Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32245 del 15/07/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 32245 Anno 2014
Presidente: IPPOLITO FRANCESCO
Relatore: APRILE ERCOLE

SENTENZA

sul ricorso presentato da
Locatelli Andrea, nato a Saronno il 18/08/1973

avverso la sentenza del 13/11/2012 della Corte di appello di Brescia;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Ercole Aprile;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Eugenio
Selvaggi, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Brescia, in
accoglimento dell’impugnazione proposta dal Procuratore della Repubblica presso
il locale Tribunale e dal Procuratore generale della Repubblica presso la
medesima Corte di appello, riformava la pronuncia assolutoria di primo grado del
30/01/2012 del Tribunale di Brescia e condannava Andrea Locatelli alla pena di
giustizia in relazione al reato di cui agli artt. 110 cod. pen., 73 d.P.R. n. 309 del

Data Udienza: 15/07/2014

1990, per avere – in Sarnico, Palazzolo sull’Oglio e Brescia, nel novembre e
dicembre 2005 – in concorso con persona non identificata, venduto, anche con
l’attività di intermediazione di Gianfranco Giorgi, a Giovanni Pedemonti kg. 10 di
sostanza stupefacente del tipo cocaina e si impegnava a procurarne la consegna,
ricevendo dal Pedemonti a titolo di anticipo la somma di 25.000 euro, consegna
poi non portata a compimento.
Rilevava la Corte di appello come gli elementi di prova acquisiti avessero
comprovato la colpevolezza del Locatelli in ordine al delitto ascrittogli, in quanto,

processo avevano dimostrato che il prevenuto aveva raggiunto un serio accordo
con l’acquirente della sostanza, di cui aveva avuto la potenziale disponibilità
anche per i rapporti che aveva avuto con un soggetto inserito nel narcotraffico
internazionale di quello stupefacente.

2. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso il Locatelli, con atto sottoscritto
personalmente, il quale, con due distinti punti, ha dedotto la violazione di legge,
in relazione all’art. 73 d.P.R. cit., ed il vizio di motivazione, per mancanza e
manifesta illogicità, per essersi la Corte territoriale limitata a dare una diversa
lettura degli stessi elementi di prova che già avevano indotto il Tribunale in
primo grado al proscioglimento dell’imputato, non essendo stata acquisita alcuna
certezza in ordine alla serietà dell’accordo di compra-vendita e non potendosi
escludere che l’iniziativa del Locatelli avesse concretizzato una sorta di truffa in
danno dell’acquirente Pedemonti.

3. Ritiene la Corte che il ricorso vada rigettato.

3.1. Costituisce ius receptum nella giurisprudenza di legittimità il principio per
il quale la consumazione del reato di acquisto di sostanze stupefacenti non
richiede la cessione e la conseguente ricezione della droga, perfezionandosi la
compravendita con il solo serio incontro delle volontà del compratore e del
venditore (in questo senso, tra le tante, Sez. 6, n. 3950/12 del 11/10/2011,
Conti, Rv. 251736).
Di tale regula iuris la Corte di appello di Brescia ha fatto buon governo,
rilevando, con motivazione congrua e priva di vizi di manifesta illogicità, come,
premessa la indiscutibile corrispondenza al vero delle circostanze fattuali poste a
base dell’ipotesi accusatoria (avendo persino il Locatelli finito per ammettere di
avere ricevuto quei 25.000 euro dal Pedemonti cui aveva promesso in consegna
un rilevante quantitativo di sostanza stupefacente del tipo cocaina) la serietà
dell’accordo transattivo raggiunto nel novembre del 2005 tra i due fosse, in via

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a differenza di ciò che aveva sostenuto il Giudice di prime cure, le carte del

logica, desumibile sia dal fatto che le prolungate trattative tra i prevenuti si
fossero concretizzate nella consegna, il 21/11/2005, di quella ingente somma di
denaro a titolo di acconto al Locatelli, che all’epoca era risultato in frequente
contatto con tale “Bruno”, dagli inquirenti identificato in Bruno Marzoli, soggetto
coinvolto nel narcotraffico internazionale, in quel periodo latitante in Colombia ed
eloquentemente arrestato a Marbella per fatti di droga; sia anche dal fatto che il
Locatelli, che se avesse inteso truffare il Pedemonti, dopo aver ricevuto quel
denaro sarebbe sparito dalla circolazione, nei giorni successivi al 21/11/2005

