Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32224 del 02/07/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 32224 Anno 2014
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: DELL’UTRI MARCO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Firenze
nei confronti di:
Agasi Gani detto Jonny n. il 8.5.1987
Agasi Pellumb detto Lumi o Paolo n. il 4.2.1982
Ben Ayed Karim n. il 25.9.1977
Kushtaj Adjol detto Michele n. il 13.12.1986
Kushtaj Mareglen detto Mario n. il 15.3.1983
avverso l’ordinanza n. 169/2014 pronunciata dal Tribunale della libertà di Firenze il 14.2.2014;
sentita nella camera di consiglio del 2.7.2014 la relazione fatta dal
Cons. dott. Marco Dell’Utri;
sentito il Procuratore Generale, in persona del dott. F. Salzano, che
ha concluso per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata;
udito, per Agasi Gani e Agasi Pellumb, l’avv.to L. Picchi del foro di
Livorno, che ha concluso per la dichiarazione d’inammissibilità ovvero, in subordine, per il rigetto del ricorso.

Data Udienza: 02/07/2014

Ritenuto in fatto
1. – Con atto in data 17.4.2014, il Procuratore della Repubblica
presso il tribunale di Livorno ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza in data 14.2.2014 con la quale il tribunale di Firenze, in parziale accoglimento delle istanze avanzate da Agasi Pellumb,
Agasi Gani, Ben Ayed Karim, Kushtaj Mareglen e Kushtaj Adjol, e in
riforma del provvedimento emesso, in data 3.1.2014, dal giudice per
le indagini preliminari presso il tribunale di Livorno, ha applicato ad
Agasi Pellumb e Agasi Gani la misura cautelare degli arresti domiciliari e a Kushtaj Mareglen e Kushtaj Adjol la misura cautelare
dell’obbligo di dimora, in luogo della custodia cautelare in carcere originariamente imposta ai quattro indagati, disponendo infine la revoca dell’ordinanza impugnata (anch’essa impositiva della custodia
cautelare in carcere) nei confronti di Ben Ayed Karim.
Tutti e cinque gli indagati erano stati destinatari
dell’ordinanza cautelare del giudice per le indagini preliminari presso
il tribunale di Livorno in relazione a una serie di addebiti riguardanti
la commissione di delitti concernenti il traffico di sostanze stupefacenti, associati, quanto ad Agasi Pellumb e ad Agasi Gani, ad altri episodi di sequestro di persona, lesioni personali, rapina e porto abusivo di armi.
Con il provvedimento impugnato, il tribunale del riesame di
Firenze ha ritenuto insussistenti le esigenze cautelari indicate a sostegno della misura della custodia in carcere applicata a carico di Ben
Ayed Karim, viceversa ritenendo adeguate, alle esigenze connesse alla
pericolosità concretamente riconosciuta in relazione agli altri quattro
indagati, l’adozione delle misure cautelari adottate in sostituzione.
Con l’impugnazione proposta, il procuratore ricorrente si duole della violazione di legge e del vizio di motivazione in cui sarebbe
incorsa l’ordinanza impugnata, per avere il giudice del riesame totalmente travisato il contenuto del complesso istruttorio allo stesso
concretamente posto a disposizione (anche in termini integrativi, rispetto agli elementi sottoposti alla valutazione del giudice per le indagini preliminari), sottostimando i gravi elementi di pericolosità,
tuttora concreti e attuali, ravvisabili in relazione a ciascuno dei cinque indagati, idonei a giustificare il mantenimento per ognuno di essi
della misura della custodia cautelare in carcere originariamente adottata dal giudice per le indagini preliminari.

