Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3229 del 07/01/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 3229 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: GALLO DOMENICO

SENTENZA
Sul ricorso proposto dal Procuratore Generale della Repubblica di Palermo nei
confronti di Catania Salvatore, nato il 3.8.1955; e inoltre Rallo Carmelo,
nato il 30.12.1971; Rallo Mario, nato il 16.11.1948; Vetta Maurilio, nato il
28.8.1963; Iacopinelli Giuseppe, Vivaio Iacopinelli di Minnelli Giuseppe & C. in
persona del legale rappresentante Minnelli Giuseppe; Confederazione italiana
agricoltori della Regione Sicilia; avverso la sentenza della Corte di appello di
Palermo, del 18.12.2012. Sentita la relazione della causa fatta dal consigliere
Fabrizio Di Marzio; udita la requisitoria del sostituto procuratore generale
Eduardo Scardaccione, il quale ha concluso chiedendo che i ricorsi presentati
dagli imputati Vella Maurilio, Rallo Carmelo, Rallo Mario siano rigettati; invece
gli altri ricorsi siano accolti con conseguente annullamento con rinvio della
sentenza impugnata limitatamente alla posizione di Catania Salvatore; uditi i
difensori: Giuliano Dominici per il Catania, il quale ha concluso chiedendo che
i ricorsi dele PM e delle parti civili siano rigettati; udito l’avv. Luigi Coraleo per
l’imputato Rallo Carmelo, il quale ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO

Data Udienza: 07/01/2014

Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Palermo – nel decidere sugli
appelli mossi alla sentenza emessa dal GUP del Tribunale di Agrigento in data
14 ottobre 2009 – per quanto qui interessa, ha mandato assolto Catania
Salvatore dal delitto ascrittogli al capo H dell’imputazione perché il fatto non
sussiste, revocando inoltre la statuizione di confisca di quanto sequestrato nei
confronti dello stesso; ha confermato nel resto l’impugnata sentenza quanto
alla posizione di Vella Maurilio, Rallo Carmelo e Rallo Mario.

Ricorrono per cassazione sia il Procuratore generale della Repubblica presso la
Corte di appello di Palermo che, ai fini civili, le parti civili Iacopinelli Giuseppe;
Vivaio Iacopinelli di Minnelli Giuseppe & C.; Confederazione italiana agricoltori
della Regione Sicilia con riguardo alla assoluzione del Catania; ricorrono
inoltre gli imputati Vella Maurilio, Rallo Carmelo, Rallo Mario.
Il ricorso del pubblico ministero si articola intorno alla doglianza sulla illogicità
della motivazione nonché sul travisamento della prova. Si lamenta come,
realizzando una inammissibile disarticolazione logica degli apporti conoscitivi
provenienti dai testi escussi, e inoltre attribuendo al teste Minnelli per come
sentito dal pubblico ministero dichiarazioni mai rese, la corte sia giunta a
conclusioni illogiche che hanno determinato l’assoluzione dell’imputato in
appello. In particolare si ricorda come la corte abbia attribuito al teste Minnelli
dichiarazioni secondo cui lo stesso avrebbe non solo escluso categoricamente
la verità dei fatti di usura riferiti dal teste Iacopinelli, ma avrebbe addirittura
accusato costui di averlo minacciato di morte per costringerlo a fare
dichiarazioni accusatorie nei confronti del Catania laddove, invece, il Minnelli
si limitò a riferire delle minacce rivoltegli esclusivamente per giustificare il
proprio iniziale rifiuto di verbalizzare le accuse di usura a carico di altro
soggetto. Si lamenta in particolare come i giudici abbiano argomentato le
proprie conclusioni sulla scorta di emergenze istruttorie mai acquisite agli atti
omettendo di dare la puntuale motivazione dell’opposto convincimento nutrito
rispetto al giudice del Primo grado, come invece avrebbe avuto il dovere di
fare in considerazione della opposta conclusione a cui la corte territoriale
aveva ritenuto di giungere. Si stigmatizza, inoltre, sempre sotto il profilo della
prova travisata, che nell’affrontare la questione nodale del processo, relativa
alla natura usuraria o meno del tasso di interesse praticato dal Catania, la
corte abbia valorizzato talune dichiarazioni del teste Minnelli (peraltro
contrarie ad altre sempi2e dello stesso teste), sulla natura non usuraria di tale
interesse, rese in sede di indagini difensive mai acquisite agli atti del
processo; lo stesso si dice con riguardo ad altra documentazione mai acquisita

