Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32350 del 09/04/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 7 Num. 32350 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: BIANCHI LUISA

ENJT eyj 2_ A_
ORDIfit2tNZA

sul ricorso proposto da:
CRIELESI FERNANDO N. IL 30/05/1973
avverso la sentenza n. 4304/2012 GIP TRIBUNALE di TIVOLI, del
12/02/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUISA BIANCHI;

Data Udienza: 09/04/2014

13972/2013
Motivi della decisione

2.11 ricorso è inammissibile perché proposto per motivi non consentiti.
Il c.d. patteggiamento, disciplinato dagli artt. 444 e sgg cpp, è un istituto
processuale in base al quale il pubblico ministero e l’imputato si accordano sulla
qualificazione giuridica del fatto contestato, sulla concorrenza e valutazione delle
circostanze e sulla congruità della pena patteggiata.
Sulla base di tale accordo, il sindacato del giudice non ha la stessa ampiezza
prevista qualora si proceda al giudizio ma è limitato alla valutazione sull’esistenza,
che deve apparire evidente, di una delle cause di non punibilità previste dall’art. 129
cpp e ad un giudizio di congruità sul trattamento sanzionatorio.
In particolare il giudice non deve procedere all’accertamento dei fatti nella loro
effettiva consistenza, essendo da ciò esentato proprio dall’intervenuto accordo delle
parti. Ne consegue che non sono proponibili con il ricorso per Cassazione censure che
attengono alla concreta ricostruzione dei fatti stessi, specie ove, come nella specie,
esse risultino del tutto generiche.
3.0ccorre tuttavia tenere conto delle modifiche normative conseguenti a
pronunce della Corte costituzionale e a interventi del legislatore recentemente
intervenuti prima della decisione.
4. Con sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2014, per quanto qui
rileva, è stata dichiarata la illegittimità costituzionale dell’ art. 4 bis della legge 21
febbraio 2006 n.49, entrata in vigore il 28.2.2006, nella cui vigenza sono stati
commessi i contestati reati;
agli stessi, a seguito
di tale dichiarazione di
incostituzionalità e come dalla Corte costituzionale espressamente affermato, trova
applicazione l’art. 73 del d.P.R 309/90 e relative tabelle
nella formulazione
precedente le modifiche apportate con le disposizioni ritenute incostituzionali, con il
ripristino del differente trattamento sanzionatorio dei reati concernenti le droghe
leggere e le droghe pesanti anche agli effetti dell’ipotesi attenuata di cui al quinto
comma.
5.
Nella materia è altresì
intervenuto il d.l. 23 dicembre 2013 n.146
convertito, con modificazioni, in I. 21 febbraio 2014 n.10, il cui art. 2 ha introdotto
nel testo del d.P.R 309/90 un nuovo quinto comma che ha ridefinito i contorni della
fattispecie in esame nel senso che la medesima costituisce titolo autonomo di reato e
non circostanza aggravante come in precedenza ritenuto. La sentenza della Corte
costituzionale non ha inciso su tale disposizione; la stessa Corte Costituzionale ha
definito i limiti oggettivi del proprio intervento in relazione al d.l. 46/2013 convertito
in 1.10/2014, affermando che “trattandosi di ius superveniens che riguarda
disposizioni non applicabili nel giudizio a quo” lo stesso non poteva esplicare alcuna
incidenza sulle questioni oggetto del giudizio della Corte relative a disposizioni diverse
da quelle oggetto di modifica normativa e che “gli effetti del presente giudizio di
legittimità costituzionale non riguardano in alcun modo la modifica disposta con il
decreto legge n. 146 del 2013, ….., in quanto stabilita con disposizione successiva a
quella qui censurata e indipendente da quest’ultima”. Pertanto il co. 5 dell’a
1

1.Crielesi Fernando
ricorre avverso la sentenza indicata in epigrafe di
applicazione della pena su richiesta delle parti per il reato di cui all’art. 73, co. 1 dpr
309/90 per la cessione di due buste contenenti gr. 545 e 605 di hashish e per
detenzione di armi lamentando il difetto di motivazione sull’accertamento di
responsabilità.