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Considerato in diritto
2.1. – Il ricorso è parzialmente fondato nei termini di cui apOccorre in primo luogo rilevare, con riguardo alla posizione di
Agasi Gani, Kushtaj Mareglen e Kushtaj Adjol, come il tribunale di
Firenze, pur riconoscendo la sussistenza di un grave quadro indiziario e di concreti e attuali elementi di pericolosità a carico degli stessi,
ha ritenuto adeguatamente fronteggiabili, le esigenze cautelari connesse alla riconosciuta pericolosità degli indagati, con le misure cautelari degli arresti domiciliari o dell’obbligo di dimora, motivando tale decisione sulla base “del tempo trascorso dai fatti e comunque della personalità violenta del ricorrente”, con riguardo al primi dei tre
indagati (cfr. pag. 3 dell’ordinanza impugnata), ovvero in forza “della
distanza temporale dei fatti e della tipologia delle condotte”, con riguardo agli ultimi due (cfr. pag. 7 dell’ordinanza impugnata).
Ritiene questa corte che l’estrema laconicità della motivazione
in tal guisa adottata dal tribunale di Firenze non valga a fornire una
compiuta e analitica disamina del complesso degli elementi di valutazione concernenti il tema dell’adeguatezza della misura cautelare nella specie affrontato, avendo il tribunale del riesame omesso di considerare – nell’attribuire un significato decisivo al tempo trascorso dalla
commissione dei fatti, al fine di escludere la congruità della più grave
misura carceraria – il consolidato insegnamento della giurisprudenza
di legittimità, ai sensi del quale, ai fini della sostituzione della misura
della custodia cautelare carceraria con quella degli arresti domiciliari
e comunque con altra meno grave, il mero decorso del tempo non è
elemento rilevante, perché la sua valenza si esaurisce nell’ambito della disciplina dei termini di durata massima della custodia stessa, e
quindi necessita di essere considerato unitamente ad altri elementi
idonei a suffragare la tesi dell’affievolimento delle esigenze cautelari
(Cass., Sez. 1, n. 24897/2013, Rv. 255832; Cass., Sez. 2, 11.
45213/2007, Rv. 238518).
Nel caso di specie, il tribunale di Firenze ha del tutto omesso
di procedere a un apprezzamento integrato di tutti gli elementi di
giudizio sul punto già valorizzati dal giudice per le indagini preliminari (anche tenuto conto del travisamento, denunciato dal procuratore ricorrente, della circostanza concernente l’epoca della carcerazione
di Agasi Gani e della integrale pretermissione dei nuovi elementi in-

presso.

vestigativi sottoposti all’attenzione del tribunale del riesame con la
memoria dell’8.2.2014), segnatamente in rapporto al valore significativo ascrivibile, in termini di pericolosità, alla gravità delle condotte
concretamente addebitabili a ciascuno dei tre indagati; e tanto, al fine
di arricchire, la valutazione della circostanza costituita dal tempo trascorso dalla commissione dei fatti, con elementi di valutazione ulteriori, suscettibili di comporre, con riguardo al tema dell’adeguatezza
della misura cautelare adottata, un quadro completo, giuridicamente
e logicamente corretto.
I vizi d’indole giuridica e logica così evidenziati, traducendosi
in un’evidente erroneità e contraddittorietà logico-giuridica della giustificazione adottata, impone di procedere all’annullamento
dell’ordinanza impugnata, limitatamente alla posizione di Agasi Gani,
Kushtaj Mareglen e Kushtaj Adjol con il conseguente rinvio sul punto
al tribunale di Firenze per nuovo esame.
Del pari affetta dai medesimi vizi d’indole logicogiuridica deve ritenersi la motivazione dettata dal tribunale del riesame con riguardo all’adeguatezza della misura cautelare degli arresti
domiciliari in relazione alle esigenze indotte dalla riconosciuta pericolosità di Agasi Pellumb.
Sul punto, il giudice a quo ha evidenziato come la distanza
temporale intercorsa dall’epoca di commissione dei fatti contestati
all’indagato avesse determinato un affievolimento delle esigenze cautelari nei relativi confronti; affievolimento, rispetto al quale nessun
ulteriore elemento concreto sarebbe stato indicato a sostegno dell’eventuale persistenza, secondo la medesima intensità, delle stesse esigenze eventualmente riscontrabili in prossimità dei fatti contestati.
Ciò posto, osserva il collegio come del tutto fondatamente il
procuratore ricorrente ha evidenziato come il tribunale del riesame
abbia omesso di confrontarsi con il significativo valore rivestito, sul
piano dell’apprezzamento dell’intensità delle esigenze cautelari, dal
rinvenimento in tempi recenti, nella concreta disponibilità di Agasi
Pellumb, di considerevoli somme di denaro in contanti, il cui possesso è risultato del tutto incompatibile e privo di plausibile giustificazione sulla base delle condizioni economiche e sociali dello stesso indagato, che non risulta aver mai svolto alcuna attività lavorativa lecita, pur vivendo all’interno di un’abitazione presa in locazione a Li2.2. –