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agli atti, come la sentenza irrevocabile di condanna di Iacopinelli per le
minacce in danno del Minnelli.
Nel ricorso presentato nell’interesse delle parti civili si approfondisce, con
riguardo al vizio di motivazione, l’aspetto delle prove mai acquisite su cui
sarebbe stata fondata la decisione. Si chiarisce come il rigetto da parte del
GUP della richiesta di acquisizione al processo di taluni documenti – quali le
indagini difensive e la querela sporta dal Minnelli contro Iacopinelli per le

minacce subite – avesse indotto i difensori del Catania a ribadire nei propri
scritti difensivi il contenuto di tali documenti, poi recepito inammissibilmente
dalla corte territoriale nella parte motiva della decisione. Si ribadisce come
dalla testimonianza del Minnelli sarebbe emersa la prova della condotta di
usura contestata all’imputato in tutti i suoi aspetti, lamentando vizio di
motivazione della sentenza impugnata per la decisione circa la assoluzione. A
tal riguardo si precisa, inoltre, come siano state apoditticamente condivise
dalla corte territoriale le conclusioni circa l’ammontare del tasso di interesse
praticato esposto dal consulente tecnico dell’imputato, con ciò non
considerando dovutamente quanto diversamente elaborato dal consulente del
pubblico ministero.
Nel ricorso presentato nell’interesse del Vella si lamentano violazione di legge
e vizio di motivazione per essere stata fondata la condanna dell’imputato per i
capi El, E3 e N in primo luogo su una semplice motivazione per relazione in
cui si richiamano acriticamente le conclusioni a cui era già giunto il GUP;
inoltre per avere la corte territoriale avvalorato dichiarazioni accusatorie prive
di riscontri in atti effettuate dalle persone offese; ancora per avere ritenuto
penalmente rilevante la mera condotta di intermediazione usuraria posta in
essere dall’imputato tra la persona offesa Saladino coimputato Greco
Polito; per avere ritenuto usurario un interesse contenuto entro il limite
legale; per aver non correttamente interpretato linguaggio contenuto delle
conversazioni intercettate poste a riscontro delle dichiarazioni rese dalle parti
offese; per aver acriticamente recepito il contenuto dell’elaborato peritale
sulla usurarietà dell’interesse; quanto al trattamento sanzionatorio per non
aver fornito nessuna risposta logica in ordine alla pena comminata, con
particolare riguardo al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti
generiche come prevalenti sulla contestata aggravante in considerazione del
comportamento processuale del reo.
Nel ricorso presentato nell’interesse di Rallo Carmelo e Rallo Mario si
lamentano violazione di legge e vizio di motivazione per essere stata fondata

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la condanna degli imputati sulle dichiarazioni accusatorie prive di riscontri in
atti effettuate dalle persone offese (nemmeno costituitesi parti civili nel
presente processo); e inoltre per essere stata pronunciata condanna pur in
mancanza della prova circa la sussistenza dei requisiti dggettivi e soggettivi di
fattispecie (natura imprenditoriale dei soggetti usurati, stato di bisogno degli
stessi, usurarietà dell’interesse, dolo di usura). Si critica infine il trattamento
sanzionatorio, ritenuto eccessivo, lamentando violazione di legge e vizio di

