Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3229 del 28/10/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 3229 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: FRANCO AMEDEO

SENTENZA
sul ricorso proposto da Cucchi Claudio, nato a Verbania il 4.4.1956;
avverso la sentenza emessa il 17 gennaio 2014 dalla corte d’appello di
Brescia;
udita nella pubblica udienza del 28 ottobre 2014 la relazione fatta dal Consigliere Amedeo Franco;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale
dott. Fulvio Baldi, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito il difensore avv. Fausto Pelizzari;
Ritenuto in fatto
Con la sentenza in epigrafe la corte d’appello di Brescia confermò la sentenza emessa il 25 febbraio 2013 dal giudice del tribunale di Brescia, che aveva
dichiarato Cucchi Claudio colpevole del reato di cui all’art. 2, comma 1 bis,
d.l. 12 settembre 1983, n. 463, convertito nella legge 11 novembre 1983, n. 638,
per avere omesso il versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni corrisposte ai lavoratori dipendenti nel settembre 2006
per un importo pari ad € 607, e lo aveva condannato alla pena di mesi due di reclusione ed € 500 di multa.
L’imputato, a mezzo dell’avv. Fausto Pelizzari, propone ricorso per cassazione deducendo inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e
mancanza di motivazione. Lamenta che la corte d’appello non ha preso in esame
il motivo di appello concernente la carenza dello elemento psicologico del reato
omettendo una valutazione accurata della documentazione prodotta. Risultava
infatti che la società era stata posta in liquidazione volontaria nel dicembre
2006 a causa di un grave dissesto finanziario, senza alcuna responsabilità
dell’imputato. La corte d’appello si è limitata ad affermare che il dolo generico

Data Udienza: 28/10/2014

sarebbe integrato dalla mera consapevolezza di omettere i versamenti, senza
considerare il più recente orientamento della giurisprudenza secondo cui va valutata anche la causa della indisponibilità del denaro occorrente.
Considerato in diritto
Ritiene il Collegio che il ricorso sia manifestamente infondato, alla stregua
del prevalente orientamento giurisprudenziale secondo cui: «Il reato di omesso
versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti (art 2, D.L. 12 settembre 1983, n. 433, conv. con
modd. in legge 11 novembre 1983, n. 638) è integrato, siccome è a dolo generico, dalla consapevole scelta di omettere i versamenti dovuti, non rilevando la
circostanza che il datore di lavoro attraversi una fase di criticità e destini risorse finanziarie per far fronte a debiti ritenuti più urgenti» (Sez. III,
19.1.2011, n. 13100, Biglia, Rv. 249917; Sez. III, 19.12.2013, n. 3705 del 2014,
Casella, Rv. 258056; Sez. III, 21.11.2013, n. 19574 del 2014, Assirelli, Rv.
259741).
Nella specie, appunto, non è contestato che l’imputato fosse consapevole
del mancato versamento delle ritenute effettuate.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi.
In applicazione dell’art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi che possano far ritenere non colpevole la causa di inammissibilità del ricorso, al pagamento in favore della cassa delle ammende di una somma, che, in considerazione delle ragioni di inammissibilità del ricorso stesso, si ritiene congruo fissare
in € 1.000,00.
Per questi motivi
La Corte Suprema di Cassazione
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 28
ottobre 2014.

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