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vorno, con la conseguente ragionevole prospettabilità di un prevedibile elevato rischio di reiterazione dei reati già commessi in ragione
della configurabile professionalità criminale del prevenuto.
Sulla base di tale premessa, deve ritenersi che il giudice del riesame abbia erroneamente trascurato di articolare il discorso giustificativo circa l’adeguatezza della misura cautelare adottata nei confronti dell’indagato, omettendo la considerazione di specifiche circostanze di fatto astrattamente idonee a prospettare in termini largamente differenziati il giudizio condotto sulla persistenza, secondo la
medesima intensità, delle stesse esigenze cautelari ravvisabili in concomitanza con la commissione dei fatti contestati.
La grave carenza motivazionale in tal senso ravvisabile nel discorso giustificativo del tribunale fiorentino, impone l’annullamento
del provvedimento impugnato, anche in relazione alla posizione Agasi Pellumb, con il conseguente rinvio al giudice a quo per nuovo esame.
2.3. – Dev’essere da ultimo disattesa l’impugnazione proposta
dal procuratore ricorrente con riguardo alla posizione di Ben Ayed
Karim.
E invero, a mezzo delle doglianze avanzate avverso la ritenuta
insussistenza di alcun periculum libertatis in ordine al Ben Ayed, il
procuratore livornese ha circoscritto il proprio discorso critico sulla
motivazione dell’ordinanza impugnata a una discordante lettura delle
risultanze investigative acquisite nel corso delle indagini, in difformità rispetto alla complessiva ricostruzione operata dai giudici del riesame, limitandosi a dedurre i soli elementi astrattamente idonei a
supportare la propria alternativa rappresentazione delle circostanze
rilevanti ai fini della prospettata pericolosità dell’indagato (peraltro,
in modo solo parziale, selettivo e non decisivo), senza farsi carico della complessiva riconfigurazione di tutti gli elementi istruttori raccolti,
che, viceversa, il tribunale del riesame ha ricostruito con adeguata
coerenza logica e linearità argomentativa.
Sul punto, è appena il caso di richiamare il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, ai sensi del quale la
modificazione dell’art. 6o6 lett. e) c.p.p., introdotta dalla legge n.
46/2006 consente la deduzione del vizio del travisamento della prova
là dove si contesti l’introduzione, nella motivazione, di un’informa-

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zione rilevante che non esiste nel processo, ovvero si ometta la valutazione di una prova decisiva ai fini della pronuncia. Il sindacato della corte di cassazione resta tuttavia quello di sola legittimità, sì che
continua a esulare dai poteri della stessa quello di una rilettura degli
elementi di fatto posti a fondamento della decisione anche laddove
venga prospettata dal ricorrente una diversa e più adeguata valutazione delle risultanze processuali (v., ex multis, Cass., Sez. 2, n.
23419/2007, Rv. 236893).
Da ciò consegue che gli “altri atti del processo specificamente
indicati nei motivi di gravame” menzionati dal testo vigente dell’art.
606, comma primo, lett. e), c.p.p., non possono che essere quelli concernenti fatti decisivi che, se convenientemente valutati anche in relazione all’intero contesto probatorio, avrebbero potuto determinare
una soluzione diversa da quella adottata, rimanendo esclusa la possibilità che la verifica sulla correttezza e completezza della motivazione
si tramuti in una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito (Cass., Sez. 4, n.
35683/2007, Rv. 237652).
Tale principio, in particolare, appare coerente con il circoscritto orizzonte riservato all’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione, dovendo il sindacato demandato alla Corte di
cassazione essere limitato – per espressa volontà del legislatore – a
riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari
punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso
per sostanziare il suo convincimento.
Conviene sul punto insistere nel rilevare l’estraneità, alle prerogative del giudice di legittimità, del potere di procedere a una ‘rilettura’ degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui
valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza
che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di
una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (v. Cass., Sez. Un., n. 6402/1997, Rv. 207944, ed
altre di conferma).
In altri termini, una volta accertata la coerenza logica delle argomentazioni seguite dal giudice di merito, non è consentito alla Corte di cassazione prendere in considerazione, sub specie di vizio motivazionale, la diversa valutazione delle risultanze processuali prospet-

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tata dal ricorrente secondo il proprio soggettivo punto di vista (Cass.,
Sez. i, n. 6383/1997, Rv. 209787; Cass., Sez. 1, n. 1083/1998, Rv.
210019).
Nel caso di specie, il tribunale del riesame, dopo aver sottolineato il dato obiettivo del lungo intervallo di tempo trascorso dalla
commissione dei fatti, ha evidenziato come le condotte illecite concretamente ascritte al Ben Ayed si segnalassero per la relativa marginalità, in coerenza con il ruolo subalterno assunto dall’indagato rispetto a quello rivestito dal correo Bahja Durim, nonché per la relativa attinenza a un circoscritto arco temporale, siccome riferibili ad un
unico acquisto di sostanza stupefacente seguito dalle corrispondenti
cessioni tutte contestate come avvenute in epoca immediatamente
successiva.
La motivazione così compendiata dal giudice del riesame deve
ritenersi completa ed esauriente, immune da vizi logici o giuridici,
come tale pienamente idonea a sottrarsi alle censure alla stessa rivolta dal procuratore ricorrente.
Per questi motivi
la Corte Suprema di Cassazione, annulla l’ordinanza impugnata nei confronti di Agasi Gani, Agasi Pellumb, Kushtaj Mareglen e
Kushtaj Adjol con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Firenze. Rigetta il ricorso nei confronti di Ben Ayed Karim.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 2.7.2014.

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