riconosciute circostanze attenuanti generiche.
Il difensore dell’imputato Catania ha depositato in data 21.12.2013 memoria
difensiva, chiedendo che i ricorsi del PM e delle parti civili siano rigettati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi del pubblico ministero e delle parti civili, svolti su argomenti
sovrapponibili e pertanto esaminabili insieme, sono fondati.
La corte di appello motiva alle pagine 9-14 le ragioni della assoluzione
dell’imputato Catania esponendo analiticamente la motivazione sulla non
credibilità della deposizione dello Iacopinelli, la quale ha costituito il fulcro su
cui si è basata la condanna del tribunale, specie in quanto in contrasto con
talune deposizioni del teste Minnelli; ha inoltre svolto una analitica critica alle
conclusioni del perito del pubblico ministero con motivazione che si svolge da
pagina 12 a pagina 13 della sentenza impugnata.
In particolare, nella sentenza si disattende la testimonianza dello Iacopinelli
sulla scorta di alcune dichiarazioni rese dal teste Minnelli: il quale, mentre in
sede di sommarie informazioni confermò la denuncia del primo,
successivamente ascoltato nel corso di indagini difensive dichiarò cose molto
diverse: ossia di essere – stato indotto con violenza e minaccia ad effettuare le
dichiarazioni dallo stesso Iacopinelli, che voleva avvalersi del trattamento
riservato dalla legge alle vittime dell’usura. A pagina 10 nella sentenza, in
critica alla attendibilità delle iniziali dichiarazioni del teste Minnelli di conferma
della denuncia dello Iacopinelli, e invece a riscontro delle dichiarazioni rese
successivamente ai difensori dell’imputato, si richiama una condanna
irrevocabile di iacopinilli per il reato di minaccia grave con uso di arma ai
danni del Minnelli: sentenza che non risulta essere mai stata regolarmente
acquisita al processo e sottoposta al contraddittorio delle parti. Si richiama
inoltre a pagina 11 il contenuto delle accennate deposizioni del Minnelli
favorevoli all’imputato rese questa volta in sede di indagini difensive: tuttavia
tali dichiarazioni non sono state mai acquisite al processo, perché dichiarate

motivazione anche per la mancata affermazione di prevalenza delle

dal gup nulle e pertanto inutilizzabili. Ovviamente, del tutto irrilevante è il
rilievo difensivo, presente nella memoria nell’interesse dell’imputato, che il
Minnelli avesse fatto davanti al GUP ulteriori dichiarazioni favorevoli
all’imputato, non risultando che si tratti delle medesime dichiarazioni di cui si
sono avvalsi i giudici di appello.
In sostanza, a fronte di antitetiche versioni dei fatti prospettate dallo stesso
teste, il Minnelli, la corte territoriale ha accreditato la versione favorevole alle

sorti dell’imputato traendo ampiamente argomento da materiale rimasto
estraneo al processo. La decisione circa la responsabilità penale del Catania,
esclusa dai giudici di appello, si fonda pertanto su dati estrapolati
evidentemente da quei giudici dagli atti forniti dalla difesa dell’imputato, e mai
sottoposti al contraddittorio processuale perché dichiarate inutilizzabili dal
GUP. Il ricorso è conseguentemente di già fondato, con assorbimento dei
restanti motivi, imponendosi l’annullamento sul punto della decisione
impugnata e il rinvio alla corte di appello in diversa composizione per nuovo
esame.
Manifestamente infondato è il ricorso presentato nell’interesse del Vella.
La corte di appello svolge un preliminare rilievo in ordine al fatto che
l’imputato nell’atto di appello ha contestato le condanne subite senza tuttavia
svolgere nessuna specifica argomentazione con riguardo al delitto rubricato al
capo N della imputazione; per tali ragioni si è (correttamente) limitata a
richiamare la motivazione esposta nelle pagine 102-109 della sentenza
” píìtazione El ed E3,
impugnata. Con riguardo alla condanna per i capi di irti
invece, i giudici svolgono dettagliata motivazione a pagina 7-9 della sentenza
impugnata, giungendo ad una ricostruzione del fatto ampiamente suffragata
dai riscontri probatori, immune da vizi logici e non contraddetta da alternative
ricostruzioni fornite della difesa e dal contenuto maggiormente plausibile. In
particolare, va osservato quanto segue.
Con riguardo al giudizio sulla penale responsabilità – involgente ovviamente
anche la condotta di intermediazione usuraria, espressamente sanzionata
dell’art. 644, 2 0 comma, cod. pen. – già ampiamente svolto nella sentenza di
primo grado, la corte territoriale richiama ancora la testimonianza del
Cassaro, soggetto usutato, motivando le ragioni dell’accreditamento delle
stesse nei limiti delle specifiche critiche sollevate della difesa (v. pagina 7-8
della sentenza impugnata). Quanto alle fonti di’ prova relative alle
intercettazioni telefoniche, su cui si basa la decisione impugnata, è appena il
caso di ricordare che in materia di intercettazioni telefoniche, l’interpretazione

