Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32259 del 15/07/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 32259 Anno 2014
Presidente: IPPOLITO FRANCESCO
Relatore: APRILE ERCOLE

SENTENZA

sul ricorso presentato da
Quarta Manuela, nata a Lecce il 17/05/1991

avverso l’ordinanza del 25/03/2014 del Tribunale di Lecce;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Ercole Aprile;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Eugenio
Selvaggi, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per l’indagata l’avv. Francesca Conte, che ha concluso chiedendo
l’annullamento della ordinanza impugnata.

RITENUTO IN FATTO
E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con l’ordinanza sopra indicata il Tribunale di Lecce, adito ai sensi dell’art.
309 cod. proc. pen., confermava il provvedimento del 19/02/2014 con il quale il
Giudice per le indagini preliminari dello stesso Tribunale aveva disposto nei

Data Udienza: 15/07/2014

confronti di Manuela Quarta l’applicazione della misura cautelare degli arresti
domiciliari in relazione al delitto di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990, per
avere fatto parte, in numero superiore a dieci, di un’associazione per delinquere
finalizzata alla commissione di più delitti di traffico internazionale e spaccio di
sostanze stupefacenti del tipo eroina, cocaina e marijuana, diretta da Davide
Vadacca e Teodoro Di Lauro.
Rilevava il Tribunale come gli elementi acquisiti durante le indagini avessero
integrato gli estremi dei gravi indizi di colpevolezza a carico della Quarta; e come

concreto rischio di recidiva e l’adeguatezza della misura coercitiva applicata.

2. Avverso tale ordinanza ha presentato ricorso la Quarta, con atto sottoscritto
dal suo difensore avv. Francesca Conte, la quale, con un unico ed articolato
punto, ha dedotto la violazione di legge, in relazione agli artt. 273 e 292,
comm2, lett. c) e c bis), cod. proc. pen., e 111, comma 6, Cost., e vizio di

motivazione, per mancanza, illogicità e contraddittorietà, per avere il Tribunale
del riesame confermato il provvedimento genetico della misura cautelare, benché
gli elementi acquisiti avessero dimostrato che la Quarta, convivente del Vadacca,
lungi dall’essersi associata con altri, aveva al più tenuto un comportamento
collusivo nei riguardi del proprio compagno, come riscontrato dalla mancata
contestazione di reati-fine; e per essersi il Collegio limitato a trascrivere il
contenuto delle intercettazioni che avevano riguardato l’indagata, senza
aggiungere proprie autonome argomentazioni e, dunque, offrendo una
motivazione solo apparente.

3. Ritiene la Corte che il ricorso vada rigettato.
Lungi dall’evidenziare manifeste lacune o incongruenze capaci di disarticolare
l’intero ragionamento probatorio adottato dai giudici di merito, la ricorrente ha
formulato censure che riguardano sostanzialmente la ricostruzione dei fatti
ovvero che si risolvono in una diversa valutazione delle circostanze già valutate
dal Tribunale del riesame: censure, come tali, non esaminabili dalla Cassazione.
Ed infatti, è pacifico come il controllo dei provvedimenti di applicazione della
misure limitative della libertà personale sia diretto a verificare la congruenza e la
coordinazione logica dell’apparato argomentativo che collega gli indizi di
colpevolezza al giudizio di probabile colpevolezza dell’indagato, nonché il valore
sintomatico degli indizi medesimi anche in relazione alla sussistenza di esigenze
cautelari e alla scelta di una misura adeguata alle medesime esigenze e
proporzionata ai fatti. Controllo che non può comportare un coinvolgimento del
giudizio ricostruttivo del fatto e gli apprezzamenti del giudice di merito in ordine
2

i dati di conoscenza a disposizione avessero comprovato la sussistenza di un

all’attendibilità delle fonti ed alla rilevanza e concludenza dei risultati del
materiale probatorio, quando la motivazione sia adeguata, coerente ed esente da
errori logici e giuridici.
Questa Corte ha, dunque, il compito di verificare se il giudice di merito abbia
dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la
gravità del quadro indiziario e l’esistenza di bisogni di cautela a carico
dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la
valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di

prospettiva dei procedimenti incidentali de libertate (si veda, ex multis, Sez. U,
n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828).
Alla luce di tali regulae iuris, bisogna riconoscere come i Giudici di merito
abbiano dato puntuale contezza degli elementi indiziari sui quali si fonda il
provvedimento cautelare. Dati informativi dai quali, in termini esaurientemente
congrui e logicamente ineccepibili, dunque con una motivazione tutt’altro che
apparente, il Tribunale ha desunto la conferma della esistenza del requisito della
gravità indiziaria in relazione al reato associativo oggetto di addebito, senza
alcuna violazione delle relativa normativa di diritto penale sostantivo: posto che
la Quarta, convivente del Vadacca, che di quell’associazione per delinquere
finalizzata al traffico di stupefacenti era il capo, era stata pienamente
consapevole della illiceità delle iniziative del compagno, non si era limitata ad
accompagnare l’uomo in diversi incontri che lo stesso aveva avuto con altri sodali
e con terzi, ma aveva svolto un importante e fattivo ruolo di tramite tra i diversi
associati (come era avvenuto nel gennaio del 2013 quando la donna aveva
curato le comunicazioni tra il Vadacca e altri affiliati dopo che il Di Lauro era
stato tratto in arresto per essere stato scoperto al momento del ritiro di ben
quindici chili di eroina provenienti dall’Albania, pure garantendo alla moglie
dell’arrestato il sostegno dei sodali) e, soprattutto, era risultato essersi occupata
con tale Luca D’Attis della contabilizzazione dei proventi dello spaccio delle
droghe per conto del gruppo criminale, pure considerando le somme dovute, per
pregresse forniture, da un acquirente di stupefacenti contro il quale, in ragione
dei ritardati pagamenti, il Vadacca aveva ordinato a tre associati, tra i quali il
D’Attis, l’effettuazione di una “spedizione punitiva” (v. pagg. 6-8 ord. impugn.).

4. Al rigetto del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la
condanna della ricorrente al pagamento in favore dell’erario delle spese del
presente procedimento.

P.Q.M.

3

y

diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie, nella peculiare

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso il 15/07/2014

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