iniziativa delittuosa, fornendo all’acquirente “strumenti idonei alla effettiva
ricezione della droga”, vale a dire tanto le chiavi ed il telecomando di un garage,
all’interno del quale sarebbe stata nascosta la partita di stupefacente, quanto un
apposito telefono cellulare ‘dedicato’, che, infatti, non era stato intercettato dagli
investigatori; e come la mancata successiva consegna della droga da parte del
Locatelli fosse circostanza irrilevante, atteso che, proprio il 26/11/2005, nella
stessa giornata in cui quella traditi° sarebbe dovuta avvenire, il Pedemonti ed il
correo Alessandro Serra avevano scoperto la presenza, nell’abitacolo della
vettura del secondo, di un apparato per la captazione delle conversazioni tra
presenti ed avevano compreso di essere pedinati dalle forze dell’ordine,
circostanze che era ragionevole pensare fossero state riferite al Locatelli, il quale,
a partire dal giorno successivo, e cioè dal 27/11/2005, si era reso irreperibile ed
aveva significativamente interrotto, dal giorno successivo, ogni comunicazione
con quegli acquirenti dello stupefacente. Quadro indiziario, questo, la cui valenza
dimostrativa non era risulta inficiata dal tenore delle successive conversazioni di
disappunto che il Pedemonti aveva intrattenuto con altri soggetti, chiaramente
dovute alla indisponibilità della droga e alla impossibilità del Pedemonti di fare
fronte agli impegni assunti con altri destinatari della sostanza, tenuto conto che
le difficoltà affrontate dal prevenuto, che non era riuscito a conoscere le esatte
generalità del Locatelli ed a trovare il luogo ove questi aveva la sua abitazione,
ben si potevano spiegare con le cautele che normalmente intercorrono tra
soggetti interessati alla compra-vendita di così rilevanti quantitativi di cocaina
(v. pagg. 74-85 sent. impugn.).

3.2. Né, nel caso di specie, è riconoscibile la mancata inosservanza del
consolidato orientamento nella giurisprudenza di questa Corte secondo il quale è
illegittima la sentenza d’appello che, in riforma di quella assolutoria, condanni
l’imputato sulla base di una alternativa e non maggiormente persuasiva
interpretazione del medesimo compendio probatorio utilizzato nel primo grado di
giudizio: ciò perché la regola di valutazione probatoria dell’ “oltre ogni

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aveva compiuto una serie di atti che avevano riscontrato la serietà della

ragionevole dubbio”, inserita nel nostro ordinamento processuale dalla legge n.
46 del 2006, comporta che, in mancanza di elementi di prova sopravvenuti, una
rilettura in senso peggiorativo, all’esito del giudizio di secondo grado, dello
stesso materiale probatorio già acquisito in primo grado e lì giudicato
insufficiente a fondare una affermazione di colpevolezza dell’imputato, sia
possibile solamente se la diversa ricostruzione probatoria della vicenda sia
sorretta da argomenti dirimenti e tali da evidenziare oggettive carenze o
insufficienze della decisione assolutoria, in termini tali da non lasciare alcun

Ed infatti, se è vero che, in generale, “non basta per la riforma caducatrice di
un’assoluzione, una mera diversa valutazione caratterizzata da pari o addirittura
minore plausibilità rispetto a quella operata dal primo giudice, occorrendo
invece, come detto, una forza persuasiva superiore, tale da far cadere “ogni
ragionevole dubbio”, in qualche modo intrinseco alla stessa situazione di
contrasto – dato che la condanna presuppone la certezza della colpevolezza,
mentre l’assoluzione non presuppone la certezza dell’innocenza ma la mera non
certezza della colpevolezza” (così Sez. 6, n. 40159 del 03/11/2011, Galante, Rv.
251066; conf., in seguito, Sez. 6, n. 8705 del 24/01/2013, Farre, Rv. 254113;
Sez. 6, n. 1514/13 del 19/12/2012, Crispi, Rv. 253940; Sez. 6, n. 49755 del
21/11/2012, G., Rv. 253909; Sez. 6, n. 1266/13 del 10/10/2012, Andrini, Rv.
254024; Sez. 6, n. 46847 del 10/07/2012, Aimone, Rv. 253718; Sez. 2, n.
27018 del 27/03/2012, Urcioli, Rv. 253407; Sez. 6, n. 4996/12 del 26/10/2011,
Abbate, Rv. 251782) – è anche vero che, nella fattispecie, la Corte distrettuale
non si è limitata ad operare una differente ed alternativa esegesi degli elementi
di prova già raccolti e valutati dal Giudice di prime cure, ma, come si è già
evidenziato, ha valorizzato una serie di ulteriori dati conoscitivi (in specie quello
concernente i rapporti tra il Locatelli ed il narcotrafficante Marzoli, dunque il reale
spessore criminale del primo), trascurati nella motivazione della decisione
assolutoria di primo grado, capaci di dare alla seconda statuizione una maggiore
e più convincente capacità persuasiva, sì da superare ogni possibile “ragionevole
dubbio” in ordine alla configurabilità del delitto oggetto di contestazione ed alla
responsabilità dell’odierno ricorrente.

4. Al rigetto del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la
condanna del ricorrente al pagamento in favore dell’erario delle spese del
presente procedimento.

P.Q.M.

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(te

residuo ragionevole dubbio sulla condanna dell’imputato.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso il 15/07/2014

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