Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32234 del 17/07/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 32234 Anno 2014
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: SIRENA PIETRO ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BONCORE GIANFRANCO N. IL 07/05/1963
avverso la sentenza n. 11204/2013 GIUDICE UDIENZA
PRELIMINARE di PALERMO, del 17/02/2014
sentita la relazione fatta dal Getisighere Dott. PIETRO ANTONIO
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Data Udienza: 17/07/2014

Ritenuto in fatto
BONCORE Gianfranco ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del
Tribunale di Palermo in data 17 febbraio 2014, con la quale, ai sensi dell’art. 444
cod. proc. pen., è stata applicata la pena concordata dalle parti, in ordine al
reato di cui all’art. 73, comma V, d.P.R. n. 309/1990, per la detenzione di
sostanza stupefacente di tipo hashish e per la cessione di un quantitativo
imprecisato della medesima sostanza.
L’esponente deduce violazione di legge e vizio motivazionale, in riferimento al

liberatoria ex art. 129 cod. proc. pen.
Considerato in diritto
Il motivo di ricorso su esposto è inammissibile.
Si osserva che questa Suprema Corte ha ripetutamente affermato il principio in
base al quale l’obbligo della motivazione della sentenza non può non essere
conformato alla particolare natura giuridica della sentenza di patteggiamento: lo
sviluppo delle linee argomentative è necessariamente correlato all’esistenza
dell’atto negoziale con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i
fatti dedotti nell’imputazione. Ciò implica che il giudizio negativo circa la
ricorrenza di una delle ipotesi di cui all’art. 129 cod. proc. pen. deve essere
accompagnato da una specifica motivazione solo nel caso in cui dagli atti o dalle
deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di
cause di non punibilità, dovendo invece ritenersi sufficiente, in caso contrario,
una motivazione consistente nella enunciazione, anche implicita, che è stata
compiuta la verifica richiesta dalla legge e che non ricorrono le condizioni per la
pronunzia di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. (Cass. Sez. U, sentenza
n. 5777 del 27.03.1992, dep. 15.05.1992, Di Benedetto, Rv. 191135; Cass. Sez.
U, sentenza n. 10372 del 27.09.1995, dep. 18.10.1995, Serafino, Rv. 202270).
Tale orientamento è stato concordemente accolto dalla giurisprudenza
successiva. Anche per ciò che riguarda gli altri tratti significativi della decisione,
che riguardano precipuamente la qualificazione giuridica del fatto, la
continuazione, l’esistenza e la comparazione delle circostanze, la congruità della
pena e la sua sospensione, la costante giurisprudenza di questa Corte, nel solco
delle enunciazioni delle Sezioni unite, ha affermato che la motivazione può ben
essere sintetica ed a struttura enunciativa, purché risulti che il giudice abbia
compiuto le pertinenti valutazioni. Né l’imputato può avere interesse a lamentare
una siffatta motivazione censurandola come insufficiente e sollecitandone una
più analitica, dal momento che la statuizione del giudice coincide esattamente
con la volontà pattizia del giudicabile.

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mancato apprezzamento dei presupposti legittimanti la pronuncia di sentenza

D’altra parte, attesa la natura pattizia del rito, chi chiede la pena pattuita
rinuncia ad avvalersi della facoltà di contestare l’accusa. Ne conse g ue, come
q uesta Suprema Corte ha più volte avuto modo di affermare, che l’imputato non
può prospettare con il ricorso per cassazione censure che coinvol g ono il patto dal
medesimo accettato. E il g iudice ha rilevato che la pena concordata dalle parti
appariva con g rua, in base ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen.
Tanto ritenuto, osserva tuttavia il Colle g io che sussistono i presupposti per
rilevare la sopravvenuta ille g ittimità della pena applicata al BONCORE, in

