabriella Cetroni Ciraolo, che ha concluso chiedendo
accogliersi il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del giorno 8/5/2013 la Corte di appello di Napoli ha
confermato la sentenza del giorno 1/12/2011 del Tribunale di Napoli, sez. dist. di
Pozzuoli, che ha condannato il sig. Sommela alla pena di venti giorni di arresto e

Data Udienza: 10/07/2014

9.000,00 euro di ammenda, oltre demolizione delle opere abusive, perché
colpevole delle violazioni del d.P.R. 6 giugno 2001, n.380 relative alla
realizzazione di un locale in cemento armato in assenza dell’autorizzazione e
degli adempimenti necessari in presenza di opere cementizie.
2. Avverso tale provvedimento il sig. Sommela propone ricorso, in sintesi
lamentando:
a. Vizio motivazionale ai sensi dell’art.606, lett.e) cod.proc.pen. per essere la
sentenza priva di risposta alle questioni poste con l’atto di appello,

assolutamente generica e nella sostanza coincidente con la sentenza di primo
grado, cui rinvia “per relationem”;
b. Mancata assunzione di prova decisiva e violazione dell’art.98, comma 2, del
d.P.R. 6 giugno 2001, n.380 per avere la pubblica accusa omesso di citare il
responsabile dell’Ufficio del Genio civile e per avere i giudicanti omesso di
porre rimedio a tale carenza probatoria, e questo nonostante la sollecitazione
mossa dalla difesa al primo giudice e nonostante la rituale richiesta introdotta
in appello ex art.603 cod. proc. pen.
Con memoria depositata anteriormente all’odierna udienza la Difesa insiste sulla
mancata assunzione di prova decisiva, come da secondo motivo del ricorso
principale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo è viziato da genericità e non si rapporta al contenuto della
decisione impugnata. Il rinvio “per relationem” alla prima decisione assume il
connotato di una rilevante carenza di motivazione soltanto allorquando la
sentenza di secondo grado ometta del tutto di farsi carico delle ragioni esposte in
sede di impugnazione e finisca per non dare conto delle ragioni per cui ritiene
dette ragioni non accoglibili. E’ sufficiente leggere la seconda parte della prima
pagina della motivazione per rilevare che i giudici di appello hanno esaminato le
censure in punto responsabilità e indicato le fonti di prova e gli elementi che
superano le prospettazioni difensive e impongono di confermare sul punto la
prima decisione.
2. Quanto alla mancata assunzione della testimonianza del responsabile
dell’Ufficio del genio civile, questa Corte ha più volte affrontato il tema e
concluso con decisioni costante che non si è in presenza di un vizio della
decisione che comporti l’annullamento (si vedano Sez.3, n.36575 del 21/6/2011,
Badagliacca e altro, nonché la più recente decisione assunta da Sez.3,
ud.12/11/2013, nel procedimento Canale e altri). Del resto, il mancato
adempimento agli obblighi concernenti le opere in cemento armato è stato

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accertato dai giudici di merito attraverso le fonti di prove assunte con riferimento
all’abusività della edificazione e al mancato rispetto degli obblighi amministrativi.
4. Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere
dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente, ai sensi
dell’art.616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13
giugno 2000, n.186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso
sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di

equitativa, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del presente giudizio, nonché al versamento della somma di Euro 1.000,00
alla Cassa delle ammende.
Così deciso il 10/7/2014

inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via

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