5. La radicale modifica del quadro normativo di riferimento così intervenuta
richiede, tenendo presente che l’intervento della Corte costituzionale che qui viene in
rilievo ha riguardato non già le norme incriminatrici ma il trattamento sanzionatorio
applicabile, la valutazione delle situazioni giudicate ed oggetto di ricorso davanti a
questa Corte alla luce del principio di eguaglianza (art. 3 Costituzione) e di quelli
relativi alla successione di leggi nel tempo dettati dagli artt. 2, co.4, codice penale e
7, par. 1, Convenzione europea sui diritti dell’Uomo, occorrendo in particolare
adeguarsi alla interpretazione della Corte EDU del predetto art. 7, par. 1, della citata
Convenzione europea, secondo cui l’imputato ha diritto di beneficiare della legge
penale successiva alla commissione del reato, che prevede una sanzione meno severa
di quella stabilita in precedenza, fino a che non sia intervenuta sentenza passata in
giudicato (sentenza CEDU Scoppola C/Italia; Corte cost. n.210/2013).
6. Ritiene il Collegio che alla applicazione della nuova normativa nei processi in
corso, in quanto più favorevole, non sia di ostacolo la inammissibilità del ricorso: si
tratta di questione che deve essere rilevata di ufficio ex art.609 cod.proc.pen., non
potendosi considerare preclusiva la formazione del giudicato in senso sostanziale (nel
senso da ultimo espresso da Sez. U n.24246 del 2004), atteso che l’intervento
normativo è successivo alla data di proposizione del presente ricorso e pertanto
certamente non era possibile tenere conto di esso nella formulazione dei motivi
proposti.
7. Per effetto del principio della applicazione della legge più favorevole come
riconosciuto dalla Cedu, è necessario che quando la legge del tempo in cui è stato
commesso il reato prevede un trattamento più gravoso, quanto a definizione del reato
e previsione delle relative pene, rispetto a quello introdotto da una norma successiva,
sia applicato quest’ultimo, salvo il limite del giudicato. Nella individuazione della
legge più favorevole si deve considerare la disposizione in concreto complessivamente
più favorevole, senza potersi mai combinare parti di disposizioni diverse perché ciò
porterebbe ad applicare un “tertium genus” non consentito e cioè una normativa non
prevista dal legislatore. Nella materia che occupa è necessario inoltre tenere conto,
laddove venga in rilievo la qualificazione del fatto in termini di lieve entità, che la
valutazione della legge più favorevole dipende dall’esito del giudizio di bilanciamento
operato nel singolo caso sotto il vigore della precedente legge, attesi i rilevanti effetti
che ne derivano sul piano non solo sanzionatorio.
8. Da quanto sopra detto deriva che per i reati commessi dopo il 28.2.2
(data di entrata in vigore della n.49/2006 c.d. legge Fini-Giovanardi) e prima d
2

relativo ai fatti di lieve entità, quale risultante dall’intervento del legislatore
intervenuto con il d.l. 146/2013, convertito con modif. in I. 10/2014, ,non “è stato
travolto dalla predetta sentenza n.31/2014, ponendosi lo stesso in rapporto di
continuità normativa con la reviviscente legge del 1990 che già puniva i fatti di
lieve entità cui si riferisce il nuovo intervento, sia pure con un diverso trattamento
sanzionatorio; in tal senso si è espressa diffusamente la IV sezione di questa Corte
con la sentenza n.397/2014 le cui osservazioni devono intendersi qui interamente
richiamate.
Ciò non toglie che nel regime intertemporale, con riferimento ai fatti
commessi dopo l’entrata in vigore della legge dichiarata incostituzionale (28.2.2006)
ma prima dell’entrata in vigore del nuovo decreto legge (24.12.2013), debba trovare
applicazione la norma più favorevole tra quella vigente all’epoca del commesso
reato, tenuto conto della sentenza di incostituzionalità n.32/2014, e quella
attualmente vigente per effetto del predetto decreto legge.

9.Venendo alla situazione in esame, ritiene il Collegio di dover annullare la
sentenza impugnata per tenere conto dei riferimenti edittali previsti in relazione al
diversificato trattamento sanzionatorio tra droghe leggere e droghe pesanti dal testo
originario del dPR 309/90, ora rivitalizzato, e dunque del fatto che la pena base
presa a riferimento per il patteggiamento era precisamente quella di sei anni di
reclusione, oltre la multa, che all’epoca costituiva limite minimo della sanzione
prevista ed oggi è invece limite massimo.
p.q.m.
annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al
Tribunale di Tivoli.
Così deciso in Roma il 9.4.2014

24.12.2013 (data di entrata in vigore dell’art. 2 del d.l. 23 dicembre 2013 n.146
convertito, con modificazioni, in I. 21 febbraio 2014 n.10) dovrà essere applicata:
1)
nel caso di reati concernenti le droghe pesanti, la norma dichiarata
incostituzionale (ossia l’art. 73 co. 1, nella formulazione della legge del 2006,
c.d. Fini-Giovanardi) in quanto la stessa prevede una pena (da 6 a 20 anni)
inferiore nel minimo a quella (da 8 a 20 anni) della precedente legge del 1990,
c.d. Iervolino -Vassalli ed è pertanto più favorevole per l’imputato;
2)
nel caso di reati concernenti le droghe leggere, la legge IervolinoVassalli in quanto la pena per tali ipotesi previste (da 2 a 6 anni) è inferiore a
quella (da 6 a 20 anni) prevista dalla legge Fini-Giovanardi del 2006; occorre
sottolineare che con riguardo a tale ipotesi quello che era il precedente
massimo edittale è divenuto ora il minimo e che la modifica comporta la
applicazione di un diverso e più breve termine di prescrizione del reato;
3)
nel caso dell’ipotesi attenuata relativa a droghe pesanti, in ogni
caso (qualunque sia stato l’esito del giudizio di comparazione della circostanza
attenuante speciale) il nuovo decreto legge, che prevede una pena da 1 a 5
anni, più favorevole di quella sia della Fini-Giovanardi (da 1 a 6 anni) che della
Iervolino-Vassalli (da 1 a 6 anni); la creazione di un autonomo titolo di reato
comporta altresì la applicazione del termine di prescrizione del reato rapportato
al massimo della pena prevista di sei anni, prorogabili a sette anni e mezzo.
4)
nel caso dell’ipotesi attenuata relativa a droghe leggere, ove la
circostanza attenuante speciale sia stata ritenuta prevalente, la legge Iervolino
– Vassalli che stabilisce la pena da 6 mesi a 4 anni più favorevole sia di quella
della Fini – Giovanardi (da 1 a 6 anni) che del nuovo decreto legge (da 1 a 5
anni); ove la medesima circostanza attenuante speciale sia stata ritenuta
equivalente o sub valente , il nuovo decreto legge n.146/2013.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA