Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32258 del 15/07/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 32258 Anno 2014
Presidente: IPPOLITO FRANCESCO
Relatore: APRILE ERCOLE

SENTENZA

sul ricorso presentato da
Rosania Alfonso, nato a Caposele il 09/06/1948

nel procedimento nei confronti di
1. Antoniello Gerardo, nato a Sant’Angelo dei Lombardi il 31/07/1953
2. Di Genova Antonio, nato a Montella il 01/06/1953,

avverso l’ordinanza del 31/10/2013 del Giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Avellino;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Ercole Aprile;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale M. Giuseppina Fodaroni, che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
E CONSIDERATO IN DIRITTO

Data Udienza: 15/07/2014

1. Con l’ordinanza sopra indicata – che più correttamente doveva essere
qualificata come decreto – il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di
Avellino accoglieva la richiesta del P.M. di archiviazione del procedimento
instaurato a carico di Antonio Di Genova e Gerardo Antoniello in relazione al
reato di cui all’art. 328 cod. pen., previa declaratoria de plano, senza fissazione
di camera di consiglio, di inammissibilità dell’atto di opposizione presentato dalla
persona offesa Alfonso Rosania.
Rilevava il G.i.p. come la persona offesa non avesse indicato temi di prova
thema decidendum,

e come il

procedimento dovesse essere archiviato, non essendo riconoscibile alcuna ipotesi
di reato a carico dei due indagati.

2. Avverso tale decreto ha presentato ricorso la persona offesa, con atto
sottoscritto dal suo difensore avv. Gianfranco Porreca, la quale, con un unico
punto, ha dedotto la violazione di legge, in relazione agli artt. 111 Cost., 409 e
410 cod. proc. pen., lamentando l’abnormità di un provvedimento adottato nei
confronti di soggetti diversi dall’unico indagato iscritto nel registro di cui all’art.
335 cod. proc. pen. e con riferimento ad uno solo delle plurime ipotesi di reato
che erano state denunciate dal Rosania.
Tali argomenti sono stati riproposti dall’avv. Porreca con una memoria
depositata in cancelleria il 25/06/2014.

3. Con memorie depositata il 24/06/2014 l’avv. Giuseppe Barraso, difensore
degli indagati Antoniello e Di Genova, ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del
ricorso, in quanto proposto per fare valere ragioni diverse da quelle consentite
dall’art. 409, comma 6, cod. proc. pen., tanto più che attivare un eventuale
procedimento a carico di altri soggetti non indagati o per fatti non oggetto di
iscrizione nel registro ex art. 335 cod. proc. pen., non è necessaria una
riapertura della indagini a mente dell’art. 414 dello stesso codice di rito.

4. Ritiene la Corte che il ricorso sia inammissibile, in quanto presentato per
fare valere ragioni diverse da quelle consentite dalla legge a norma del comma 6
del citato art. 409, che fa rinvio all’art. 127, comma 5, dello stesso codice di rito,
così evidenziando come l’impugnazione avverso il provvedimento di archiviazione
sia possibile solo per violazione delle regole poste a tutela del principio del
contraddittorio: laddove, nel caso di specie, la persona offesa Rosania si è doluta
di circostanze del tutto ultronee, lamentando la mancata iscrizione della notitia
criminis nei riguardi di soggetti ulteriori o per ipotesi di reato diverse da quelle
indicate. Ciò senza neppure trascurare che, anche laddove fosse stata fissata la

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nuovi pertinenti e rilevanti rispetto al

camera di consiglio per consentire la partecipazione all’udienza della persona
offesa opponente, giammai il Giudice per le indagini preliminari avrebbe potuto
dare seguito alle sollecitazioni del Rosania, essendo stato oramai chiarito che
esorbita dai poteri di quel Giudice sia l’ordine di imputazione coatta nei confronti
di persona diversa da quella formalmente indagata, che quello emesso per reati
diversi da quelli per i quali il pubblico ministero aveva richiesto l’archiviazione
(così Sez. U., n. 4319/14 del 28/11/2013, P.M. in proc. L. e altro, Rv. 257786).

616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento in favore dell’erario
delle spese del presente procedimento ed al pagamento in favore della cassa
delle ammende di una somma, che si stima equo fissare nell’importo indicato nel
dispositivo che segue.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso il 15/07/2014

5. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art.

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