Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3222 del 07/01/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 3222 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: PRESTIPINO ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
AZIM ABDELLATIF N. t 28/04/1978
MANN RINA N. IL 26/05/1974
avverso la sentenza n. 1919/2008 CORTE APPELLO di MILANO, del
27/05/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/01/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANTONIO PRESTIPINO
(a( Kx •
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
Scrt kiSA
che ha concluso per

e

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

al,

Data Udienza: 07/01/2014

In fatto e in diritto
1.Hanno proposto ricorso per cassazione Mann Rina e Azim Adbellatif, avverso la sentenza della
Corte di Appello di Milano del 27.5.2013, che confermò la sentenza di condanna pronunciata nei loro
confronti dal gup dello stesso tribunale il 6.11.2007 per i reati di ricettazione di vari moduli di
patente e di timbri originali di autorità statali (capo A) della rubrica accusatoria) , e per il reato di
acquisto e detenzione di valori di bollo al fine della loro successiva messa in circolazione (capo B).
1.1. I giudici di appello sottolineano che tutti gli oggetti in questione erano stati sequestrati dai
verbalizzanti all’interno della camera da letto occupata dai due ricorrenti nell’abitazione della Mann,
legata all’Azim da un rapporto di convivenza. Tanto sarebbe sufficiente, secondo la Corte territoriale,
giustificare
in uno all’accertata comunanza di altri interessi delittuosi dei due conviventi,
l’affermazione della comune consapevolezza e volontà di entrambi i ricorrenti di detenere i beni di
provenienza illecita oggetto delle imputazioni.
2. Con motivi speculari, le difese dei due ricorrenti rilevano il vizio di violazione di legge della
sentenza in relazione agli artt. 110 c.p. e 192 c.p p. e il difetto di motivazione, in relazione al
ritenuto concorso di entrambi nei delitti in contestazione. In sostanza, non sarebbe possibile
attribuire all’uno o all’altro dei due ricorrenti la responsabilità della detenzione degli oggetti
sequestrati, essendo peraltro del tutto arbitraria, secondo un argomento difensivo specificamente
riferibile all’Azim, l’affermazione del suo rapporto di convivenza con la Mann.
3. La difesa della Mann censura inoltre la sentenza sotto gli stessi profili di legittimità, in ordine alla
ritenuta configurabilità del reato di cui agli artt. 453 e 459 c.p. La Corte non avrebbe considerato che
il reato in questione è punito alla condizione dell’effettiva utilizzazione dei valori contraffatti in modo
non conforme alla loro destinazione tipica, non potendo quindi rawisarsi l’integrazione degli estremi
della fattispecie incriminatrice nella semplice detenzione, ed essendo peraltro emerso, secondo
un’altra deduzione difensiva, che i valori era destinati all’impiego nell’attività di commercializzazione
con l’estero di articoli di abbigliamento assertivamente svolta dalla ricorrente, potendosi quin di
semmai ravvisare la diversa ipotesi di reato di cui all’art. 464 c.p..
Considerato in diritto
I ricorsi sono infondati.
1.In ordine al reato di ricettazione la Corte territoriale ha correttamente affermato la responsabilità
di entrambi i ricorrenti sulla base delle emergenze istruttorie attentamente analizzate, che
dimostrano, in effetti, una stretta solidarietà di interessi di vita e di affari criminali tra i due.
1.1. Come ricorda la Corte territoriale, L’accertamento dei reati in contestazione seguì infatti al
rinvenimento, all’interno di un’autovettura occupata da entrambi i ricorrenti, di un certo quantitativo
di droga, fatto per il quale si è proceduto separatamente; il materiale oggetto del presente
procedimento era stato rinvenuto all’interno della camera da letto dell’abitazione, dove erano
custoditi oggetti personali e il passaporto dell’Azim.
1.2. Le contrarie deduzioni difensive si risolvono in un diverso apprezzamento di merito delle
risultanze istruttorie, basato sulla distinzione tra connivenza e concorso in relazione a circostanze di
fatto sicuramente deponenti nel loro complesso a favore della seconda opzione.
2. Per quel che riguarda la questione della configurabilità del reato di cui agli artt. 5453 e 459 c.p.,
le deduzioni difensive sono in parte erronee in diritto, e infondate in fatto.
2.1. In punto di diritto, va rilevato che il richiamo, contenuto nell’art. 459 c.p., alle disposizioni dei
precedenti articoli 453, 455 e 457 c.p., implica che il generico riferimento della prima disposizione
alle stesse condotte di acquisto, detenzione e messa in circolazione di valori di bollo contraffatti
regolate dagli articoli richiamati„ debba essere integrato alla stregua degli elementi costitutivi delle
singole fattispecie oggetto del rinvio recettizio.In particolare, con riguardo al requisito della “messa
in circolazione”, va considerato che se esso costituisce elemento costitutivo del reato di cui all’art.
453 nr. 3 c.p., si trasforma in semplice elemento finalistico della condotta di acquisto o ricezione
nella immediatamente successiva previsione del nr. 4, non essendo quindi in questo caso accertare
l’effettivo uso dei valori.
2.1. La giurisprudenza citata nel ricorso a favore della Mann è in realtà esattamente in termini,
essendo state le massime da essa estraibili riportate solo parzialmente dalla difesa. In particolare,
Cass. 22.1.1983 Tallon, afferma, nella parte della motivazione ignorata dal ricorrente, che il rinvio
dell’art. 459 codice penale alle disposizioni degli articoli 453, 455 e 457 non può intendersi come un
semplice richiamo “quoad poenam”, sicché per la individuazione delle relative fattispecie è
necessario far riferimento al complessivo contenuto delle disposizioni richiamate, conseguendone
che in caso di detenzione di valori di bollo contraffatti o alterati, occorre accertare se la detenzione
sia avvenuta al fine della messa in circolazione, così come richiesto dall’art. 455. Solo se tale fine è
escluso, non sussiste il reato di cui all’art. 459. Non diversamente si pronuncia Cass. nr. 11379 del