In vero, nel caso di specie, è stata riconosciuta l’ipotesi di cui all’art. 73, comma
V, d.P.R. n. 309/1990. Si tratta di fattispecie interessata prima dalle modifiche
introdotte dall’art. 2, comma 1, d.l. 23 dicembre 2013 n. 146, convertito con
modificazioni dall’art. 1, comma 1, della le gg e 21 febbraio 2014, n.10. , per le
q uali la fattispecie in esame costituisce reato autonomo ed è punita con la pena
della reclusione da uno a cin q ue anni, oltre la multa, per tutti i tipi di sostanze
stupefacenti, senza distinzione tra dro g he pesanti e dro g he legg ere.
La materia di interesse è stata però o gg etto di un ulteriore intervento correttivo,
ad opera della le gg e 16 ma gg io 2014, n. 79, di conversione, con modificazioni,
del decreto le gg e 20 marzo 2014, n. 36, recante Disposizioni urgenti in materia
di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e
riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, nonché di impiego di
medicinali meno onerosi da parte del Servizio sanitario nazionale (pubblicata in
G.U. n.115 del 20.05.2014).
Per effetto del richiamato intervento normativo, il tenore dell’art. 73, comma 5,
d.P.R. n. 309/1990, è il se g uente: “5. Salvo che il fatto costituisca più grave
reato, chiunque commette uno dei fatti previsti dal presente articolo che, per
i mezzi, la modalità o le circostanze dell’azione ovvero per la qualità e
quantità delle sostanze, è di lieve entità, è punito con le pene della reclusione da
sei mesi a quattro anni e della multa da euro 1.032 a euro 10.329”.
La cornice sanzionatoria, per la fattispecie di cui al V comma, dell’art. 73, cit.,
pertanto, risulta compresa – sia per le dro g he legg ere che per le dro g he pesanti tra il minimo di sei mesi ed il massimo di q uattro anni di reclusione, oltre la
multa. E’ poi appena il caso di considerare che la richiamata cornice
sanzionatoria è corrispondente a q uella g ià prevista per le dro g he legg ere
dall’art. 73, comma V, d.P.R. n. 309/1990, nella versione antecedente alle
modifiche apportate dal d.l. 30 dicembre 2005, n. 272, convertito con
modificazioni dalla le gg e 21 febbraio 2006, n. 49, disciplina che, per effetto della

riferimento alle ipotesi di reato per cui si procede.

sentenza della Corte Costituzionale del 12 febbraio 2014 n. 32, viene pure ad
oggi in rilievo.
Come si vede, la cornice edittale applicabile alla fattispecie oggetto del presente
giudizio, pure in base al principio di retroattività della legge più favorevole, ex
art. 2, comma 4, cod. pen., prevede limiti di pena inferiori, rispetto a quelli ai
quali hanno fatto riferimento le parti nel concludere l’accordo di poi ratificato dal
giudice.
E in vero, nel caso di specie, all’imputato, per la detenzione di circa 60 grammi di

stata applicata la pena di due anni di reclusione, oltre la multa, muovendo dalla
pena base di tre anni di reclusione oltre la multa.
La pena concordata si colloca, per effetto dell’ultima modifica normativa, in una
diversa fascia del trattamento sanzionatorio relativo al reato in addebito;
conseguentemente, deve rilevarsi che la valutazione effettuata dal giudice,
nell’apprezzare la congruità della pena concordata dalla parti, non risulta
altrimenti conferente, stante l’intervenuta modifica sostanziale del quadro
sanzionatorio di riferimento. Non è chi non veda, allora, che l’accordo concluso
dalle parti e ratificato dal giudice concerne l’applicazione di una pena che non
può ritenersi congrua, rispetto al fatto per il quale si procede.
Si impone, pertanto, l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata,
giacché l’evidenziata illegittimità della pena applicata ai sensi dell’art. 444 cod.
proc. pen., rende invalido il patto concluso dalle parti. Deve disporsi la
trasmissione degli atti al Tribunale di Palermo, perché proceda a nuovo giudizio.
La giurisprudenza di legittimità ha infatti chiarito che, in tali ipotesi, le parti sono
reintegrate nella facoltà di rinegoziare l’accordo sulla pena su altre basi e che, in
mancanza, il giudizio deve proseguire nelle forme ordinarie (cfr. Cass. Sez. 1,
Sentenza n. 16766 del 07/04/2010, dep. 03/05/2010, Rv. 246930).
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al
Tribunale di Palermo per l’ulteriore corso.
Così deliberato in camera di consiglio, il 17 luglio 2014.
Il Presidente estensore
(Pietro Antonio Sirena)
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CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
IV Sezione Penale

hashish e per la cessione di un modesto quantitativo della medesima sostanza, è

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