Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32281 del 08/04/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 32281 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: BELTRANI SERGIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
STOICAN PETRE N. IL 07/05/1957
avverso la sentenza n. 3487/2009 CORTE APPELLO di MILANO, del
11/02/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SERGIO BELTRANI;

Data Udienza: 08/04/2014

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Milano ha
confermato la sentenza emessa in data 18 marzo 2009 dal Tribunale della
stessa città, che aveva dichiarato l’imputato PETRE STOICAN colpevole della
ricettazione di un autocarro con accessori, condannandolo alla pena ritenuta di
giustizia.
L’imputato ha proposto ricorso per cassazione, deducendo vizio di

provenienza furtiva del mezzo, violazione dell’art. 648 c.p. e vizio di
motivazione quanto al diniego dell’attenuante di cui all’art. 648, comma 2, c.p.,
e dei benefici di legge.
Il ricorso è inammissibile perché generico e manifestamente infondato.
Questa Corte Suprema ha già osservato, con orientamento ormai
consolidato, in difetto di voci difformi (per tutte, Sez. H, n. 29198 del 25
maggio 2010, Fontanella, rv. 248265) che ai fini della configurabilità del reato
di ricettazione, la prova dell’elemento soggettivo può essere raggiunta anche
sulla base dell’omessa o non attendibile indicazione della provenienza della cosa
ricevuta, la quale è sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento,
logicamente spiegabile con un acquisto in mala fede.
Si è aggiunto (Sez. IL n. 45256 del 22 novembre 2007, Lapertosa, rv.
238515) che in tema di ricettazione, ricorre il dolo nella forma eventuale
quando l’agente ha consapevolmente accettato il rischio che la cosa acquistata
o ricevuta fosse di illecita provenienza, non limitandosi ad una semplice
mancanza di diligenza nel verificare la provenienza della cosa, che invece
connota l’ipotesi contravvenzionale dell’acquisto di cose di sospetta
provenienza.
Nel caso di specie, la Corte di appello (f. 1) ha condivisibilmente valorizzato,
ai fini dell’accertamento di responsabilità e della qualificazione giuridica del
fatto accertato, la circostanza che l’imputato avesse pacifica disponibilità del
mezzo di provenienza furtiva: «qualunque fosse la ragione della disponibilità
del veicolo alla cui guida l’imputato si trovava (quale proprietario o quale
conducente), la mancanza di copertura assicurativa e l’ampiezza e
nnacroscopicità delle falsificazioni riscontrate avrebbero reso evidente a
chiunque che si trattava di un mezzo di provenienza illecita e per ciò stesso non
idoneo alla circolazione, onde deve ritenersi che la mancata giustificazione del
possesso da parte dell’imputato costituisca nella specie prova incontestabile
della conoscenza della sua illecita provenienza>>.

motivazione quanto all’affermazione di responsabilità ed in particolare alla

Ha anche valorizzato il notevole valore economico del mezzo ai fini del
diniego della circostanza attenuante di cui all’art. 648, comma 2, c.p. e la
complessiva gravità del fatto ai fini del diniego della sospensione condizionale,
«in mancanza di elementi concreti idonei a giustificare, al di là della mera
incensuratezza, una prognosi favorevole» sulle future condotte.
La asserita omessa pronunzia sulla richiesta di indulto non inficia la
sentenza impugnata, potendo – nel silenzio della Corte di appello – la questione

La relativa motivazione, fondata su argomentazioni esaurienti, logiche e non
contraddittorie, risulta, pertanto, esente da vizi rilevabili in questa sede.

La declaratoria di inammissibilità totale del ricorso comporta, ai sensi
dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché – apparendo evidente che egli ha proposto il ricorso
determinando la causa di inammissibilità per colpa (Corte cost., 13 giugno 2000
n. 186) e tenuto conto della rilevante entità di detta colpa – della somma di
Euro mille in favore della Cassa delle Ammende a titolo di sanzione pecuniaria.

P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali ed al versamento della somma di mille euro alla Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, udienza camerale 8 aprile 2014

Il Consigliere estensore

essere proposta nella sua sede propria, ovvero al giudice dell’esecuzione.

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