Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32357 del 12/06/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 32357 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: ORILIA LORENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CANGELLI FRANCESCO N. IL 16/08/1982
avverso la sentenza n. 1852/2013 CORTE APPELLO di BRESCIA, del
15/10/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 12/06/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LORENZO ORILIA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
kcSL1— U”:1127L
,
che ha concluso per
,Q

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 12/06/2014

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 15.10.2013, la Corte di Appello di Brescia – per quanto
ancora interessa – ha confermando il giudizio di colpevolezza Cangelli Francesco per
detenzione di 1 kg di stupefacenti del tipo marijuana, ritenendo inammissibile la
questione di legittimità costituzionale dell’art. 73 DPR. n. 309/1990 nella parte in cui
parifica il trattamento sanzionatorio per la illecita detenzione delle droghe cd leggere a
quello per la illecita detenzione delle droghe cd. pesanti; ha inoltre negato l’attenuante
del fatto di lieve entità sulla base del dato ponderale.
L’imputato, tramite il difensore, ricorre per cassazione in ordine al

trattamento sanzionatorio, denunziando, con un primo motivo, la violazione dell’art. 73
quinto comma del DPR n. 309/1990 nonché la contraddittorietà e illogicità della
motivazione, dolendosi del diniego dell’attenuante del fatto di lieve entità. Svolge una
articolata critica alla decisione della Corte d’Appello richiamando anche le conclusioni
della consulenza tecnica di ufficio (circa il “potere tossicomanogeno scarso in relazione
alla percentuale media di principio attivo”) nonché il principio della “Quantità massima
detenibile”. Contesta il giudizio di rilevante allarme sociale espresso dai giudici di
merito segnalando altresì il mancato rinvenimento degli attrezzi usualmente nella
disponibilità di chi destini lo stupefacente alla cessione a terzi.
Con altri due motivi, sviluppati in una complessa articolazione, pone
nuovamente la questione di legittimità costituzionale delle norme che equiparano il
trattamento sanzionatorio senza distinzione tra droghe leggere e droghe pesanti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso è infondato.
Come affermato più volte dalla giurisprudenza di questa Corte, ai fini della
concedibilità o del diniego della circostanza attenuante del fatto di lieve entità di cui
all’art. 73, comma quinto, d.P.R. n. 309 del 1990, il giudice è tenuto a valutare
complessivamente tutti gli elementi normativamente indicati, quindi, sia quelli
concernenti l’azione (mezzi, modalità e circostanze della stessa), sia quelli che
attengono all’oggetto materiale del reato (quantità e qualità delle sostanze
stupefacenti oggetto della condotta criminosa), dovendo conseguentemente escludere
il riconoscimento dell’attenuante quando anche uno solo di questi elementi porti ad
escludere che la lesione del bene giuridico protetto sia di ‘lieve entità (cfr. Sez. 4,
Sentenza n. 6732 del 22/12/2011 Ud. dep. 20/02/2012 Rv. 251942; Sez. U, Sentenza
n. 35737 del 24/06/2010 Ud. dep. 05/10/2010 Rv. 24790; Sez. 4, Sentenza n. 43399
del 12/11/2010 Ud. dep. 07/12/2010 Rv. 248947).
Nella fattispecie che ci occupa, la Corte di Brescia ha affrontato il tema
dell’attenuante del fatto di lieve entità (all’epoca della pronuncia l’ipotesi era ancora
qualificata dal legislatore come attenuante, essendo stata introdotta l’ipotesi
autonoma di reato dall’art. 2 del d.l. 23 dicembre 2013 n. 146, convertito nella legge
2

2.

21 febbraio 2014, n. 10). In particolare, per giustificarne il diniego, ha valorizzato il
dato ponderale, ritenendolo suscettibile di determinare un rilevante allarme sociale
per la possibilità di confezionamento di numerosissime dosi al consumo, così
condividendo l’opinione del primo giudice il quale aveva calcolato che col quantitativo
della sostanza si sarebbero potute ricavare circa 472 dosi a effetto stupefacente.
Come si vede, si è in presenza di un percorso argomentativo non solo scevro da
contraddizioni, ma assolutamente in linea con la citata giurisprudenza, perché fondato,
appunto, su uno dei parametri normativamente indicati (quello cioè attinente

dai ricorrenti.
2. Quanto agli altri motivi, la questione di legittimità costituzionale è ormai
superata: con la recente sentenza n. 32/2014 la Corte Costituzionale ha, infatti,
dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 4-bis e 4-vicies ter, del decreto-legge
30 dicembre 2005, n. 272 (Misure urgenti per garantire la sicurezza ed i finanziamenti
per le prossime Olimpiadi invernali, nonché la funzionalità dell’Amministrazione
dell’interno. Disposizioni per favorire il recupero di tossicodipendenti recidivi e
modifiche al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze
psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di
cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309), convertito, con
modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 21 febbraio 2006, n. 49.
Di conseguenza, è venuta meno l’equiparazione sanzionatoria tra droghe
“leggere” e droghe “pesanti”.
Nel caso di specie, in cui si discute di detenzione di stupefacenti del tipo
marijuana (droga leggera, quindi), i giudici di merito, nella determinazione della pena
detentiva, sono partiti da una pena base di anni sei di reclusione ed C. 27.000 di
multa. Oggi, per effetto dell’intervento della Corte Costituzionale, la pena per le droghe
leggere ritorna ad essere quella della reclusione da due a sei anni e della multa da 10
milioni di vecchie lire a 150 milioni, secondo la previsione dell’art. 73 del DPR 1990 nel
testo precedente alla modifica ritenuta incostituzionale e dunque i giudici hanno “una
forbice di pena” diversa da quella applicabile all’epoca della sentenza impugnata.
Si rende necessario sotto tale profilo, l’annullamento della sentenza impugnata
con rinvio per la determinazione della pena.
P.Q.M.
annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di
Brescia limitatamente alla determinazione della pena e rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma, il 12.6.2014.

all’oggetto materiale del reato): esso si sottrae pertanto decisamente alla critica rivolta

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