Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32280 del 08/04/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 32280 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: BELTRANI SERGIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
GRECO ALFONSO N. IL 13/03/1959
avverso la sentenza n. 1237/2009 CORTE APPELLO SEZ.DIST. di
TARANTO, del 07/05/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SERGIO BELTRANI;

Data Udienza: 08/04/2014

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Lecce – sez.
Taranto ha confermato la sentenza emessa in data 3 febbraio 2009 dal
Tribunale di Taranto in composizione monocratica, che aveva dichiarato
l’imputato ALFONSO GRECO colpevole della ricettazione di un assegno,
condannandolo alla pena ritenuta di giustizia.
L’imputato ha proposto ricorso per cassazione, deducendo mancanza o

per difetto dell’elemento soggettivo.
Il ricorso è inammissibile perché generico e manifestamente infondato.
Questa Corte Suprema ha già osservato, con orientamento ormai
consolidato, in difetto di voci difformi (per tutte, Sez. II, n. 29198 del 25
maggio 2010, Fontanella, rv. 248265) che ai fini della configurabilità del reato
di ricettazione, la prova dell’elemento soggettivo può essere raggiunta anche
sulla base dell’omessa o non attendibile indicazione della provenienza della cosa
ricevuta, la quale è sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento,
logicamente spiegabile con un acquisto in mala fede.
Si è aggiunto (Sez. IL n. 45256 del 22 novembre 2007, Lapertosa, rv.
238515) che in tema di ricettazione, ricorre il dolo nella forma eventuale
quando l’agente ha consapevolmente accettato il rischio che la cosa acquistata
o ricevuta fosse di illecita provenienza, non limitandosi ad una semplice
mancanza di diligenza nel verificare la provenienza della cosa, che invece
connota l’ipotesi contravvenzionale dell’acquisto di cose di sospetta
provenienza.
Con specifico riferimento alla concreta fattispecie in esame, si è anche
affermato (Sez. II, n. 22120 del 7 febbraio 2013, Mercuri, rv. 255929) che colui
il quale riceva o acquisti un assegno bancario al di fuori delle regole che ne
disciplinano la circolazione è necessariamente consapevole della sua
provenienza illecita.
Nel caso di specie, la Corte di appello ha condivisibilmente valorizzato, ai fini
dell’accertamento di responsabilità e della qualificazione giuridica del fatto
accertato, la circostanza che l’imputato avesse pacifica disponibilità del titolo di
provenienza furtiva. Ed il fatto che l’imputato, in accertata disponibilità
dell’assegno de quo, di importo elevato (euro 3.600), tale da non lasciar
ritenere che esso sia stato accettato e negoziato con disinteresse e
superficialità, non abbia mai congruamente chiarito le modalità attraverso le
quali ne era venuto in possesso, è stato correttamente valorizzato ai fini della

manifesta illogicità della motivazione ed erronea applicazione dell’art. 648 c.p.

i

prova del necessario elemento soggettivo e, con esso, della qualificazione
giuridica del fatto accertato.
La relativa motivazione, fondata su argomentazioni esaurienti, logiche e non
contraddittorie, risulta, pertanto, esente da vizi rilevabili in questa sede.

La declaratoria di inammissibilità totale del ricorso comporta, ai sensi
dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché – apparendo evidente che egli ha proposto il ricorso

n. 186) e tenuto conto della rilevante entità di detta colpa – della somma di
Euro mille in favore della Cassa delle Ammende a titolo di sanzione pecuniaria.

P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali ed al versamento della somma di mille euro alla Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, udienza camerale 8 aprile 2014

Il Co sigliere estensore

Il Pr

ente

determinando la causa di inammissibilità per colpa (Corte cost., 13 giugno 2000

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