DEPOSITATO EN CANCELLERIA

1998, anch’essa citata in ricorso, che si riferisce ad un caso in cui doveva ritenersi escluso il dolo
specifico di fare commercio ovvero di porre in circolazione i valori di bollo sequestrati, risultando
piuttosto che il loro acquisto fosse finalizzato a ricavare il profitto consistente nel risparmio sui costi
delle spedizioni postali.
3. Quanto alla questione della ipotizzabilità del diverso reato di cui all’art. 464 c.p., è vero, in linea di
principio, che per messa in circolazione, ai sensi dell’art. 459 cod. pen., deve intendersi ogni attività
con la quale il detentore trasferisce ad altri, anche a titolo gratuito, il valore di bollo falsificato purché
non in riferimento all’uso normale di esso, configurandosi, in questa seconda ipotesi, il reato di cui
all’art. 464 cod. pen.(cfr. Cass. Sez. 5, Sentenza n.691de117/12/1982Casadio); ma la Corte di merito
correttamente rileva, al riguardo, con argomentazioni esenti da qualunque censura di legittimità, non
solo che la presunta attività commerciale degli imputati nel settore dell’abbigliamento non ha trovato
sufficienti elementi probatori di conferma in atti, ma che, in ogni caso, il numero dei valori bollati
rinvenuti nell’abitazione della Rann è manifestamente eccedente le necessità di regolarizzazione
fiscale di eventuali vendite all’estero dei pochi capi di abbigliamento custoditi nella stessa abitazione
(peraltro con modalità difficilmente compatibili con la normale organizzazione di un regolare attività
commerciale). La conclusione, abbastanza trasparente nella motivazione della sentenza, che i valori
fossero destinati ad autonoma, illecita negoziazione, e non all’impiego secondo il loro uso normale,
non si presta quindi a censura, sotto il profilo logico-giuridico.
Alla stregua delle precedenti considerazioni i ricorsi devono essere rigettati, con la condanna dei
ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così dec :,. in Roma, il 7.1.2014.
Il Presidente
Il consh ber; r: atore

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