Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32240 del 09/04/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 32240 Anno 2013
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: GALLO DOMENICO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CELA ARBEN N. IL 27/08/1985
avverso la sentenza n. 277/2012 CORTE APPELLO di L’AQUILA, del
14/05/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. DOMENICO GALLO;

Data Udienza: 09/04/2013

RITENUTO IN FATTO

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile in quanto fondato su motivi non consentiti nel giudizio per
cassazione e comunque manifestamente infondati.
Per quanto riguarda il primo motivo di ricorso, le censure in ordine a presunti vizi della
motivazione sono decisamente generiche e non scalfiscono la solidità del percorso
argomentativo seguito dai giudici del merito che hanno compiutamente motivato in ordine
all’affidabilità delle dichiarazioni accusatorie della persona offesa.
Ugualmente inammissibili sono le censure in merito al trattamento sanzionatorio ed
alla mancata concessione delle generiche in quanto, secondo la giurisprudenza di questa
Corte, nell’ipotesi in cui la determinazione della pena non si discosti eccessivamente dai
minimi edittali, il giudice ottempera all’obbligo motivazionale di cui all’art. 125, comma
terzo, cod.pen., anche ove adoperi espressioni come “pena congrua”, “pena equa”,
“congruo aumento”, ovvero si richiami alla gravità del reato o alla personalità del reo (Cass.
Sez. 3, Sentenza n. 33773 del 290/2007 Ud. (dep. 0309/2007 ) Rv. 237402). E’ stato, poi,
ulteriormente precisato che la specifica e dettagliata motivazione in ordine alla quantità di
pena irrogata, specie in relazione alle diminuzioni o aumenti per circostanze, è necessaria
soltanto se la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale, potendo
altrimenti essere sufficienti a dare conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. le
espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, come pure il
richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 36245
del 206/2009 Ud. (dep. 109/2009) Rv. 245596). Nel caso di specie la pena inflitta è molto
al di sotto della misura media di quella edittale. Pertanto nessuna censura può essere
mossa, sotto questo profilo alla sentenza impugnata, mou iA4di 43se tj t, p Le 4910
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara
inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al
pagamento delle spese del procedimento, nonché — ravvisandosi profili di colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità — al pagamento a favore della Cassa delle
ammende di una somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza
n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in euro 1.000,00
(mille/00).

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.
DEPOSITATA
Così deciso, il 9 aprile 2013

Con sentenza in data 14/5/2012, la Corte di appello di L’Aquila, in parziale riforma della
sentenza del Gup presso il Tribunale di Teramo, in data 24/10/2011, riconosciuta l’attenuante
di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen., riduceva la pena inflitta a Cela Arben, per il reato di rapina
aggravata, alla pena di anni due di reclusione ed C. 600,00 di multa.
Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato deducendo vizio della motivazione in
9,3zione alla ritenuta responsabilità dell’imputato per il reato a lui ascritto, nonché in
rel
r azione alla determinazione della pena, al mancato riconoscimento delle generiche ed alla
mancata concessione delle sospensione condizionale della pena.

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