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del linguaggio e del contenuto delle conversazioni costituisce questione di
fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, che si sottrae al sindacato
di legittimità se motivata in conformità ai criteri della logica e delle massime
di esperienza (Cass. Sez. VI, 11.2.2013, n. 11794). Poiché nel ricorso non si
evidenziano manifeste -illogicità della motivazione sul punto, la relativa
doglianza è manifestamente infondata. Circa la conclusione a cui è giunta la
corte sulla usurarietà dell’interesse, vi è dettagliata motivazione in cui fra

l’altro si segnala doverosamente come con riguardo ai reati contestati ai
predetti capi di imputazione l’imputato non abbia criticato le conclusioni del
perito del pubblico ministero sulla usurarietà dell’interesse. Per il resto, deve
segnalarsi come nel ricorso si espongono diffusamente critiche con riguardo
alla attendibilità delle deposizioni rese dalle persone offese le quali non
superano mai un livello di estrema genericità, e come tali la soglia
dell’ammissibilità. Sul trattamento sanzionatorio, comunque ritenuto
eccessivo, deve rilevarsi che il giudice d’appello, con motivazione congrua ed
esaustiva, anche previo specifico esame degli argomenti difensivi attualmente
riproposti, è giunto a valutazioni di merito come tali insindacabili nel giudizio
di legittimità, quando – come nel caso di specie – il -Metodo di valutazione
delle prove sia conforme ai principi giurisprudenziali e l’argomentare scevro
da vizi logici (Cass. pen. sez. un., 24 novembre 1999, Spina, 214794),
rilevando in particolare la sussistenza di precedenti penali, la prognosi
negativa sulla personalità dell’imputato e la proporzione della pena inflitta alla
gravità dei fatti commèai.
Manifestamente infondato è pure il ricorso presentat6 da Rallo Carmelo e
Mario. A pagina 4 della sentenza impugnata si stigmatizza l’estrema genericità
delle doglianze nel merito circa la valorizzazione, da parte della corte di
appello, delle testimonianze rese dalle persone offese e del contenuto delle
intercettazioni telefoniche. Si rileva una assoluta mancanza di correlazione tra
le ragioni argomentate nella decisione impugnata e quelle poste a fondamento
dell’impugnazione. A tal punto, la corte di appello rictliama, logicamente, la
decisione compiutamente motivata dal tribunale circa la penale responsabilità
degli imputati alle pagine 26 e seguenti della sentenza (cfr. p. 5 della
sentenza impugnata). Poiché nel ricorso si critica la sintetica motivazione resa
dalla corte di appello omettendo di prendere in considerazione il rilievo,
estremamente chiaro in -sentenza, circa la genericità dei motivi di appello e il
conseguente rinvio alle motivazioni già compiutamen’te . rese dal tribunale,
anche il ricorso per cassazione dimostra un evidente difetto di correlazione

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con la sentenza che intende criticare: dimostrandosi perciò inammissibile.
Stessa conclusione deve raggiungersi per i motivi sul trattamento
sanzionatorio, essendo la pena compiutamente motivata in tutte le sue
articolazioni già nella sentenza del tribunale ed avendo la corte di appello
espressamente motivato come la pluralità e la gravità dei reati commessi oltre
alla sistematicità delle condotte criminose rendono congrua ed adeguata la
pena inflitta e non concedibili certamente come prevalenti le circostanze

Ne discende, in conclusione, l’annullamento della sentenza impugnata nei
confronti di Catania Salvatore, con rinvio alla Corte di appello di Palermo, altra
sezione, per nuovo esame; l’inammissibilità dei ricorsi di Vella Maurilio, Rallo
Mario e Rallo Carmelo, che devono essere condannati al pagamento delle
spese processuali e ciascuno al versamento di una somma, che deve
determinarsi apprezzati gli emergenti profili di colpa ne, i’íicorso, in euro 1000
alla cassa delle ammende.
PQM

Annulla la sentenza impugnata nei confronti di Catania Salvatore, con rinvio
alla Corte di appello di Palermo, altra sezione, per nuovo esame. Dichiara
inammissibili i ricorsi di Vella Maurilio, Rallo Mario e Rallo Carmelo, che
condanna al pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento
della somma di euro 1000 alla cassa delle ammende.

Così deliberato il 7.1.2014

i

Il Consigliere estensore
Fabri io Di Marzio

Il Presidente

attenuanti generiche.

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